11. Non avremmo dovuto

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Mingyu's pov

La vocina di Raekyung ci fece sorridere, mentre cercavamo un posto adatto per nasconderci, stando attenti a non sceglierne uno troppo lontano, in modo tale da non farlo allontanare.

“Chissà fino a quanto sa contare...” dissi tra me e me, guardando il mio migliore amico con la coda dell'occhio, che ridacchiò in risposta e scosse la testa.

“Probabilmente potrebbe continuare all'infinito, conoscendo lui e sua sorella” lo lodò, facendo spallucce e sporgendo la testa fuori dal piccolo covo in cui ci infilammo.

“Quaranta!” sentimmo urlare, guardandoci poi con un ghigno complice ed abbassando la testa in contemporanea, in modo da non farci vedere in caso non fosse passato da lì.

“Mi ricordo di una volta in cui-”

“Aspetta!” bloccai Eunwoo, premendo la mano contro la sua bocca e corrucciando le sopracciglia “Senti niente?” gli chiesi poi, ma naturalmente non poté rispondere a causa della pressione che feci sulla sua bocca “Non parla più” sussurrai, liberandolo dalla mia presa e guardandolo dritto negli occhi.

“Ci starà cercando” rispose con ovvietà, sporgendosi un'altra volta “Non lo vedo qui”

“Potrebbe essere dall'altro lato, ma- aspetta, aspetta, si sentono i passi!” esclamai, stando attento a non alzare la voce, rendendomi conto del fatto che in effetti si sentissero chiaramente dei rapidi passi che producevano dei tipici scricchiolii, a contatto con le foglie secche sul terreno.

“Gyu...” sussurrò, stringendo in un pugno il retro della mia felpa, per catturare la mia attenzione “Questi non sono i passi di un bambino”

Bastò un attimo, uno sguardo ricolmo di intesa, che entrambi uscimmo agilmente dal piccolo fossato in cui ci nascondemmo, non creandoci affatto il problema dei nostri vestiti, mentre rotolavamo sull'erba umida per uscire da lì il più in fretta possibile.

“Okay, Rae, gioco finito!” alzai la voce per farmi sentire, guardandomi intorno, come se in questo modo il mio richiamo potesse giungere alle sue orecchie in maniera più chiara “Rae, sul serio, dacci un segno! Non possiamo più giocare qui, per adesso!” continuai. Nessuna risposta, nessuna reazione, solamente il fruscio degli alberi a causa del lieve vento che stava iniziando a soffiare.

Di nuovo quello sguardo d'intesa con Eunwoo: per quale motivo non rispondeva? Raekyung fu sempre un bambino obbediente, non si faceva pregare, quando gli dicevamo di smettere di giocare ci ascoltava senza batter ciglio. Non ci avrebbe mai ignorati di sua spontanea volontà.

Non parlammo, in quel momento, perché furono i nostri sguardi a parlare per noi, mentre si cercavano, in attesa di capire cosa fare. Iniziammo pertanto a cercarlo, mentre la sua mano stringeva la manica della mia felpa per tenermi al suo fianco, per non rischiare in alcun modo di separarci, o – nella peggiore delle ipotesi – di venir separati.

“Rae, ci arrendiamo, hai vinto tu!” urlò, ma quella sua frase non aveva nulla di divertente. Avevamo paura.

I nostri passi si fecero frenetici, iniziammo quasi a correre senza una meta ben precisa, non smettendo di chiederci neppure per un istante che cosa potesse essergli successo.
Ci vennero in mente vari scenari, pensammo addirittura che lo avessero rapito, eppure fu letteralmente un colpo al cuore, vedere il suo piccolo corpo inerme, quasi privo di colore, disteso malamente su terreno, con mezzo volto sporco di sangue ed i vestiti sporchi di terra.

Mi vennero le lacrime agli occhi, ed istintivamente, per un solo istante – prima di cercare qualcosa da fare – mi aggrappai alla spalla del mio migliore amico per cercarne un appiglio, mentre il mio respiro si fece più pesante e le mie gambe più deboli. Ma non potevamo prenderci troppo tempo per noi: adesso Raekyung era lì, per terra, davanti a noi, ed il nostro compito non era di certo quello di abbatterci, in lacrime, e chiederci perché fosse successo.

 𝘏𝘖𝘛𝘌𝘓 𝘉𝘓𝘈𝘊𝘒 𝘔𝘖𝘛𝘏 // 𝔧𝔢𝔬𝔫 𝔧𝔲𝔫𝔤𝔨𝔬𝔬𝔨 ✔️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora