Autrice: HappyFound
Il tempo gioca a mio favore, sta per piovere e se la temperatura continua a calare, ci sono ottime probabilità che venga giù la neve; devo essere veloce, nessuno si accorgerà della sua assenza, tantomeno noteranno la sua presenza, almeno fino a quando, in primavera, qualche animale non scaverà qui vicino e porterà alla luce il suo corpo!
Prendo la vanga dal retro del mio pick up, non c'è neanche la luna a illuminare la vegetazione, me ne sto ai piedi di un albero, per mantenermi in penombra. Conosco la zona, mi sento al sicuro, non mi serve nessuna luce. Il mio mezzo è dismesso e non attira l'attenzione, sembra se ne stia fermo ad aspettare che qualcuno lo porti via con un carro attrezzi. I tuoni in lontananza mi fanno compagnia.
Ho impiegato un sacco di tempo per scavare la buca, mi fermo un momento, bevo una bibita energetica, e riprendo a lavorare. A fatica tiro fuori il sacco, lo trascino e lo faccio scivolare dentro la fossa. Ricopro tutto, cerco di appianare il terreno, rimetto il fogliame alla rinfusa. La pioggia e la neve saranno miei complici.
Non volevo arrivare a tanto. Non mi crederebbero mai! Lei doveva morire per causa mia, non per uno stupido incidente! Ma questo non posso dirlo per difendermi.
Sono stato attento, ho cercato di cancellare tutte le tracce che avrebbero potuto portare a sospettare di me. Non riuscirò a farla franca ancora a lungo. Dovrò smettere!
Non ci riesco.
È a causa della tensione che sento correre nella mia spina dorsale, l'adrenalina che pervade il mio corpo nel momento in cui smettono di respirare. È un lavoro pulito. Un sacchetto di plastica in testa e il gioco è fatto. È la mia droga. E non esiste nessun centro riabilitativo per quelli come me.
Ma questa volta, non ho avuto fortuna. L'ho corteggiata, siamo andati a fare un picnic e solo dopo essermela fatta, l'avrei uccisa.
A quanto pare al destino piace beffarsi di me; succede tutto in fretta: un insetto, forse un ape, la punge.
Si lascia prendere dal panico comincia a cercare lo stick con la dose di epinefrina da somministrarsi, ma la sua borsa è sul sedile del passeggero. Ci mette poco a perdere i sensi. Prima la vedo agitarsi in balia dello shock anafilattico, le convulsioni la fanno sobbalzare sul terreno, colgo un non so che di comico, immaginandola come un pesce appena pescato che continua a dimenarsi sulla barca alla disperata ricerca di un po' d'acqua.
Subito dopo, quando smette la sua macabra danza, mi sento triste. Se ne è andata, e non per merito mio! Non sento niente. Nessuna emozione. E mi sono pure perso una scopata! Solo adesso mi rendo conto che avrei fatto meglio a lasciarla lì, sul prato. Qualcuno l'avrebbe trovata e magari, non sarebbero neppure risaliti a me.
È la forza dell'abitudine. Una volta morta, bisogna seppellirla! È questa l'unica regola da seguire.
E pensare che l'avevo scelta, tra tante, perché mi sembrava in salute. Non avevo notato nessuna targhetta al collo, nessun braccialetto al polso che potesse indicarmi una qualunque allergia.
Ho sbagliato, dovrò essere più meticoloso la prossima volta.
Nonostante tutto, penso già alla prossima fortunata. Beh, lo sarà fino alla morte...
Forse, un giorno, qualcuno riuscirà a prendermi e allora sarà davvero dura.
Non mi sono mai immaginato in carcere.
Non succederà.
Non finché avrò la forza di scappare, di nascondermi tra la folla, di celare, col mio bel visetto, quello che è il mio istinto primitivo.
E se mai dovesse capitare, ho pronta la mia siringa.
Non mi importa di morire, non mi importa di sentire dolore. Tutti pensano che avere una morte lenta e dolorosa sia brutta, non è vero, a condizione che si muoia. Anche dopo una lunga agonia, non ricorderei più nulla, non avrebbe importanza la sofferenza prima del dolce sonno!
Mi affretto a riporre la vanga sul furgone, sento le prime gocce di pioggia sul viso.
Sorrido.
Un altro lavoro ben fatto!
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Concorso scrittura {ISCRIZIONI CHIUSE}
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