80. Corda

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Taeyong's pov

“L'hai stretta abbastanza?” chiesi a Jaehyun, che in risposta inarcò un sopracciglio nervosamente.

“Secondo te?” sputò “Se non fosse così sarebbe già scappato”

“Non mi risulta...” mormorai, guardando il corpo bianco, sottile ed inerme del ragazzo davanti a noi, con la testa penzolante “Ma che gli hai fatto?” guardai le sue mani intrise di sangue, al momento stupidamente legate sulle sue cosce.

“Si è attaccato al terreno come un coglione, se l'è voluto lui” fece spallucce l'altro, mentre io continuavo a constatare come avesse fatto ad essere così poco intelligente da attaccare la corda in quel modo, così, senza alcuna risposta, mi permisi di staccarla approfittando del suo stato di incoscienza, per legare i polsi alla sedia ed avere una maggiore sicurezza.

“C'è qualcosa che devo sapere?” chiesi al mio compagno, che si stava pulendo le mani con un panno umido, che inarcò un sopracciglio alla mia domanda, facendomi roteare gli occhi spazientito “C'era qualcuno? Ha detto qualcosa? Ha lasciato tracce?”

Jaehyun scosse solamente la testa, sicuramente scocciato al pensiero di essere lui l'incaricato per compiere il lavoro sporco, non per una particolare morale che lo faceva sentire in qualche modo in colpa, ma semplicemente per la sua smania di guardare tutti dall'alto e non muovere un dito.

Andò perciò via poco dopo, lasciandomi da solo con il nostro stanco ostaggio, che continuai a guardare fisso negli occhi, pazientemente, in attesa che finalmente si risvegliasse, perché in quelle condizioni era alquanto inutile, per noi.

Ed aspettai, aspettai davvero tanto, forse troppo, forse anche più di quanto fosse prescritto nel mio turno giornaliero, ma ormai per me era una questione di principio: il ragazzino era assegnato a me, perciò doveva svegliarsi con me, a qualunque costo.

Decisi perciò di passare ad un metodo più drastico, dopo avergli dato degli schiaffi sul volto che non funzionarono neanche minimamente. Versai dell'acqua gelida sulla sua testa, e tirai indietro i suoi capelli per farla finire sul suo viso, perché questo avrebbe dovuto farlo svegliare istantaneamente. Ne feci cadere anche una buona quantità all'interno della bocca, che piegai in avanti dopo pochi secondi, perché in caso contrario sarebbe morto strozzato per mano mia.

Sperai con tutto me stesso che non lo avessero ucciso, perché questo avrebbe mandato a monte tutto il nostro piano: sarebbe stato come prendere anni ed anni di ricerche e gettarle per una dimenticanza, per una stupida distrazione. Era inaccettabile.

Un'immensa rabbia si riversò nel mio corpo nel vederlo ancora lì, vuoto ed inerme, un involucro dalla pelle spenta e gli occhi chiusi, forse vivo o forse morto, e dovetti trattenermi per non scaricare la mia rabbia contro di lui, perché colpirlo, in caso fosse stato ancora vivo, sarebbe stato letale per lui in quel momento, in cui probabilmente stava lottando in quel limbo tra la vita e la morte, pur non sapendo che cosa lo aspettasse una volta ritornato qui.

E fu proprio con quel pensiero che mi presi le mani tra i capelli e li tirai con forza, guardandolo un'altra volta, e poi guardando il mio orologio da polso: era passata un'ora piena, e ancora non dava alcun segno di vita.

Ma la giornata era lunga, ed io scoprii improvvisamente di non avere nulla di meglio da fare, se non aspettare pazientemente un suo ritorno, per accelerare i tempi, terribilmente stanco ed incazzato per le ore di vita che stavo perdendo.

Pensai, comunque, che in caso fosse morto, me ne sarei semplicemente accorto dopo qualche ora, e sapevo che Jeonghan avrebbe trovato un piano B.

 𝘏𝘖𝘛𝘌𝘓 𝘉𝘓𝘈𝘊𝘒 𝘔𝘖𝘛𝘏 // 𝔧𝔢𝔬𝔫 𝔧𝔲𝔫𝔤𝔨𝔬𝔬𝔨 ✔️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora