Autrice: HappyFound
Il dottore di turno passava tutte le mattine alle 8 e 30, subito dopo colazione. Era sempre diverso, e nessuno di loro aveva l'accortezza di dare la giusta importanza al malato di turno. Io non ero malata, anzi non ero mai stata meglio. In ospedale puoi andarci per tre motivi fondamentali: nascita, malattia e morte.
Io non stavo per morire e non avevo alcuna malattia da curare, avevo appena dato alla luce un maschietto: alle 17 e 35 del 9 maggio era nato un bimbo di poco più i 3 chili e mezzo, il mio primogenito.
La felicità scorreva serena nel mio sangue, avevo la mia famiglia, vicina, ad aiutarmi; non sapevo come si accudiva un bambino, ma il tempo era dalla mia parte. Avrei imparato, come tutti.
Quella mattina ad aiutarmi con mio figlio, c'era mia suocera, una donna che mi aveva voluto bene da subito, e adesso che le avevo dato un nipotino, credo me ne volesse ancora di più.
Quando la porta dalle stanza si aprì, sapevo già cosa aspettarmi, avrei risposto alle domande e il medico, con la sua schiera di assistenti, sarebbe ritornato da dove era venuto. Non potevo sbagliarmi più di così! Prima che subissi l'intervento per un meraviglioso "taglio cesareo" avevo parlato con anestesisti, infermieri, portantini; ero logorroica e avevo la faccia tosta di chiacchierare con chiunque mi si parasse davanti. Se solo quelle persone mi avessero detto cosa mi aspettava...
- Bene, chi abbiamo qui? - il Dott. Mancini mi guardò.
- Rossi - dissi, e lui si mise a rovistare tra le cartelle fino a che non trovò quella con il mio nome, la aprì e cominciò a leggere.
- Rossi, lei è primipara e ha subito un taglio cesareo perché? Problemi di pressione? Sofferenza fetale? -
- No - lo interruppi - era podalico. Non si è girato e quindi... - lascia la frase in sospeso, sapevo che avrebbe capito.
- Ma certo, bene - continuò a sfogliarenil fascicolo - è il primo intervento a cui si è sottoposta? -
Il Dott. Mancinisi aspettava una risposta, ed io volevo essere sincera, ma come potevo esserlo? Accanto a me c'era la madre di mio marito e nessuno sapeva quello che avevamo fatto qualche anno prima.
- Come? - feci finta di non capire.
- Ha mai subito altri interventi? Appendicite, una mola devitalizzata? - uno degli assistenti cercò di aiutarmi.
- Oh! No, mai! - dissi sicura.
- Ha mai abortito? -
Eccola lì, la domanda che mi aspettavo!
Cosa avrei dovuto dire? "Sì, certo, ma non lo dite a nessuno!"
- No.- mia suocera mi venne in aiuto -
Io confermai, ma la mia mente, non potè fare a meno di ritornare al passato.
"Era successo tutto per caso, un calcolo fatto bene, un corpo che ha funzionato male e dopo un ritardo di dieci giorni, i primi sintomi cominciarono ad apparire: nausea, ansia... panico! Senza riuscire a capacitarmi su come avevo fatto a sbagliare il calcolo dei giorni fertili, mi ero ritrovata in farmacia a comprare un test di gravidanza. Neanche a dirlo: ero incinta! Non volevo accettarlo, non era il momento giusto! Non potevo essere responsabile di una vita, perché non lo ero neanche della mia. E poi non sapevo come dirlo ai miei genitori. Che delusione sarei stata! È stato difficile prendere quella decisione, ma, in quel momento mi sembrava l'unica cosa giusta da fare.
Uscita di casa molto presto, me ne stavo lì, seduta in macchina, ripercorrevo quella strada per la seconda e ultima volta. Solo qualche giorno prima avevo preso coraggio ed ero andata a fare tutte le analisi di routine: prelievo, visita, ECG e via di seguito. Ed ora, il dado era tratto! Quel piccolo alieno che mi cresceva dentro stava per sparire e sapevo che da quel giorno non sarei stata più la stessa.
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Concorso scrittura {ISCRIZIONI CHIUSE}
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