13. Un bel problema

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Jeonghan's pov

“La situazione sta peggiorando” esordii, tenendo le mani a palmi aperte ben piantate sul tavolo, mentre facevo passare lo sguardo su tutti i partecipanti.

Ormai era da un po' che andava fatta una riunione simile, perché le cose non stavano andando esattamente secondo i miei piani, ed io ero un pianificatore troppo attento per potermi permettere un passo falso del genere.
Se fosse stato per me, avrei sbrigato tutto quanto da solo, ma era proprio grazie alle pedine come loro che io in quel momento ero ancora lì, vivo e vegeto a capotavola del lungo tavolo a cui tutti si sedettero sotto mie direttive.

“E la novità dove starebbe?” mi domandò Jaehyun, con le gambe fastidiosamente poggiate sul tavolo, in un chiaro segno di mancanza di rispetto, come era solito fare da sempre.

“Quelle gambe, Jaehyun,” mi leccai le labbra, imponendomi di mantenere la calma qualsiasi cosa fosse successa “puoi poggiarle in quel modo soltanto sul tavolo di casa tua o di chi te lo permette-”

“Ma se sei scomodo puoi anche infilartele su per il culo” rise Han, facendo brillare alla luce i suoi denti perfettamente bianchi, mentre con il pollice e l'indice – scoperti dai guanti che indossava, così come tutte le altre dita – accarezzava la lama di un coltello che mi parve da cucina, ma la cosa non mi interessava più di tanto: il problema più grave era il suo credersi divertente quando l'unico a ridere delle sue battute era lui, oltre quel pazzo di Sanha, ma lui non era da tenere in considerazione.

“Se vuoi posso infilarle nel tuo, di culo, Han” l'altro gli alzò il dito medio con sufficienza, prima di incrociare le braccia al petto e non azzardarsi a cambiare posizione.

“Non ho intenzione di ripetertelo” gli dissi seriamente, non avevo di certo voglia di fare scenate “Non cercare di fare una rivoluzione con chi, la rivoluzione, la guida, mio impavido cavaliere. Adesso togli i tuoi cazzo di talloni dal tavolo, e ascolta quello che ho da dirvi”

Scese un silenzio tombale, così come accadde ogni volta in cui feci crollare le convinzioni di Jaehyun, convinto di potermi in qualche modo superare, con il suo stupido atteggiamento da ragazzino frustrato e dispettoso, che non serviva ad altro se non a rendere ancor più evidente il motivo per cui, in piedi, in quel momento, ci fossi io e non lui.

“Stiamo perdendo tempo” esclamò infastidito Yuta, che continuava a toccarsi maniacalmente i capelli “Voglio sapere cosa ha da dire”

Le mie labbra si inarcarono in un mezzo sorriso che non tentai di camuffare, ma quel momento di apparente calma, venne rotto dal pugno che diedi sul tavolo, che fece sobbalzare tutti i presenti.

Ci fu chi imprecò chi riprese il respiro, ma il mio sguardo era puro ghiaccio.

“Qui nessuno sta giocando, chiaro?” ringhiai, osservando attentamente ognuno di loro “Abbiamo un bel problema da risolvere, quindi adesso smettetela di pensare alle stronzate che popolano perennemente la vostra testa, ed ascoltate quello che cazzo ho da dirvi” mi venne istintivo guardare Jaehyun con più insistenza “Sono stato abbastanza chiaro?” scandii bene le parole, e lo sguardo di fuoco del mio compagno fu una risposta più che soddisfacente.

“Trasparente, capo” ammiccò Taeyong, ed io roteai impercettibilmente gli occhi, prima di schiarirmi la voce ed iniziare a parlare.

“Avrei una piccola clausola da fare, prima di iniziare. Jaebeom,” il nostro compagno sobbalzò, colpevole, ed io gli feci un cenno con la mano, invitandolo calorosamente ad alzarsi in piedi, e lui, seppur titubante, eseguì “hai qualcosa da dire?”

“Mi dispiace-”

“Qualcosa di importante!” lo interruppi, colpendo il tavolo un'altra volta, producendo un rumore abbastanza forte da farlo scuotere, di nuovo “I patti dicevano forse di lasciare andare quel cazzo di bambino per terra e scappare?”

 𝘏𝘖𝘛𝘌𝘓 𝘉𝘓𝘈𝘊𝘒 𝘔𝘖𝘛𝘏 // 𝔧𝔢𝔬𝔫 𝔧𝔲𝔫𝔤𝔨𝔬𝔬𝔨 ✔️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora