Capitolo 42

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Enrico

Cerco di rimanere concentrato nella guida nonostante i miei occhi corrino continuamente a lei, che mi sta seduta accanto silenziosa. Guarda il panorama notturno correre fuori dal finestrino, con il gomito appoggiato allo sportello e la tempia sulla mano. I suoi capelli sembrano ramati alla luce gialla dei lampioni e mi viene spontaneo sfiorarli con le dita. Sono morbidi e profumati, adoro averli attorno.

Alla mia carezza le sue labbra si stendono in un sorriso e il volto si gira lentamente verso di me, rimanendo sempre nella stessa posizione. D'istinto ricambio il suo sorriso e vorrei già essere a casa per poterla riassaporare.

Per tutta la sera è stato piacevole parlare con lei e ascoltarla, ma non posso negare che sarei voluto andare via prima. Mi attrae molto e devo faticare a mantenere il mio proposito di andarci piano.

Non ne abbiamo mai parlato, non abbiamo mai parlato delle nostre storie in realtà, ma è come se percepissi ben chiaro il suo desiderio di andare con calma e voglio assecondarlo.

Dopo tanto tempo mi piace trascorrere il mio tempo con la stessa donna, odio dovermi accontentare e perdere tempo con ragazze che non hanno niente da darmi. Ripenso alla donna con cui era Sergio stasera e sono certo che a malappena si ricorderà di lei domani sera. Ovviamente, non sono un santo e mi piace il sesso, sarei un folle a negarlo, ma i momenti come questo, un leggero sfiorarsi, uno scambio di sorrisi con la persona giusta non hanno paragone. Ho provato a far capire cosa dico al mio amico, ma non ne vuole proprio sapere.

Metto la freccia per posteggiare vicino il nostro ingresso. «Mi piace questo quartiere, è sempre così tranquillo.» Spengo il motore e mi giro verso di lei.

«Sì, anche a me piace per lo stesso motivo.» Si stringe i baveri del cappotto. «Scendiamo.» Annuisco e sono subito da lei. Chiudo l'auto con il telecomando e cammino a passo lento respirando l'aria fredda che è comunque piacevole.

«Quanto mi piace l'inverno.» Non mi trattengo dal dirle con il volto rivolto verso il cielo, proprio prima della sua porta. Lei giunge fino all'uscio e si gira storcendo il naso. «Non sei d'accordo, vero?» È molto chiaro.

«No.» Ride entrando in casa e accendendo la luce. Resto a guardarla da fuori. «Non entri?» Certo che vorrei farlo, ma come potrei resistere se solo a guardarla con il capo inclinato vorrei stringerla fra le braccia.

«Forse è meglio che vada a letto.» Mi avvicino quel tanto che fa sfiorare i nostri corpi.

«Perché, non vuoi entrare?» Agrotta le ciglia lasciandomi senza parole per la domanda e per la sua bellezza. E se avessi frainteso tutto. E se lei fosse pronta.

Mi arrendo al mio desiderio e con un piccolo movimento in avanti stringo il suo viso fra le mani e premo le nostre labbra le une sulle altre. Le sue dita stringono la mia giacca e forse per la prima volta, da quando la bacio, non penso ad andar piano ma a dimostrarle che io la desidero.

La mia esplorazione continua sul suo collo e risale nuovamente alle labbra ormai gonfie per le mie attenzioni. La sua presa mi tiene vicino ma non abbastanza, vorrei sentire le sue mani su di me. Senza più freni la spingo sulla porta di legno e unisco finalmente i nostri corpi permettendole di sentire pienamente l'effetto che mi fa.

La sua lingua gioca con la mia invogliandomi a fare di più, a chiederle di più e allora lascio la presa della sua guancia pronto a sentire finalmente il suo seno nel mio palmo. Un mio gemito precede la mia mossa, accelero il ritmo del nostro bacio e quando sento la ruvidezza del cappotto insinuo la mano all'interno.

La notte non è più fredda da quando l'ho presa fra le braccia, sento il fuoco bruciarmi nelle vene e il cuore mi batte impazzito per quel nuovo contatto che le chiedo.

«Oh, scusate ragazzi.» Alla voce inattesa alzo le mani come se fossi stato beccato in flagrante da sua madre. Una donna sulla settantina si stringe nella vestaglia. «Avete visto il mio cane?»

