Jungkook's pov
E adesso?
Avevo insistito con Seokjin per lasciarci da soli, avevo detto senza veli tutto ciò che pensavo ed ero anche abbastanza fiero del modo in cui mi gestii quel breve monologo, abbastanza fermo e convinto da fargli immediatamente cambiare idea, ma altrettanto composto, senza dire frasi fuori luogo o alzare la voce, come spesso mi accadde in quei giorni, probabilmente a causa dello stress.
Puntai lo sguardo su di lei, il suo sguardo era vuoto e gli occhi sembravano quasi scavati all'interno del volto. Mi domandai quanto avesse pianto per essersi ritrovata in quelle condizioni, ed il mio cuore sembrò spezzarsi un'altra volta ancora, perché sapevo - anche se in parte - di essere la causa di quel suo stato di malessere.
La gola sembrò seccarsi quando aprii la bocca per parlare, forse perché non sapevo cosa dire, forse perché non mi preimpostai neppure un paio di frasi, dato che da quando scappò dalla sala da pranzo, il mio cervello continuava a catalizzare sempre la stessa frase: ogni parte di me mi suggerì di andarci, ed io decisi di seguire l'istinto, per una volta, e fare ciò che io credevo giusto, e non ciò che veniva considerato dagli altri.
Agisci d'istinto, Jungkook. Mi dissi quindi, e la prima cosa che feci - la prima che mi venne in mente di fare, alla quale pensavo dal primo istante in cui restammo soli - fu sedermi accanto a lei, sul bordo del letto, abbastanza vicino da sentire il calore del suo corpo, ma altrettanto lontano per lasciarle il suo spazio.
Mi sentivo così in colpa che descriverlo a parole sarebbe stato impossibile e riduttivo: la persona che più amavo e alla quale avevo promesso fiducia, appoggio e fedeltà, aveva sofferto, pianto ed affrontato un periodo terribile, ed io, piuttosto che starle accanto, accettando le sue scelte ed aspettando il momento adatto per parlare, misi un carico di pensieri, e questo non riuscivo proprio a perdonarmelo.
"Rin, amore-" iniziai, tirando su con il naso, gesto che facevo quando mi trovavo in ansia o in difficoltà.
"Risparmiati i convenevoli, Jungkook" la sua voce era fredda, questo dovetti ammetterlo, ma riuscivo ancora a scorgere dei sentimenti dietro essa, riuscivo ancora a vedere Ririn, la mia Ririn, che nonostante tutto, si rivelò la forza della natura che conobbi all'inizio.
"Non lo sono" ammisi sinceramente, sperando di non essere risultato acido nell'affermare con tanta austerità quella frase, che però, di contro, non poteva mai uscire flebile ed insicura, non quando quella era forse la mia unica certezza in quel momento "Mi dispiace per tutto quanto, Rin, mi dispiace per come mi sono comportato-" era inutile girarci intorno, quando quella era l'unica cosa effettivamente importante da dire.
"Ti dispiace, davvero?" sorrise ironicamente, girandosi per la prima volta verso di me, mostrando con fierezza i suoi occhi gonfi dalle precedenti lacrime, come se non le importasse nulla in quel momento, apparendo così ancora più forte "E dimmi, quando avrebbe iniziato a dispiacerti? Quando mi hai praticamente dato della puttana davanti ai nostri amici, o quando-"
"Te lo giuro, Rin: mi fido di te e mi sono sempre fidato di te, ma la gelosia-"
"Non incolpare la gelosia, Jungkook" continuò, il suo tono di voce si fece ancor più fermo, ed io in quel momento ebbi davvero paura di non sapere cosa risponderle, perché non avrei voluto in alcun modo risultare insicuro ai suoi occhi "Non voglio che tu abbia pietà di me, se hai preso una scelta evidentemente è perché qualcosa in quel momento te lo ha suggerito, quindi non pensare di dovermi fare in qualche modo da balia perché sono stata violata contro il mio consenso o stronzate simili, perché tutto voglio, meno che dei finti tentativi di riappacificazione per farmi sentire meglio-"
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𝘏𝘖𝘛𝘌𝘓 𝘉𝘓𝘈𝘊𝘒 𝘔𝘖𝘛𝘏 // 𝔧𝔢𝔬𝔫 𝔧𝔲𝔫𝔤𝔨𝔬𝔬𝔨 ✔️
FanficSeoul, 1962 {STORIA COMPLETA} "Correva l'anno millenovecentocinquantotto, quando un piccolo gruppo di anime decise di rendere il proprio presente un po' meno incerto, rifugiandosi tra le braccia di coloro che inconsapevolmente crearono un covo per...