Cella 355.

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2 mesi da quando le nostre vite erano cambiate radicalmente, da quando ero qui dentro, da quando avrei dovuto passare almeno altri 5 anni se non avrebbero messo anche gli omicidi, l'unica cosa giusta che c'era in quel posto di giusto era aver messo me e Edo nella stessa cella.
Era così tutto stressante, avevo ricevuto una chiamata di mio padre tramite il cellulare che avevano li di nascosto; mi aveva letteralmente detto che ero un incapace e che non sapevo tenermi i miei affari, ma che la sua idea non cambiava, che lo stesso dovevo diventare più di lui. Nei colloquio ogni due settimane veniva Pietro e una volta era venuta Rosa.
Lei non poteva venire, era minorenne e non avevamo nessun documento scritto che lei facesse parte della mia famiglia, dovevamo solo aspettare i suoi 18 anni e poi tramite dei miei avvocati Rosa mi aveva detto che lei avrebbe fatto di tutto per venire, anche perché spesso sentivo le sue urla da fuori al carcere, le lettere che ricevevo ogni settimana e le mie risposte.

« Ma pecchè nun a pozz chiamma? »
« Perché questo numero lo deve avere solo tuo padre, Ciro.. ma secondo te a me non manca Linda? »
Sbuffai appena annuendo e lo guardai.
« Vado in cortile, tu non vieni? "
« Tra un po' arrivo. »
Diciamo che in quel carcere ero il più temuto, sentivo il rispetto fino al midollo e soprattutto lo volevo, sembra che quei giorni non passassero mai, che per quanto potessi fare di tutto per scalparmela dovevo continuare a prendere le redini in mano. Infatti avevo incaricato uno dei ragazzi che era lì come noi di farmi arrivare della droga a Napoli da Milano, io non potevo farlo, semplicemente perché non mi era consentito avere permessi, il motivo? "Erede del boss" che ignoranti.
Afferrai la penna tra le dita e pensai che dovevo scrivere a Cora visto che non la sentivo da due giorni, io dovevo starle lontano e invece facevo sempre il contrario.

- Vorrei scriverti, per sapere come stai tu ma piuttosto per saper come si sta senza di me..sai, io non sono mai stato senza di me.
Vorrei sapere cosa si prova a non avere me, che mi preoccupo di sapere se va tutto bene, a non sentirmi ridere, a non sentirmi canticchiare canzoni stupide.
A non sentirmi parlare, a non sentirmi sbraitare quando mi arrabbio, a non avere me con cui sfogarsi per le cose che non vanno, anche se tu tendi sempre a non farlo. 
A non avermi pronto li, a fare qualsiasi casa, qualsiasi cazzata, per farti stare bene.
Forse si sta meglio, senza tutti i miei guai e senza che tu ti preoccupi se torno a casa strafatto o con qualche guaio in più, o forse no.. però mi è venuto un dubbio! E vorrei sapere se ogni tanto questo dubbio è venuto pure a te..
perché sai, sono due mesi che mi chiedo come ci si sta senza di te, poi però, preferisco non rispondere, che tanto va bene così.
Sai, ho addirittura dimenticato me stesso per poter ricordare te. -

Chiusi subito il foglio poggiando la penna sulla scrivania che avevamo in cella e mi tirai su dalla sedia infilando la lettera nella bustina e la chiusi mettendoci l'indirizzo di casa mia e girai lo sguardo guardando fuori dalla finestra, l'unica cosa bella che c'era li era il mare.. amavo il mare.
Sospirai appena alzandomi prendendo il pacchetto di sigarette con l'accendino e uscì dalla cella guardandomi attorno notando Lino il poliziotto con il quale avevo abbastanza segreti.
« Lino! Vien ca.. »
« C vuo Ciro? »
« Fai arrivare questa a casa mia. »
« Ma non è giornata delle lette.. »
« Muovt Lino. »
Lo sentì sospirare e annuire allontanandosi con la lettera tra le mani.

Mi guardai attorno una volta fuori seduto nel campetto guardando gli altri giocare a pallone, non volevo giocare in quel momento, avevo le scarpe non adatte e poi non volevo sudare e sporcarmi.
« Oh, ma hai visto il reparto femminile? »
« Edó nun me rompr o cazz.. »
« Oh ma che tieni oggi? »
« Sono due mesi che stiamo qui dentro.. »
« Devono passare ancora 5 anni! »
Lo guardai in malo modo e scossi la testa subito in un no guardandolo.
« Non ci restiamo qui cinque anni stai tranquillo. »
Lo guardai annuire e notai avvicinarsi dei ragazzi che avevamo fatto amicizia con noi ma che ovviamente ero solo apparenza visto che non me ne fregava di nessuno li se non di Edo.
« Edoardo!! Subito in sala colloquio »
Alzai un sopracciglio guardando Edo che aveva la mia stessa espressione, chi poteva essere?!
Lo guardai dirmi che tornava subito e poi allontanarsi.

Il mio sguardo cadde sul Milanese, l'unico non napoletano che era presente li, oltre a Federica una ragazza che era di Roma. che ogni volta notavo la paura negli occhi di quel ragazzo ogni volta che mi avvicinavo a lui.
« Ciro.. »
« Chiattì, tutto apposto? »
« Sisi.. »
« hai fatto ciò che ti ho detto? »
« È tutto apposto! »
« Brav o chiattil.. ho un debito con te! »
Lo guardai annuire e sospirare, girai il viso spostandomi il ciuffo dai capelli dagli occhi e deglutì appena sedendomi accanto a lui accendendomi una sigaretta velocemente portandola alle labbra.
« Stai bene Ciro? »
« Sto tropp bell O Chiattì.. »

Guardai le mie mani tremare e deglutì alzandomi subito dalla panchina camminando fino alle celle, mi capitava spesso, avevo questi attacchi d'ansia credo siano, e mi sentivo così strano.
Entrai nel corridoio poggiandomi con la schiena al muro e buttai la sigaretta metà consumata intrecciando le braccia al petto.
Sospirai appena chiudendo gli occhi e pensai a mia sorella Rosa.. a mia madre, ma non passava.. sentivo il peso sul petto e un leggero fiatone, serrai la mascella e pensai subito a Coraline.
« Hey, stai bene? »
Sentì quell'accento Romano e apri' subito gli occhi guardando la ragazza di fronte a me.
Annuì subito guardandola e feci per andare.
« Sei pallido, non credo tu sia bene.. »
« Sto bene, quante volte ancora vuoi chiedere? »
« Le volte in cui mi dirai la verità.. »
« Te la sto dicendo, e poi non sono cose tue. »
« vabbene hai vinto, comunque piacere Federica »
« Ah, tu sei la romana.. »
« Mi chiamano così? »
« Tutti qua abbiamo un soprannome.. »
« Tu chi sei? »
Deglutì guardando i suoi movimenti e il suo modo di fare, la sua voce.. e il suo accento, sembrava così tanto Lei.. chiusi gli occhi passando le mani sul viso e mormorai.
« Qualcuno di troppo importante per non essere conosciuto.. »

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