Emma
Ho accettato di preparare io da mangiare, perché Enrico non è mai stato un bravo cuoco. Abbiamo parlato un po' di altro in quell'insolito pranzo e quando ormai anche i piatti sono al loro posto sono pronta ad andare.
Non ho trovato niente di male a rimanere.
Prendo la borsa dal divano dove l'avevo abbandonata e mi volto verso il ragazzo che ha già raggiunto la porta.
«Grazie, Enrico, per avermi ascoltata.» Presa dai pensieri positivi finisco per abbracciarlo. Lui ricambia la mia stretta. Lo sento inalare il mio profumo e trattenermi forse quell'attimo in più del necessario ma sono certa che le cose ora andranno bene.
«Grazie a te. Hai ragione: io ho bisogno di chiarire con il mio amico.» Mi allontano e lo guardo con gli occhi lucidi.
«Sì, ne sono felice.» Quando la sua porta si chiude praticamente corro per le scale. Il cielo è già buio. Il mio telefono, che prendo subito dalla borsa, non ha smesso di suonare e sono le chiamate di Sergio quelle più numerose.
Tiro fuori la chiave dal vaso, certa che Luca l'abbia nascosta lì. Mi ha mandato un messaggio dicendo di non potermi più aspettare almeno due ore fa.
Richiuso il legno alle spalle compongo subito il numero del mio ragazzo. Non so ancora se gli racconterò ciò che ho fatto oggi. In realtà anche lui mi aveva chiesto di restarne fuori.
Cammino per casa con il telefono fra viso e spalla, lancio via le scarpe e mi sfilo anche i pantaloni. Ho decisamente bisogno di una doccia rilassante. Ho sudato nell'attesa che lui mi ascoltasse e anche mentre finalmente mi permetteva di chiarire.
Niente. La chiamata stacca fino alla fine. Rifaccio il numero mettendolo stavolta in vivavoce mentre finisco di spogliarmi.
Anche questa volta nessuna risposta. Entro in doccia e lascio che lo stress scivoli via con le goccioline di acqua. Il profumo del mio shampoo fa la magia finale e quando sono avvolta nel mio accappatoio non riesco a smettere di sorridere. È andata bene. Ne sono così convinta che lo scrivo anche a Luca prima di richiamare Sergio.
«Ma dove diavolo sei?» Odio quando non mi risponde.
Forse non gli dirò niente. Potrei considerarlo un regalo di Natale. Ammicco alla mia me che mi guarda dallo specchio e salto in aria quando sento suonare il mio telefono.
Il nome del mio amore lampeggia di giallo. «Ma dov'eri?» Inizio subito un po' preoccupata.
«Potrei chiederti la stessa cosa.» Il tono serio non mi convince affatto.
«È successo qualcosa?» Smetto di guardarmi allo specchio, perché il mio viso preoccupato mi mette ansia e vado verso il salotto. Riesco ad arrivare al divano e Sergio non ha ancora detto niente. Il suo fiato è pesante come se avesse corso e ora sono davvero allarmata. «Ti prego, amore, dimmi cosa c'è?» Mi siedo con la gamba sinistra piegata sotto di me e fisso la finestra di fuori come se potessi scorgere nel buio della notte la risposta.
Un tuono riempie quel silenzio di maggior apprensione e ben presto anche le piccole goccioline che si infrangono sul vetro rendono malinconica l'aria.
«Sergio?» Io non capisco. Alla fine cedo alla forza che mi attira verso la finestra e guardo il mio quartiere fino alla strada. Ed ecco il motivo che mi spingeva a guardare. «Ma tu sei... Tu sei qui.» In poco tempo spalanco la porta e nonostante la luce fioca, i nostri occhi sono già allacciati fra loro. «Sergio!» Urlo nella sera.
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A volte l'amore fa dei giri immensi
Chick-LitImmagina che il ragazzino con cui tua madre ti obbligava a passare le vacanze sia cresciuto dannatamente bene. Immagina che, per puro caso, i tuoi genitori decidano di affittare proprio a lui l'appartamento sopra al tuo. Immagina che, quest'ultimo...