Autrice: luckymikey
Quando, venti anni fa, decisi di intraprendere la carriera di poliziotto, ero consapevole che avrei potuto rischiare la mia vita, che questo lavoro avrebbe comportato dei sacrifici, ma non mi sarei aspettato che ad essere in pericolo fosse la mia famiglia.
O meglio, sapevo che c'era quel rischio, solo che non pensavo che tra tutte le persone che c'erano a New York, quel serial killer rapisse proprio mia figlia.Lucy, la mia unica figlia. Avrebbe compiuto diciotto anni due mesi dopo, ma la consideravo comunque la mia bambina.
L'hanno presa una settimana fa, durante la notte, mentre tornava a casa da una festa. Sarei dovuto andare a prenderla io, invece ho lasciato che la accompagnasse la sua amica.
-Kent, siamo quasi arrivati al luogo dove si trovano il rapitore e l'ostaggio.- disse Boggs, il mio capo, riportandomi con i piedi per terra. Parlò con tono impaziente e sbrigativo. -Non deve lasciarsi coinvolgere emotivamente, o le cose potrebbero mettersi male.-
Boggs sterzò bruscamente e parcheggiò l'auto dietro un camion, in modo che non fosse visibile dalla casa di fronte.
La casa in cui si trovava il bastardo che aveva preso Lucy.
Io e Boggs scendemmo dall'auto e dopo pochi secondi avevamo già le pistole in mano.
Ero nervoso e anche impaurito. Non per me, ma per la sorte di Lucy.
Niente emozioni, mi dissi, niente emozioni.
Fui subito circondato da una mezza dozzina di agenti, anche loro armati e, come me, pronti a rischiare la loro vita.
Uno dietro l'altro, procedemmo silenziosamente verso la porta d'ingresso. Arrivati davanti ad essa, sentii l'adrenalina scorrermi nelle vene e il cuore pulsarmi forte nel petto.
-Procediamo.- disse Boggs, al mio fianco. Guardò tutti gli agenti alle nostre spalle, come per accertarsi che avessero sentito. Poi si rivolse a me: -La troveremo, Miles.-
Annuii, l'ombra di un sorriso sulle mie labbra.
Boggs era il mio superiore, ma prima di tutto era uno dei miei più cari amici. Erano poche le volte in cui riusciva a mettere da parte il lavoro e a fare l'amico, però ci riusciva bene. Ecco, era in quelle poche occasioni che mi chiamava con il mio nome di battesimo.
Dopo un ultimo cenno del capo, Boggs si fece da parte e un agente in tenuta antisommossa forzò la serratura.
Entrammo.
La casa era silenziosa, eccezzion fatta per il ticchettio di un grande orologio a pendolo accanto all'ingresso.
Davanti a noi c'era un lungo corridoio, immerso nella penombra, illuminato solamente da una lampadina malandata che pendeva dal soffitto.
L'urlo di una ragazza squarciò l'aria e sentii i capelli della nuca rizzarsi. Il terrore che provai in quel momento non era paragonabile a nessun'altra sensazione che avessi mai provato.
-Veniva da là.- disse Boggs, accennando alla porta socchiusa dello scantinato.
A passo felpato, andammo verso quella porta. Boggs la aprì piano e, in fila indiana, proseguimmo dietro di lui.
-Devi stare zitta!- ringhiò la voce del rapitore. -Tanto non ti sentirà nessuno.-
Improvvisamente, sentii l'odio crescere in me e aumentare sempre di più, come un fiume in piena.
Ci appostammo dietro una libreria malandata, sulla quale c'erano abbastanza libri da ripararci e renderci quasi invisibili al rapitore.
Impugnai saldamente la mia pistola. Ero pronto a fare fuoco.
Vedevo mia figlia legata su una sedia arrugginita con delle corde, tanto strette da ferirle i polsi. Aveva il trucco colato sulle guance a causa delle lacrime.
Persi un battito nel vederla così.
-Kent, devi aspettare.- mi sussurrò Boggs. -Stanno arrivando i rinforzi.-
Lo guardai con la coda dell'occhio e scossi appena la testa.
Il bastardo era lì alla mia portata. Era un uomo sulla sessantina, scappato da un manicomio. Avrei potuto ucciderlo in un istante, premendo semplicemente il grilletto.
-Kent, no.- disse di nuovo Boggs.
Era solo questione di millimetri e avrei sparato.
-Kent.- mi ammonì ancora.
Non ce la feci più e sparai.
La pallottola tagliò l'aria e andò a conficcarsi nella nuca del rapitore, esattamente dove avevo mirato.
Il suo corpo cadde a terra, interte, con un tonfo sordo.
Sospirai di sollievo e girai intorno alla libreria, correndo di fronte a mia figlia.
-Lucy.- mormorai, appena la vidi. Una lacrima mi rigò il viso.
Sorrise, piangendo. -Papà.-
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Concorso scrittura {ISCRIZIONI CHIUSE}
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