Emma
Dovevo aspettarmelo che il lunedì non mi avrebbe portato nulla di buono. Mi alzo con un terribile mal di testa che neanche la colazione riesce a placare. Ciondolando mi trascino in bagno e cerco nel mobiletto qualcosa che mi aiuti ad affrontare la giornata. Ingoio la pillola bianca e prendo nella mano un po' di acqua dal rubinetto per mandarla giù. Quando rialzo il viso nello specchio mi faccio quasi paura, non credo potrà fare molto il mio copriocchiaie.
Sbuffando finisco di prepararmi e quando ho tirato su i pantaloni neri, il messaggio di Enrico mi informa che sta per scendere. Cerco di mettere anche gli stivaletti ma ora capisco cosa intendeva Sergio quando mi preannunciava che lo avrei odiato. «Ahi.» Mi lamento abbassandomi molto lentamente e rialzandomi con altrettanto dolore.
«Non dovevi farmi ritornare in palestra.» Mi lamento con Enrico che se la ride dispettoso.
«Ti fanno male i muscoli?» Mi accarezza il capo mentre camminiamo lungo il vialetto.
«Tutti. Pure quelli che non sapevo di avere.» La mia battuta lo fa ridere senza vergogna e quando lo trucido con lo sguardo si avvicina per posarmi un bacio a stampo sulle labbra.
Salgo in auto con sempre maggior sofferenza e cerco di posizionare le gambe nel modo meno doloroso, ascolto Enrico parlare dell'arrivo di sua sorella.
«Arriverà venerdì sera in aeroporto quindi, da lavoro, andrò subito a prenderla.» Si ferma al semaforo.
«Okay, allora andremo a lavoro separati.» Mi sistemo un ciuffo che continua a finirmi davanti agli occhi.
«Mi dispiace, ma sì, sarà meglio, anche perché poi la porterò a Monza.» Vedo i palazzi scorrere lentamente c'è traffico questa mattina.
«Rimarrai a dormire dai tuoi?» Mi giro verso di lui e come sempre è da copertina. Le guance rasate perfettamente, i capelli ordinati, il completo coordinato grigio scuro e i suoi occhi verdi che si posano con dolcezza su di me quando possibile.
«Credo che passerò là tutto il weekend.» Prende la mia mano e se la porta alle labbra. «Ma farò in modo di essere qui per domenica. Così potremo stare un po' insieme.» Lo guardo e accenno un sorriso che dalla sua reazione felice è il gesto in cui sperava, sospiro e mi affretto a scendere quando anche lui lo fa.
«Buon lavoro.» Mi si avvicina sino a sfiorarmi la bocca e io non so perché approfondisco quel contatto, lascio che il bacio si faccia più intenso circondandogli le spalle con le braccia. Mi sento strana oggi ed è come se cercassi qualcosa in quel contatto, una conferma.
Cerco di non farmi distrarre dai rumori della mattina e quando le sue mani fanno una leggera pressione sui miei fianchi per allontanarmi resisto solo un altro minuto e poi cedo alla sua richiesta.
Il viso tirato di Enrico mi osserva dall'alto. «Se fai così non riuscirò a lasciarti andare.» La voce roca mi mostra il suo desiderio che la sua compostezza mi aveva celato. Sono stata inappropriata e ora mi vergogno. Abbasso lo sguardo sul suo collo e il suo tenero bacio sulla mia fronte e il momento prima della separazione. «Sarò da te domenica a ogni costo.» Gli sorrido ancora prima di avviarci entrambi verso gli uffici.
La settimana scivola via troppo velocemente. Non ho più avuto modo di parlare con Rosi e in realtà ci siamo visti tutti poco, siamo stati tutti impegnati con il lavoro.
Alzo la mano verso Enrico che prima di partire per il week end è passato nel mio ufficio a salutarmi. In realtà ci siamo incontrati giù nell'atrio sotto lo sguardo di disprezzo del mio collega Flavio verso il ragazzo che ha osato baciarmi prima di andare via.
Sto lì a muovere la mano avanti e indietro sul ciglio della strada fino a quando la sua auto non scompare alla mia vista ed è in quell'attimo esatto che tutta l'ansia che era sopita dentro di me esplode nel mio petto come tanti piccoli aghi.
Quel qualcosa che cercavo lunedì, in quel bacio di saluto, non mi è ancora chiaro se non per il fatto che non l'ho trovato, né quel giorno né gli altri a venire. Fino a pochi minuti fa non me ne ricordavo neanche ora, che invece cammino verso la mia auto, mi tortura i pensieri.
Appena salita in auto chiamo subito Rosi, non credo di poter più attendere per quella chiacchierata.