Il respiro di Emma è accelerato, ma sfugge comunque al mio abbraccio, per dare la giusta attenzione alla nostra vicina. Come se non bastasse, anche la sagoma di Sergio si aggiunge al duetto.

«Signora, l'aiuto io.» Si propone lui, allontanandola così da noi. Emma sta con gli occhi bassi per poi scoppiare a ridere. Vorrei avere il suo stesso senso dell'umorismo.

Torno a respirare normale e a parlare solo quando sento il rumore delle voci ormai lontano.

«Mi spiace.» Davvero tanto, ammetto a me stesso. Emma si sposta dalla porta verso l'interno di casa sua e si porta la mano ai capelli mostrandomi il suo dolce profilo.

«Tranquillo, non è colpa tua.» È vero, ma non mi piace l'idea che stavo per toccarla più intimamente sull'uscio di casa, alla mercé degli sguardi di chiunque. Sembra capire ora il senso delle mie parole e un po' si imbarazza.

«Ti va di uscire domani sera?» Decido di cambiare discorso, non mi piace vederla girarsi in cerca quasi di aiuto. Quando finisco la mia domanda la vedo tornare un po' in se. Il sorriso nuovamente sul suo viso.

«Sì, con piacere.» Annuisce e sembra contenta della mia proposta e quindi lo sono anche io. Il fatto di essere stati beccati non è più un problema.

«Allora, scendo a prenderti per le otto domani sera.» Mi avvicino desideroso di sapere che è davvero tutto a posto e quando lei ricambia il mio bacio a stampo mi ritraggo più sereno. «Notte.» Faccio un passo indietro.

«Notte.» Un ultino sguardo al suo viso e mi giro per salire a casa.

Quando entro accendo le luci, cammino lungo il corridoio fino alla mia camera e vado subito a letto, ho il desiderio di continuare a pensare a lei.

La mattina in cucina trovo Sergio mentre fa colazione. Prendo la mia tazza e mi siedo al tavolo davanti a lui.

Il mio coinquilino alza gli occhi colpevole. «Mi spiace per ieri, io non pensavo che voi... beh insomma mi spiace per averti interrotto.» Scuoto la testa.

«Tranquillo, non sei stato il primo. Comunque, ho stasera per recuperare.» Parte il mio monologo sulla bella serata, su quanto sia fantastica Emma e su quello che spero accada stanotte. «Cioè, io volevo darle tempo, ma forse sbaglio a farlo.» Gli occhi di Sergio guardano la tazza azzurra che tiene fra le mani. «Secondo te che dovrei fare?»

«E lo chiedi a me. Che vuoi che ne sappia io su come trattare con le brave ragazze.» Si indica come se non mi fossi reso conto di chi ho davanti.

«Beh, vorrei un tuo consiglio, sei bravo a leggere le persone e con Emma già vi conoscevate.» Mi guarda come se fossi matto.

«Quando eravamo bambini.» Precisa prima di alzarsi dalla sedia.

«Ma anche ora siete in confidenza, l'ho notato.» Porta la tazza al lavello e la lava come se fosse ora una priorità.

«Ti sbagli, non c'è niente di che...»

«Dai Sè.» Vorrei davvero sapere da lui se è una buona idea andare oltre, non vorrei lei pensasse male e mandare tutto a monte.

«Cazzo, Enrì, ma che vuoi che ne sappia, io non vado con quelle che cercano una storia, è gia chiaro in partenza cosa vogliamo.» Sbuffo infastidito, non gli ho mica detto di provarci lui. «Però, se è vero diversa, non pensarci tanto, sarà lei stessa a farti capire cosa fare.» Si asciuga le mani nello strofinaccio bianco che poi ripone con cura nello sportello del forno. Lo osservo attentamente e noto la sua mascella più rigida e i suoi occhi che mi sfuggono. Lo mette davvero a disagio parlare di queste cose però, nonostante tutto, è un buon consiglio.

«Ora posso andare?» Prova a scherzare, ma sento la solita nota stonata che non capisco ma che rende le discussioni degli ultimi giorni diverse.

«Certo, vai pure. Grazie.» Lui va via e io torno a mangiare il mio latte.

Farò così Emma, lascerò decidere te.

A volte l'amore fa dei giri immensiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora