3. Ve la caverete

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Jungkook's pov

Sporcai il pennello di un marrone molto scuro che creai poco prima sulla tavolozza, e diedi una pennellata sicura contro la tela davanti a me.
Era da tanto che non dipingevo una delle falene che spesso mi circondavano: farlo mi piaceva, mi faceva entrare in connessione con me stesso, e mi aiutava a liberare la mente da ogni pensiero.

I miei vestiti erano – così come il mio petto, scoperto per metà dalla mia vecchia camicia bianca – imbrattati di colori scuri, ma non me ne curai particolarmente, preferendo piuttosto continuare a far prendere forma a quel dipinto, con un mezzo sorriso fiero ad imperlarmi le labbra, rosse di morsi, che mi diedi nel tentativo di restare concentrato più tempo possibile.

I ciuffi di capelli che avevo legato alla bene e meglio con un elastico, mi ricaddero miseramente sulla fronte, e nel tentativo di portarli indietro sporcai anche essi, con il verde spento che stavo utilizzando per lo sfondo.

Tra le mie gambe si trovavano tre bottiglie di colori ad olio: ogni mio minimo movimento sarebbe stato in grado di farli cadere e sui miei piedi, pertanto mi concentrai totalmente sul mio quadro, stando ben attento a non muovermi per alcun motivo, almeno finché–

“Papà!” la voce acuta di Raekyung giunse alle mie orecchie facendomi sobbalzare.

Era proprio quello il motivo per cui odiavo i rumori forti: mi deconcentravano, mi facevano ritornare con la mente nella realtà, che – se non fossi stato disturbato – avrebbe continuato volentieri a vagare in altri mondi e dimensioni, decisamente più interessanti e stimolanti.

“Quando imparerete a bussare sarà troppo tardi...” borbottai, mettendomi il pennello tra i denti, per tentare di riattaccare i capelli, tentando di ovviare – in modo piuttosto fallimentare – al colore attaccato su di essi proprio in quel modo.

“Quando non c'è la mamma possiamo aprire” rispose maliziosamente Nineul, sotto lo sguardo attonito del suo innocente fratello.

“Non potete farlo a prescindere” aggrottai le sopracciglia, poggiando le bottiglie per terra, perché la loro presenza nel mio capannone, significava automaticamente che io avessi appena finito di dipingere “Io forse entro nella vostra stanza senza chiedere il permesso?”

“Beh, sì, quando-”

“Ti sbagli” la interruppi, prendendo la tela dal cavalletto ed andando a poggiarla sulle altre, posizionate su uno dei muri in legno, in modo da farla asciugare.

Feci poi un paio di passi indietro, in modo da avere una visione più completa dell'insieme, e sorrisi con il labbro inferiore stretto tra i denti: mi piaceva.

“E' bello, papà” borbottò Raekyung al mio fianco, con la voce bassa, mentre la sua soffice manina cercava di prendere la mia, posizionata sul mio fianco.

Gli scombinai i capelli e mi sedetti per terra con un tonfo, con le gambe incrociate, strizzando gli occhi quando Nineul pensò di salutarmi con un abbraccio, che mi fece sbilanciare per la sorpresa.

“Vieni!” urlecchiò a suo fratello, che aspettava pazientemente il suo turno, i cui occhi si illuminarono all'idea. Allargai un braccio per far entrare anche lui in quel soffocante abbraccio dal quale mi separai poco dopo.

“Sei sporco” mi fece notare mia figlia, ed io mi guardai le mani, su cui il colore si era ormai asciugato “Anche qui-” mi indicò il petto, il viso, i capelli, ed i pantaloni “-qui, qui, e qui”

“Anche tu lo sei” risposi prontamente, sbilanciandomi lievemente all'indietro, ghignando nel vederle aggrottare le sopracciglia.

“No, non lo sono! Ho fatto il bagno!” disse prontamente, quasi offesa dalle mie parole “E ho messo i vestiti puliti!”

 𝘏𝘖𝘛𝘌𝘓 𝘉𝘓𝘈𝘊𝘒 𝘔𝘖𝘛𝘏 // 𝔧𝔢𝔬𝔫 𝔧𝔲𝔫𝔤𝔨𝔬𝔬𝔨 ✔️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora