Capitolo 19

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Emma

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Emma

Il cinguettio di usignoli e uccelli vari riempie la mia stanza e per la prima volta non sento crescere in me l'istinto di comprare un fucile e andare a caccia. No, assolutamente. Sorridendo accolgo quel nuovo giorno. Enrico sarà qui a momenti.

Saltello fuori dal letto fino al bagno, la ragazza che mi osserva dallo specchio non riesce a trattenere un sorriso. Che bella giornata.

Scelgo con cura cosa mettere: un vestito a trapezio fino al ginocchio e ai piedi gli stivali con i tacchi che Luca mi ha obbligato a comprare per gli sconti l'inverno scorso e che io non ho mai messo.
Accarezzo la mia chioma marrone e dopo un leggero trucco corro a fare colazione.

Mentre che il mio caffellatte si riscalda vedo dalla finestra che fuori sta piovendo e quasi ne rimango stupita, credevo davvero che il sole splendesse alto nel cielo.

Un messaggio al telefono blocca l'arrivo del biscotto alla mia bocca. È lui, quindici minuti e sarà da me. Il petto mi esplode di gioia e non posso che affrettarmi a finire, voglio essere perfetta.

Sto spruzzando il mio profumo preferito su di me quando il campanello suona e io mi precipito alla porta o almeno ci provo con la misera velocità che mi danno questi trampoli.

Apro l'uscio ed ecco l'impeccabile Enrico davanto i miei poveri occhi. Si può essere così perfetti a quest'ora? Credo che me lo chiederò per sempre.

«Ciao.» Lo saluto felice.

«Buongiorno, sei pronta?» anche lui mi sorride e io perdo un battito.

«Sì.» Afferro il cappotto dall'attaccapanni vicino la porta e lui gentilmente avvicina le sue mani alla lana per poi aiutarmi a indossarlo. Le sue dita sfiorano il mio collo è sono appena tiepide e piacevoli, il mio cuore recupera il battito che aveva perso e molti altri ancora, rimbombando impaziente nel mio petto.

«Grazie.» un sussurro.Tiro fuori i capelli dall'indumento e mi volto, instabile, verso di lui.

«Allora andiamo.» Sembra riflettere su qualcosa mentre pronuncia lentamente quelle parole. Sembra quasi pentirsene e io sarei ben disposta a rientrare dentro con lui? Sento il coro di Luca e mia madre incitarmi ed è detestabile. Stringo la borsa in mano mentre lo seguo fino all'auto. Fortunatamente il momento difficile è passato.

La strada è piena di pozzanghere che cerco di evitare per non infangare gli stivali e la sua auto, fortunatamente, mentre mi siedo con cura sul sedile felice di essere arrivata, ha smesso di piovere. Rabbrividisco nel mio cappotto, la mattinata è davvero gelida.

«Credo che presto nevicherà.» La voce di Enrico mi da quel calore che cercavo e bello averlo così vicino. Comincio ad abituarmi a questo spazio ristretto fra di noi ed è bastato appena qualche giorno.

«Non so che sperare. Mi piace, ma poi è un inferno arrivare a lavoro.» Storco la bocca e mi aggiusto la cintura.

«Questo è vero. Ma il manto bianco che ti accoglie al mattino è davvero uno spettacolo.» È anche poetico ed eccomi a sorridere ancora timidamente per camuffare il desiderio di sospirare.

«Ti piace sciare?» sono certa che a lui piaccia e mi vergogno ad ammettere la verità.

«Sono una frana. Proprio non ci riesco.» Alzo le mani arresa. Non fa per me questo sport e forse nessuno altra attività fisica.

«Vedrai che io riuscirò a farti divertire. Alla prima neve potremmo andare in montagna.» Mi sbircia girandosi leggermente e io mi ritrovo ad annuire, nonostante odi davvero lo sci. Non so se si è accorto ma è la seconda proposta che mi fa in due giorni e mi sembra così strano che possa desiderare di passare del tempo con me.

Il mio telefono interrompe quello scambio di sguardi pieno non so neanche io di cosa, forse speranze. E chi poteva interrompere quel momento nonostante mi assillasse fino allo sfinimento pur di farmi capitare occasioni simili? Premo il tasto laterale per zittirlo e lo rimetto in borsa.

«Non rispondi?» Enrico sembra stranito. Scuoto la testa decisa. «Perché?» Ora è divertito.

«È mia madre.» Spiego, non aggiungendo altro.

«A maggior ragione.» Povero ingenuo.

«Non so con la tua, ma le chiamate con mia madre durano ore. È impossibile farla riattaccare e in più rovinerebbe questa armonia perché è solita sottolineare cosa dovrei fare della mia vita secondo il suo modesto parere.» Ovviamente la mia ironia è palese dal tono saccente con cui concludo il discorso. Spero di essere stata abbastanza chiara e ne sono certa nel momento in cui lui se la ride sotto i baffi.

«Diciamo che la mia è così con le mie sorelle. Se ne lamentano sempre.» Lui ride delle disgrazie altrui.

«Hai sorelle?» Colgo subito la possibilità di chiedergli qualcosa di personale. Mi hanno istruita bene quei due impiccioni.

«Si, due.» Lo dice dolcemente e quindi capisco che sono molto legati. «Una è qui a Milano l'altra si è trasferita a studiare a Roma, è la più piccola e ha fatto questa scelta.» Percepisco subito quanto gli dispiaccia averla lontana. Che bello un rapporto simile è qualcosa che mi manca tanto anche se non l'ho mai provato.

«A me sarebbe piaciuto avere qualcuno, maschio o femmina non importa, ma è bello avere con chi condividere la propria vita in sincerità per sempre.» Guardo fuori dal finestrino. Mi sarebbe piaciuto tanto.

«Sei figlia unica?» Mi accarezza appena la mano ma io sento tutta la sua comprensione. Dura un attimo, perché subito il suo palmo torna sul cambio, ma è rincuorante.

«Sì. Ed è dura a volte.» Mi giro verso di lui e osservo il suo profilo spigoloso.

«Beh, nonostante per svariati anni della mia adolescenza ho ritenuto le mie sorelle delle rimpiscatole devo dirti che hai ragione, sono molto importanti nella mia vita e il legame tra fratelli è qualcosa di diverso.»

Siamo arrivati al posteggio di ieri e io ne sono dispiaciuta. L'auto si ferma e io so che dovrei scendere ma voglio godermi un altro po' la sua compagnia.

Lo vedo raddrizzarsi con le chiavi in mano e anche lui sembra apprezzare qualche altro minuto con me.

«È stato bello parlare con te. La strada sembra così breve.» Anche in lui c'è un pizzico di rammarico di essere arrivati e di dover necessariamente andare, gli impegni ci richiamano.

«Ci vediamo alle diciotto come ieri?» Sono girata verso di lui e alla fine lo vedo cedere, la sua mano corre a stringere la mia.

«Sì, ti aspetto qui.» È una promessa quel tono basso che sento appena e io sono tentata di avvicinarmi per sentirlo meglio e per... e per qualcos'altro.

Ancora una suoneria fra di noi ma, stavolta, è la sua. È una chiamata di lavoro lo capisco subito e quindi è obbligato a rispondere. A malincuore recupero la mia borsa e lo precedo fuori. Lui mi raggiunge subito dopo e piano camminiamo uno accanto all'altro fino all'ufficio.

La chiamata non finisce e io alzo una mano per fargli cenno che va bene e che ci vediamo dopo.

«No, non mi dire che ha risposto.» Luca urla nelle mie orecchie.

«Certo che sì, era per lavoro, che doveva fare.» Cerco di spiegargli calma, nonostante un pizzico di delusione mi serpeggia ancora dentro.

«Baciarti, ecco che doveva fare.» È così ovvio per lui.

«Non è così grave. C'è tempo.» La solita Rosi che mette sempre una buona parola, in questo caso speranza.

«Okay, mi arrendo. Stasera siamo da te.» Luca ha già superato la delusione e come al solito si invita a casa mia.

«A meno che Enrico non le chieda di uscire.» Sottolinea la mia amica.

«Oh certo. Nonostante ne sarei dispiaciuto è l'unico motivo per cui non mi lamenterei.»

«Oh, grazie. Troppo gentile. Ora vado, devo lavorare.» Li saluto.

«Ciao.» mi rispondono in coro e poso il telefono al solito posto. Mia madre la chiamerò durante la pausa pranzo, ora non ce la faccio proprio, sono emotivamente stanca.

A volte l'amore fa dei giri immensiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora