Capitolo 38

1K 33 57
                                    

Emma

La musica invita al movimento. L'odore acre del sudore mi fa arricciare il naso. Guardo quei corpi faticare e non posso che pensare che sono pazzi. Perché fare tutta questa fatica? Cielo, mi sento stanca solo ad osservarli, così intenti a svolgere l'esercizio con le goccioline che mostrano la loro fatica sulla fronte. Sono donne e uomini di età mista che alzano pesi o lanciano palle e Dio sa cos'altro.

«Emma.» La voce di Enrico è appena udibile in quel fracasso. Mi volto a guardarlo e per risparmiare ancora energia gli chiedo cosa vuole con gli occhi, che senso avrebbe parlare non mi sentirebbe e io di certo non urlo. «La lezione sta per finire. Io vado a prepararmi. Sergio è la giù.» Mi indica con l'indice un punto in fondo alla grande struttura che penso un tempo dovesse essere una fabbrica o qualcosa del genere. La sua tuta nera si confonde con il pavimento di materiale tecnico morbido, anch'esso nero ma, nonostante questo, come potrebbe non notarsi. Annuisco e lui mi lascia un bacio fra i capelli e si allontana.

Non vedo neanche dove si dirige, troppo concentrata ora a rimirare il mio ex il cui torace è stretto in una t-shirt azzurra con lo stemma della palestra sulle spalle. E che spalle. Sta aiutando un ragazzo con il manubrio pieno di pesi e i muscoli gli si tendono per lo sforzo. Il mio respiro accelera costringendomi a lasciare per un attimo l'immagine dei suoi capelli leggermente sudati e delle sue labbra strette per lo sforzo. Torno a osservare i pazzi che saltano e si agitano riprendendo così il mio controllo.

Sono appena arrivata con Enrico. Lui farà la sua lezione mentre Sergio me ne farà una privata. Ho già indosso i leggings sportivi e la maglietta fucsia che ho comprato di fretta per la pausa pranzo. Il reggiseno a fascia mi strizza il seno a tal punto che me le sento in gola e mi fanno pure male e a nulla serve il movimento nervoso che faccio per allentare un po' la pressione dell'elastico. Odio lo sport.

Mi guardo intorno Sergio non ha ancora finito. Mi muovo sulle gambe e vedo Enrico parlare con un ragazzo poco lontano da me. Oggi siamo andati a lavoro insieme ed è stato molto romantico il suo modo di tenermi la mano o di sfiorarmi il viso durante l'attesa davanti a un semaforo. Mi sento lusingata dalle sue attenzioni da tanto non le avevo e non so bene come comportarmi.

Vedo perfettamente il momento in cui Sergio mi riconosce, il suo sorriso furbo si allarga mentre alza la mano per salutarmi. Io accenno appena il movimento del palmo per ricambiarlo, non ho neanche la metà del suo entusiasmo.

Si dirige verso di me a passo deciso, guarda la classe e poi alza gli occhi sul monitor con i numeri del timer che scorrono. «Ragazzi, gli ultimi due minuti.» Varie battute fanno ridere Sergio, i ragazzi sudati e anche me. Ecco, forse, devo ammettere che l'unica cosa apprezzabile di questo posto è l'armonia. Le persone si trovano bene, si vede. Resto affascinata dal loro divertimento che per me è pura follia.

«Sei venuta?» sembra sorpreso.

«Come potevo non farlo. Enrico era entusiasta almeno quanto te.» Mi muovo nervosa sui miei piedi e lo guardo solo di sfuggita, perché se ho pensato fosse bello da lontano ora che posso percepire il suo odore intenso io vorrei solo... vorrei solo...

«Sergio!» Mi volto praticamente di scatto verso la biondina che ha finito di faticare. La vedo tutta emozionata toccarsi i capelli e sono certa stia ora qui a reclamare il suo premio per lo sforzo fatto. Sergio le sorride affabile e lei gonfia il petto con poco risultato, in realtà, vista la sua misera prima stretta in un top rosso. Mi mordo la lingua come se avessi dato voce ai miei pensieri: sono orribile. La gelosia mi è serpeggiata dentro e sono stata poco gentile e me ne sento in colpa.

Sergio risponde alle sue domande con precisione e lei sbatte gli occhi incantata dal ben di iddio che ha davanti, come biasimarla.

