83. Segni

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Jimin's pov

“Che giornate di merda...” mi stiracchiai, sentendo i muscoli della mia schiena stirarsi e scricchiolare come quelli di un'anziana signora, accigliandomi quando – nel guardarmi intorno – vidi nient'altro se non buio pesto “Maledizione, dovrei aprire le tende” bofonchiai tra me e me, leccandomi le labbra – asciutte per colpa del lungo pisolino – e masticando qualcosa che non capii, con ancora gli occhi mezzi appiccicati che tentai di aprire strofinandoli con i pugni.

Le giornate da un po' di tempo a quella parte erano tutte uguali: nulla di nuovo, nulla di stimolante, nulla di bello. Apprezzavo la mia vita nella sua mediocrità: non aveva nulla che non andasse, infondo. Stavo bene, avevo vicino a me i miei fratelli ed i miei amici, ma in quei giorni mancava qualcosa, e infondo sapevo benissimo che cosa.

Quello era il mio primo pensiero ogni volta in cui mi svegliavo, ma infondo non facevo altro che non fosse dormire o farmi lunghi viaggi mentali senza meta, frustranti e fastidiosi, che non facevano altro se non stressarmi ancora di più, e farmi venir voglia di ritornare a dormire, nonostante la paura che avessi di fare terribili incubi che mi avrebbero fatto risvegliare con la di fronte sudata e la mano sul petto.

“Che cazzo di freddo” borbottai a proposito, quando nel poggiarmi una mano esattamente sotto il collo sentii la mia pelle nuda, segnale del fatto che anche quella volta mi fossi addormentato senza maglietta, motivo per cui mi infilai una vestaglia e la legai alla vita, ignorando il fatto che il mio petto fosse comunque scoperto, perché non avevo nessuna intenzione di cercarmi un maglione “Male che vada mi prendo un raffreddore, magari mi faccio ospitare da Ririn e Jungkook...” trinsi un grande fiocco all'altezza del mio basso ventre e mi avvicinai alla finestra, accigliandomi quando vidi del buio pesto anche nell'aprire le tende “Che cazzo...” per un attimo pensai di essere morto, di star scontando le mie pene all'inferno, e che nello spalancare la finestra avrei trovato le fiamme in cui ero destinato ad ardere.

“Chissà in che girone finirei” mormorai, accigliandomi ed inclinando la testa di lato, perché non avevo mai capito in base a quale dei tanti peccati che una persona compie in vita – perché non può compierne di certo solamente uno – viene condannato “Dovrei chiedere ai ragazzi...” dissi poi, prima di ridacchiare alla mia stessa frase “Ah, ma che cazzo dico, loro ne sanno meno di me”

Decisi quindi di aprire la finestra, ma ciò che trovai non furono né fiamme, né tanto meno una meravigliosa alba con tanto di uccellini pronti a cinguettarmi il buongiorno, bensì, nient'altro se non buio pesto. Le stelle erano oscurate dalle nuvole, quella notte, perché è notte, no? Pensai un attimo dopo, domandandomi se in realtà quella non fosse l'oscurità di un temporale che io avevo scambiato per buio.

“E' mezzanotte...” borbottai guardando il mio orologio, poggiando la schiena al muro per sbuffare sonoramente e passarmi le mani sul viso “A che cazzo di ora ti sei addormentato, eh? Bel pisolino pomeridiano, scemo di merda... e poi ti lamenti quando dicono che hai degli orari terribili e che morirai a quarantadue anni”

Con quel macabro pensiero che mi ripetei in mente per rimproverarmi, ed i piedi nudi finalmente infilati in un paio di ciabatte con il pelo, decisi di prepararmi una tisana ed uscire un po' fuori, perché adesso non sarei di certo stato in grado di riprendere sonno.

Non trovavo particolarmente produttivo passare la notte sveglio, ma neppure mi dispiaceva: amavo la calma ed il silenzio che la notte donava, specialmente nelle frenetica vita di un hotel, in cui tutti non facevano altro se non correre da una parte all'altra, rischiando così di travolgermi. Ridacchiai al pensiero di me travolto da una folla di camerieri, e con quello stupido pensiero – ed una tazza di tisana alle erbe preparata naturalmente da Ririn e Yoongi – uscii dalla mia stanza per andare alla ricerca di un altro posticino, magari fuori, pensai, mentre mi chiudevo la porta alle spalle, constatando quanta luce ci fosse in quei corridoi. Avrei dovuto ricordare a Ririn di abbassare un po' le luci, perché facevano venire il mal di testa.

 𝘏𝘖𝘛𝘌𝘓 𝘉𝘓𝘈𝘊𝘒 𝘔𝘖𝘛𝘏 // 𝔧𝔢𝔬𝔫 𝔧𝔲𝔫𝔤𝔨𝔬𝔬𝔨 ✔️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora