FANFICTION CONCLUSA.
I protagonisti di questa storia sono due: Daryl Dixon e Melissa, un personaggio inventato da me che andrà a legarsi alla storia dei protagonisti della serie che già conosciamo. Melissa è una ragazza italiana rimasta intrappolata...
Carol, che a prima vista mi era sembrata una persona fredda e distante mi stupì. All'alba decisi di prendere la pillola sotto osservazione di Siddiq, prima lo facevo e meglio era. Sentii che quella stessa mattina il gruppo di Rick sarebbe uscito a cercare i posti che gli avevo indicato. Per un attimo pensai a cosa sarebbe successo se mi fossi sbagliata. E se gli avevo dato indicazioni sbagliate? Se non avessero trovato nulla? Se fossero cascati in un'imboscataper colpa mia? Non l'avrei passata liscia. I miei pensieri furono interrotti da dolori che non credevo possibili. La prima giornata era passata così, in un limbo di dolori e brutti pensieri. Siddiq mi era stato accanto quanto poteva. Avevo sempre cercato nella mia vita di non farmi vedere debole agli occhi degli altri, ma in quell'occasione non ci riuscii per niente. Il giorno dopo mi sentivo molto meglio e visitandomi Siddiq mi disse che il problema era stato risolto, il mio corpo aveva espulso ciò che doveva espellere. Fu terribile. Mi sentii un mostro ad aver fatto quello che avevo fatto. Eppure non avevo altra scelta, non avrei mai voluto tenere il frutto di violenza, anche in un mondo normale avrei fatto lo stesso. A maggior ragione ora. Eppure mi sentivo la persona più terribile del mondo. Siddiq quel giorno era molto impegnato, uno dei loro si era rotto un braccio cadendo da cavallo e dei bambini avevano preso l'influenza. Decise che era ora che mi trasferissi nella mia nuova casa. Mi venne a prendere Carol e mi avviai con lei con uno zaino con un cambio di vestiti che mi avevano procurato. Entrata in casa appoggiai la borsa nella mia nuova camera e scesi di sotto, mi sedetti con dolore sul divano e guardai il camino spento. <Vuoi che lo accenda? Hai freddo?> Non avevo sentito che Carol fosse ancora in casa. Scossi la testa e tornai a fissarlo. Non era al camino che stavo pensando, ne al freddo. O forse si, ma a un altro tipo di freddo. Con la coda dell'occhio vidi Carol avvicinarsi per poi piazzarsi davanti a me, si abbassò alla mia altezza e si puntellò sui talloni. <Avevo una figlia quando tutto è iniziato. Si chiamava Sofia ed aveva appena 10 anni.> Perché mi stava dicendo quello? Voleva rinfacciarmi quello che avevo fatto? Eppure il suo viso sembrava triste ma non accusatorio. Due lacrime lasciarono i miei occhi, fino ad arrivare al mento, prima di tremolare e cadere giù. <Successe tanto tempo fa, all'inizio. Un'orda ci circondò, lei rimase dove non potevo raggiungerla e al posto di nascondersi scappò. L'abbiamo cercata per settimane.> si fermò un attimo, presa dai ricordi, poi continuò, con decisione. <Era morta, trasformata. In quel momento la mia vita pareva finita. Non è un mondo facile per i bambini questo, nessuno può giudicare chi non ne vuole. In oltre quello che ti è successo è stato frutto di violenza, nessuno ha il diritto di giudicarti, anche tu devi andarci piano con te stessa.> Mi appoggiò una mano sulle mie e mi resi conto di quanto si fosse sforzata di dirmi quelle cose. Nonostante lei avesse perso un figlio non mi giudicava. La ringraziai guardandola dritta negli occhi. Lei poi continuò a parlare. <Conosco i miei amici e so che nessuno ti giudicherà per quello che hai fatto. Per il resto della cittadina non posso parlare, ma non credo la voce si sia sparsa, siamo discreti e nessuno di noi ha voglia di spettegolare.> la conversazione finì li, ma Carol stette in casa con me facendomi compagnia, aiutandomi quando dovevo andare in bagno per i dolori. Verso sera mi disse che doveva sbrigare alcune faccende e mi lasciò sola. L'angoscia mi assalì velocemente nella solitudine. Mi diressi di sopra e mi raggomitolai nel letto, mentre fuori un bellissimo tramonto stava annunciando l'ora di cena.
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Non riuscivo a muovermi, rimasi lì in attesa di qualcosa. Qualche ora dopo sentii la porta giù aprirsi, mi ero assopita quindi sussultai. Decisi di rimanere li dov'ero e non muovermi. I passi pesanti e sgraziati mi fecero capire che quella non era Carol. Era quasi sicuramente Daryl, l'altra persona che viveva in quella casa. La paura mi invase. I suoi passi pesanti mi ricordarono altri passi pesanti d'uomo. Eppure sorpassò la mia porta senza guardare neanche e lo sentii dirigersi in bagno. Ascoltavo con attenzione ogni suo movimento. Quando entrò nella doccia mi rilassai. Dopo una mezzora circa vidi Carol sbucare preoccupata dalla porta. Mi tirai a sedere sul letto quando vidi l'arciere aprire del tutto la porta guardandomi <come stai?> mi chiese Carol. Non stavo ancora bene, stare tutto il giorno ferma e il non avere cenato mi aveva distrutta ancor di più. Risposi stancamente <Credo sia passato tutto ormai, sono solo stanca. Forse dovrei mangiare qualcosa.>. mi alzai e mi diressi verso i due. Carol mi disse che Rick aveva indetto una riunione e mi ricordai che Daryl egli altri erano appena tornati da dove li avevo mandati. Presa dalla curiosità guardai dritto negli occhi Daryl e gli chiesi se era andato tutto bene. Mi fissava senza rispondere e non riuscivo a distogliere lo sguardo da quegli occhi azzurri. Sembrava perennemente incazzato, eppure non erano occhi cattivi. Non riuscivo a capire se mi spaventasse o no. Non mi rispose, annuì velocemente e mi diede le spalle altrettanto velocemente. Mentre si dirigeva verso l'uscita pensai a come potevo apparire ai suoi occhi. Un piccolo animaletto morente probabilmente.
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