«Ciao tesoro.» La sua voce allegra mi rasserena un po'.
«Ti va di venite stasera da me?» Tamburello con le mani sul volante.
«Sì, dammi almeno un'altra ora però. Aspetto l'ultimo cliente.» Sento il rumore di fogli in sottofondo.
«Perfetto, grazie, a dopo.» Chiudo ed eccomi nuovamente agitata, accendo la musica per distrarmi e devo dire che canticchiare mi aiuta. La città scorre lentamente è il tipico intasamento del fine settimana, sbuffo guardando una vetrina mentre aspetto che il semaforo diventi verde e quando sento il telefono suonare rispondo dal volante senza neanche guardare di chi si tratti.
«Emma, scusa.» Il mio pronto scompare sotto le sue parole e la musica della sua palestra. «Ho un problema ed Enrico mi ha detto di essere già quasi all'aeroporto...» Rilascio il respiro che si era bloccato al mio nome pronunciato dalla sua voce.
«Sergio?» Sono proprio stupida. Non credo mi servisse la conferma.
«Sì, scusa, sono io. Ho perso la chiave dell'auto e ho bisogno della copia che è a casa. Mi puoi aiutare?» La sua voce speranzosa non mi permette di inventare nessuna scusa per stargli lontana. Anche se non capisco perché dovrei farlo.
«Certo, dammi il tempo di arrivare da te.» Cerco di ricordare la strada per la sua palestra, le uniche volte che sono andata guidava Enrico.
«No, se hai la chiava di sopra e sei a casa puoi prenderla tu e portarmela.» All'invito ad andare da lui il mio fiato si accorcia nuovamente.
«Okay.» Il suono è spaventato ma Sergio non sembra farci caso perché inizia a spiegarmi dove la posso trovare in camera sua. Alla fine credo di aver capito e chiudo la chiamata.
Quando varco la porta di casa loro, dopo aver recuperato la chiave a casa mia, mi sento tremendamente in imbarazzo. Non sono praticamente più salita qui su da quando sono arrivati e mi viene naturale guardarmi in giro curiosa.
Supero velocemente il salotto e arrivo nella parte delle stanze. La prima porta alla mia destra e semiaperta e quando spingo l'anta sono certa sia quella di Enrico, il suo profumo è nell'aria e riconosco anche i vari vestiti abbandonati sulla sedia. La scrivania accanto alla vetrata è piena di fogli, cd sembra uno svuota tasche. Il blu è il colore dominante e mi stupisco nel trovare quel disordine, lo facevo perfezionista e invece anche in lui c'è un po' di confusione.
Guardo le foto sul mobile e sono quasi tutte della sua famiglia, li vedo sorridere felici verso l'obiettivo e si percepisce che sono davvero molto uniti.
Richiudo la porta così come l'avevo trovata e spingo indietro quella della stanza di Sergio. Anche qui sento l'odore speziato del suo dopobarba e mi ritrovo a ispirarlo vergognandome subito dopo.
L'ambiente è minimal mi guardo attorno in cerca di qualche foto ma non trovo niente che mi parli di lui se non per i libri che riempiono una parete. Non ricordavo che amasse leggere, mi avvicino ai diversi volumi colorati e leggo qualche titolo notando che c'è un po' di tutto.
Accarezzo con le dita il piumone nero e giro e mi rigiro intorno in cerca di qualcosa. Mi sento strana dentro il suo ambiente e alla fine, anche se non dovrei, mi siedo sul letto. Il comò di cui mi parlava al telefono e proprio davanti a me, come mi aveva descritto, sopra è posato il portatile e accanto la scatolina di legno intagliato dove troverò la chiave che dovrei prendere subito e andare ma invece mi volto verso il comodino. Il caricabatteria nero è arrotolato su se stesso e poi un altro libro insieme riempiono lo spazio piccolo di legno.
Sfoglio le pagine senza leggere davvero le parole, la mia mente è troppo stupita nel sapere che abbiamo qualcosa in comune, non me ne ha mai fatto cenno e quando eravamo piccoli mi chiedeva spesso cosa ci trovassi di interessante nelle mie letture e ora scopro che lo sapeva perfettamente.
Stringo quel tomo in petto e mi sento travolgere da una brutta sensazione che riconosco subito e questo non va bene.
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A volte l'amore fa dei giri immensi
ChickLitImmagina che il ragazzino con cui tua madre ti obbligava a passare le vacanze sia cresciuto dannatamente bene. Immagina che, per puro caso, i tuoi genitori decidano di affittare proprio a lui l'appartamento sopra al tuo. Immagina che, quest'ultimo...