MammaesmeSalvatore

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Autrice: MammaesmeSalvatore

Ero fermo davanti alla vecchia cascina, in mezzo alla pianura immersa nella nebbia. Faceva freddo, ma ero sceso comunque dall'auto con la bottiglia di bourbon e mi ero seduto sul cofano a guardare sorgere l'alba.

Dieci anni.

Dopo tutto quel tempo il passato era tornato a dilaniarmi.

Avevo vent'anni quando incontrai Simon e la sua banda di fanatici. Ero giovane, annoiato

Lui aveva capito subito che, dietro la mia maschera d'indifferenza e cinismo, si nascondeva un vuoto da riempire.

Non c'erano dei da adorare nei suoi proclami, nessuna religione se non una delirante fantasia: "Prendiamoci il mondo" era il suo slogan.

"Tutto intorno è pieno di imbecilli, facciamogli vedere di cosa siamo capaci e ci seguiranno come un branco di pecore".

Passavamo le serate a pianificare attentati e colpi di stato. All'inizio sembravano ipotesi prese da pagine di libri di spionaggio ma, col passare del tempo, le idee si facevano più concrete, le azioni più mirate.

Simon era riuscito ad ammaliare qualche rampollo di buona famiglia e nelle casse de "I figli della libertà" cominciava a fluire denaro contante e, con esso, le prime armi.

L'idea principale era sbaragliare i poteri occulti della finanza per impossessarci del potere economico e, da lì, risalire al potere politico assoluto.

Le strade da percorrere erano due: il terrore e la corruzione.

Con il primo avremmo avuto la strada aperta per la scalata al potere, sfruttando la paura e offrendo protezione, un governo forte, uno Stato più fermo a un popolo spaventato.

Con la seconda avremmo conquistato le stanze dei bottoni, quelle vere, dove burattinai invisibili tiravano le fila di marionette inconsapevoli.

Come tutti i pazzi, Simon era perfettamente lucido. Aveva programmato tutto nei minimi particolari, posizionato pedine, studiato strategie.

"La nostra più grande virtù dovrà essere la pazienza. Il programma è a lungo termine. Siamo giovani, abbiamo tempo: prima dei trentacinque anni avremo il mondo in pugno" sosteneva.

Diventai subito il suo braccio destro: avevo finalmente uno scopo, una prospettiva che rendeva i miei corsi di scienze politiche utili e appassionanti.

A parte noi "fondatori", i nuovi adepti non si conoscevano tra di loro. Simon li reclutava tra gli studenti annoiati di Giurisprudenza o economia e commercio, prometteva loro uno scopo, soldi, potere e scavava nelle loro vite per cogliere ogni appiglio che li potesse legare all'organizzazione, rendendoli ricattabili.

Ognuno di noi, ed eravamo tanti, aveva un compito, una missione da portare a termine.

La mia era semplice: una volta posizionate le pedine, poste le basi per essere impunibili, irrintracciabili e inattaccabili, avrei dovuto creare quel terrore, quell'insicurezza che ci avrebbe consegnato il consenso popolare.

Avremmo ricevuto un messaggio.

Ci saremmo incontrati un'ultima volta e avremmo dato il via a una scia di morti.

Qualcuno sarebbe diventato un sadico rapinatore e avrebbe seminato insicurezza nelle case.

Qualcun altro avrebbe seminato il panico nelle strade perpetrando rapimenti e stupri.

E, infine, le stragi.

Il mio obiettivo era lanciare la mia auto piena di esplosivo contro un centro commerciale.

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