Autrice: Emi_2808, in bocca al lupo!
«"Regina la più bella qui sei tu; ma al di là di monti e piani, presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più." La regina inorridì, perché sapeva che lo specchio non mentiva mai e si accorse che il cacciatore l'aveva ingannata e Biancaneve era ancora viva. Allora pensò di nuovo come fare ad ucciderla.».
Un colpo di tosse mi distrae. Chiudo di scatto il libro e l'appoggio sul comodino per avvicinarmi a Meredith in modo tale da controllare meglio. «Tesoro, stai bene? Vuoi dell'acqua?».
«No, mamma, sto bene». Sventola la mano e mi sorride debolmente, cercando in tutti i modi di rassicurarmi.
Il rosa tenue delle sue labbra tirate in su in un sorriso forzato, fa da contrasto alla sua faccia pallida e scavata per la malattia. Giorno dopo giorno diventa sempre meno vivace e attiva, ormai ha smesso di lamentarsi per uscire da qui, ha smesso di chiedermi come stanno i suoi compagni delle elementari e non ha più voluto ricevere visite dalle sue più care amiche. Sembra essersi in qualche modo rassegnata. Ma durante le visite e i controlli, non ha mai abbassato la testa o versato una lacrima. È sempre stata forte. Riesce in ogni momento a trovare la parte migliore in tutte le situazioni. Proprio per questa sua tenacia, i medici assicurano di poter trovare un rimedio, una via di uscita per la salvezza.
«Meredith, sai che devi dire tutto alla mamma, per favore» le dico piano, adagiandola sul lettino e scostandole le ciocche di capelli che si sono attaccati alla sua fronte a causa del sudore.
Annuisce impercettibilmente e resta in silenzio. Si guarda le mani e inizia a giocherellare con i pollici, chiaramente nervosa. «Mamma, posso chiederti una cosa?».
«Certo tesoro. Cosa vuoi sapere?».
«Anche io morirò come Biancaneve?» alza il viso lentamente e mi guarda negli occhi con un'espressione indecifrabile, un insieme di paura e malinconia. La sua voce non è supplichevole o disperata, è controllata ma allo stesso tempo un po' incrinata, quasi come se questa domanda fosse stata rielaborata mille e più volte nella sua mente e che a stento sia riuscita ad espirmerla.
Mi blocco di colpo, con le mani ancora intente a sistemarle i capelli e il mio cuore sembra fermarsi. I suoi occhi azzurri, così simili a quelli di suo padre che ormai ci ha lasciati, mi domandano con insistenza una risposta, una risposta che lei vorrebbe essere sincera, una risposta che avrebbe potuto cambiare ogni cosa, in meglio o in peggio. Non mi sento pronta ad affrontare questa situazione, non le ho mai detto niente riguardo la malattia che la affligge, di ciò che soffre, e mai glielo dirò, finché ci sarà ancora la speranza che possa guarire.
«Macché stupidina, qui non c'è nessuno che ti regalerà una mela avvelenata o chiamerà il cacciatore. Poi Biancaneve non è morta, è arrivato il principe» sorrido, per cercare di rassicurarla. Ma più di tutti, cerco di rassicurare me stessa.
«Quella cosa che voi chiamate cancro può essere una mela avvelenata?» chiede a voce bassa, fissando la pioggia violenta fuori dalla grande finestra che, cullata dal vento, batte con forza sui vetri, lasciando cadere file di gocce fitte che sembrano lacrime versate su un foglio di carta.
Rimango immobile e in silenzio. Mi sento congelare. Gli occhi iniziano a pizzicarmi con prepotenza e la gola a bruciare con foga, mi volto immediatamente per non farmi vedere dalla piccola. Non è possibile che sappia, non può aver scoperto tutto.
Il suono ritmico di una mano che bussa alla porta, mi distoglie dai pensieri tristi e subito rivolgo lo sguardo verso l'infermiera che si presenta sulla soglia.
«Signora Wellington, mi spiace interrompervi, ma è terminato l'orario delle visite ed è ora che sua figlia si riposi» ci informa, rimanendo davanti alla porta, aspettando che io esca.
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