La lezione è finita, varie pacche raggiungono le spalle del mio ex che ricambia con sollecitudine. La mia ansia cresce: io non ce la farò. Cerco di calmarmi voltandomi verso le porte scorrevoli alle mie spalle. La palestra è a pianterreno e fuori c'è una zona per le attività all'aperto oltre che un posteggio e una zona con dei giochi per bambini. Ha pensato proprio a tutto. Osservo i piccoli giocare e sorrido per la loro spensieratezza.

Più tranquilla torno a voltarmi e Enrico avanza verso di noi con affianco una ragazza molto carina. «Emma, lei è Jessica, lavora qui al desk.» Lei alza la mano per stringere la mia e allora gliela porgo. Ha un sorriso sincero e anche se, mi correggo, non è affatto carina ma proprio bella, mi ispira subito simpatia.

«Questi due ti hanno convinta a venire, a quanto ho capito.» Alzo gli occhi prima su Enrico e poi su Sergio che ci ha raggiunto liberandosi di quella cozza.

«Sì.» Non è un suono entusiasta quello che esce dalla mia bocca e i tre scoppiano a ridere.

«Povera, per qualunque cosa vieni da me, ti difendo io da questi due.» Sembrano tutti e tre molto in confidenza ed è ovvio per me pensare al fatto che li conosco da così poco. Certo Sergio no, ma il mio Sergio non era affatto questo. Cavolo non dovevo guardarlo.

«Enrì, vai che la lezione sta iniziando, la farà Vincenzo.» Lui annuisce e corre via. «E tu.» Scuoto la testa. «Sì, tu, vieni con me.» Abbasso il capo sconsolata guardando Jessica in cerca di aiuto.

«Andrà bene Emma, Sergio è il migliore, ma se fa lo stronzo chiamami pure.» Lo colpisce al braccio e va via lasciando una scia di profumo, una nota diversa in quest'ambiente.

«Andiamo.» Mi invita a seguirlo.

«Perché dovresti fare lo stronzo?» Quale tortura potrebbe infliggermi.

«Stai tranquilla.» Camminiamo ancora.

«Mi frusterai?» Non sono davvero convinta di ciò che dico ma sono nel panico, tra pochi minuti farò la parte dell'imbranata.

«Emma, sei fantastica.» Scoppia a ridere, ma non è una risposta. Poi si ferma e sembra riflettere. I suoi occhi cercano i miei e io anche se non vorrei gli concedo di vedere la mia disperazione, ma invece di trovare comprensione, c'è ben altro in quelle iridi peccaminose. «Certo che la tua idea è interessante.» Le sue parole scivolano sul mio corpo e sotto quel manto nero sono già tremante. Le mie labbra si separano e non posso che chiedere silenziosamente: che faresti Sergio?

Un leggero ghigno fa alzare l'angolo destro della sua bocca, i suoi occhi luccicano e io mi torturo la cucitura laterale del leggings. «Andiamo forza. Ci siamo.»

Dietro quello che sembrava un muro visto da lontano, c'è una zona più tranquilla, con gli stessi attrezzi di fuori. Mi guardo attorno, nonostante la musica arrivi anche qui è meno forte e quel posto mi mette subito a mio agio, è tutto meno eccessivo.

«Allora, per cominciare, dovremo scaldare i tuoi muscoli. Oggi ti farò fare il work che hai visto arrivando, ma più lentamente.»

«Ma sei impazzito! Come posso fare quelle cose?» Scuoto la testa portando le mani sui fianchi combattiva.

«Forza vieni.» Continuo a far cenno di no.

«Io non ci riuscirò mai.» Sarà bravo ma questo è impossibile.

«Emma, vuoi provare? Dai fammi contento.» Mi si mette davanti e con l'indice alza il mio mento. «Via quel broncio, è sexy, ma non appropriato.» Subito faccio un passo indietro e spalanco la bocca. Lui se la ride e io vado sempre più in confusione. «Dai, vieni qua. Scherzavo. Forza.» Allunga la mano verso di me e senza non pochi ripensamenti alla fine cedo e lascio che la mia scivoli nella sua. «Grazie.» Ricompensata da quella parola decido di dargli retta.

Sergio inizia a raccontarmi gli esercizi come se parlasse di una storia interessante, mi dice l'origine e a quale parte del mio corpo porteranno beneficio e infine, me li mostra anche, invitandomi a guardare bene come fa il movimento. Io sono sempre stata un'alunna diligente e quindi non mi lascio sfuggire nemmeno un muscolo.

A volte l'amore fa dei giri immensiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora