Doyoung's pov
Adoravo quei momenti, erano rari quanto speciali, perciò ogni volta in cui ne avevo la possibilità, coglievo l'occasione al volo. Trovavo illuminante stare con i bambini, per me non era un dovere, ma un momento in cui anch'io avevo la possibilità di stare al loro passo per un po', cosa che solitamente non mi passava neanche per l'anticamera del cervello di fare, semplicemente per dimenticanza.
In quel momento stavamo sorseggiando il nuovo succo di Changkyun, al kiwi e non so cos'altro, scambiandoci la stessa brocca di liquido verde come una bottiglia di birra scadente ad una taverna.
“E a te come va?” chiesi senza che ci fosse stato alcun tipo di discorso prima, alla piccola, che alzò un sopracciglio con ancora la cannuccia tra le labbra: lei sembrava aver gradito più di noi due.
“Bene, perché?” rispose sull'attenti, ed io avrei potuto scommettere sul fatto che avesse già capito a che cosa si stesse riferendo.
“Ricordati che Doyoungie legge il pensiero” ridacchiò suo fratello, sporgendo il collo verso di lei per farsi passare la cannuccia, gesto che lei colse immediatamente, sistemandola direttamente tra le sue labbra ed aspettando pazientemente che ne bevesse un sorso e facesse la solita faccia sdegnata che prima fece almeno altre quattro volte, per poi ritornarci.
“Allora perché me lo ha chiesto?” chiese quasi stizzita, ed io sgranai gli occhi, gesticolando visibilmente.
“No, no, non ho letto nel pensiero!” mi difesi immediatamente “Volevo saperlo da te! Non violo la vostra privacy così, Nineul!”
“Scusa...” borbottò lei a quel mio semi-rimproverò, che poi non fu altro se non un tentativo di farle sapere la verità senza che si facesse strane idee “Va bene comunque, davvero. Ho fatto pace con papà”
“Oh, davvero?” sorrisi allegro, e Rae stesso ebbe la stessa reazione, facendomi così immaginare che ancora non ne sapesse nulla neanche lui.
“Sì, questa mattina” fece un piccolo sorriso, spontaneo e quasi imbarazzato, e girò la cannuccia nella brocca in vetro “Mi ha svegliata per fare pace”
“Così da Jungkook...” risi, schiaffandomi una mano sulla fronte e tirando poi indietro i capelli per quel gesto stupido quanto carino che non poteva appartenere a nessuno se non a lui “E avete fatto pace subito?”
“Sì... mi ha chiesto scusa per avermi fatta litigare con Jimin” si leccò le labbra, perché una goccia di succo le stava colando sul mento, ed io mi sporsi con un tovagliolo prima che finisse sul suo adorabile vestitino bianco “Ma io gli ho detto che sono arrivata alla conclusione del fatto che la colpa sia di Jimin e non sua”
“In che senso?” chiese Raekyung, facendo da voce anche per me, che invece, al contrario, pensavo che la colpa fosse proprio del mio amico, che per colpa della gelosia sarebbe stato in grado di fare di tutto.
“Beh...” si sistemò i capelli con una mano, abitudine che prese da quando li tagliò, perché solitamente li legava in una coda molto alta o in delle trecce, che le impedivano di toccarli “papà ha sbagliato, ma se Jimin mi avesse voluto bene veramente, non si sarebbe allontanato di punto in bianco”
“Jimin si è sp-”
“Niente scuse” mi interruppe, alzando una manina come per bloccarmi del tutto, e niente sembrava in grado di farle cambiare idea “Non mi interessa cosa ha pensato: è sparito e ha mandato a farsi fottere- ha... uhm... rovinato la nostra amicizia, che era più importante della mia cotta” la fermezza con cui lo disse la rese oggettivamente molto più grande della sua reale età, ed in quel momento mi sentii quasi io, il più piccolo tra i due, mentre annuivo con il labbro inferiore stretto tra i denti, consapevole delle sue parole “Comunque, non mi importa più” fece spallucce ed alzò il mento con fare altezzoso “Sono una persona nuova e non ho bisogno di lui- che hai da sorridere, Raekyung?” era strano che lo chiamasse per nome, ed io sgranai gli occhi spaventato per lui, sperando che riuscisse ad uscirsene nel migliore dei modi.
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𝘏𝘖𝘛𝘌𝘓 𝘉𝘓𝘈𝘊𝘒 𝘔𝘖𝘛𝘏 // 𝔧𝔢𝔬𝔫 𝔧𝔲𝔫𝔤𝔨𝔬𝔬𝔨 ✔️
FanfictionSeoul, 1962 {STORIA COMPLETA} "Correva l'anno millenovecentocinquantotto, quando un piccolo gruppo di anime decise di rendere il proprio presente un po' meno incerto, rifugiandosi tra le braccia di coloro che inconsapevolmente crearono un covo per...