98. Valigie

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Minhyuk's pov

Era difficile descrivere a parole ciò che accadde, perché che cos'era successo, realmente? L'unico modo per descriverlo, sarebbe stato definirlo una catastrofe, la cosa peggiore in cui delle persone ignare possono imbattersi, l'avvenimento che non potranno mai dimenticare nel corso della propria vita, quello che racconteranno un giorno sul letto di morte, magari, oppure ai propri nipoti, affermando con fierezza di aver combattuto una battaglia e di averla vinta, mentre però i flashback riaffiorano nella mente con la stessa forza di una cannonata nello stomaco.

Da quando ne avevo memoria – ma forse era il caso parlare dal momento in cui misi piede sulla terra, in veste di umano, effettivamente, con situazioni con cui interfacciarmi e con la scoperta di sentimenti che fino a quel momento non avevo avuto motivo di interpellare – fui una persona alquanto distaccata. Individualista, forse anche un po' egoista: un problema mi toccava solo quando mi riguardava personalmente. Questo, almeno, finché non conobbi – e per conoscere intendevo conoscerli realmente – tutti loro: tutte le loro sfaccettature, le loro emozioni, il loro passato, le loro paure. Mi ero detto – me l'ero davvero promesso, guardandomi allo specchio, giurando solennemente – di non affezionarmi a degli umani, neanche ad uno di loro, perché la mia esistenza sarebbe stata eterna, mentre la loro, gracile come uno stelo d'erba sotto una mandria di elefanti. Ci provai, ci provai davvero, ma fallii miseramente.

Il vecchio Minhyuk non avrebbe mai lottato fino a perdere le forze, quasi, per delle persone; il vecchio Minhyuk non avrebbe sacrificato il suo star bene per qualcun altro, ma il vecchio Minhyuk evidentemente era rimasto all'inferno, dando spazio ad un'altra persona, che ostentava apatia e risentimento perenne, ma che aveva un cuore fin troppo grande per quegli stronzi che gli offrirono ospitalità.

Da quel giorno, quel maledetto giorno, nessuno di noi fu più in grado di chiudere occhio, e chi lo faceva, si risvegliava a causa di terrificanti incubi. Quello fu il caso di Yoongi, perché mentre io ero attivo come una pila elettrica, lui era solito crollare: era come se il suo corpo reagisse alla paura ed alla tristezza facendolo addormentare – certo, su di me, ma lo accettai senza batter ciglio – profondamente, ma il problema era che neppure questo gli portava pace. Diceva di rivedere le scene in un loop continuo, di provare le stesse sensazioni, come se lo rivivesse ogni singola volta in cui chiudeva gli occhi, ma ogni volta in cui tentava di non farlo, falliva miseramente. Passammo perciò intere notti a parlare, a confrontarci su qualunque cosa possibile, a disegnare oggetti e ritagliarli: sembravamo pazzi, ma era l'unico modo per non crollare.

Adesso, era arrivato il momento decisivo: se quello di quella terribile lotta, infatti, fu il più spaventoso, quello lì fu il più triste di tutti. Dal giorno dopo, infatti, l'hotel non accettò più prenotazioni. Fu spaventoso vedere la gente abbandonare l'hotel, ma non vederne rientrare altrettanta, ma sapevamo che fosse giusto così, ne avevamo già parlato, e noi tutti, alla proposta di Ririn e Jungkook – che poi, tanto proposta non era, perché non avevamo molta scelta – ci limitammo ad annuire, consci del fatto che in caso non lo avessimo fatto, ciò che accadde, sarebbe potuto ricapitare.

Quel giorno, l'Hotel Black Moth, aveva appena chiuso i battenti.

“Ah, ritrovarci qui è più brutto di quanto potessi immaginare...” la voce di Ririn era ricolma di tristezza, mentre dondolava tristemente da un piede all'altro, al centro della stanza come ogni volta durante quelle riunioni, peccato che stavolta non ci rimase molto, perché poi prese innocentemente posto sulle gambe di suo marito, che la abbracciò e sistemò la guancia contro la sua schiena.

Ero talmente abituato a tutto quello, che mi sarebbe mancato anche vedere le loro volgari e vomitevoli molestie.

“E' tutto più brutto di quanto potessimo immaginare, Ririnie” sorrise tristemente Changkyun, mentre giocava con la mano di Jimin, con lo sguardo basso, le sopracciglia inclinate, e non un pizzico della sua solita esuberanza.

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