56. Questo non è niente?

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Passarono alcuni giorni dall'ultimo episodio e dicembre era quasi alle porte.
Avevo perdonato Federico, inoltre, gli chiesi scusa, avevo sbagliato anche io, ma una promessa continuava a pervadere la testa, così presi quella decisione che non avrei mai preso a mente lucida.
Lo chiamai, chiamai Simone, avevo bisogno di stare con lui, di parlargli.
Così ci demmo appuntamento alle 21 a Perugia, ma lontano da occhi indiscreti. Parcheggiai la macchina vicino a una panchina, presi anche Lily e mi sedetti guardando la città più magica che abbia mai visto.
Dopo qualche minuto sentii una macchina arrivare, un motore spegnersi e una porta chiudersi.
Non mi girai, non ne avevo il coraggio.
Si sedette vicino a me e cominciò a carezzare la testa di Lily.

-tieni- gli passai il barattolino di pasticche antidepressive. -così sono che non le prenderò più, voglio finirla di rovinarmi.- continuai, lo sentii sospirare.
-avevi smesso di prenderle. Perché hai ricominciato?- chiese lui prendendomi la mano.

Fu in quel preciso istante che mi girai.

-perché la DPTS rimane, ma la depressione in se va e viene, ed ritornò quando me ne andai da Trento- risposi alla sua domanda.
-posso dirti due segreti?- chiese guardandomi negli occhi, così annuii. -il giorno che eri partita, ero venuto da te, volevo lottare per noi, ma era troppo tardi, te n'eri già andata- dichiarò -eri partita da pochi minuti- continuò.
-Mi dispiace per come sono andate a finire le cose fra di noi- abbassai la testa.
-potremmo ritornare- disse alzandomi il mento, ma negai.
-ti ho fatto venire qua perché questo è un addio. Federico ha detto che le cose tra me e lui non stanno andando bene da quando sei ritornato nella mia vita, così gli ho promesso che non ti avrei più rivisto.- dichiarai mentre delle lacrime amare mi rigavano le guance.
-ti ha fatto qualcosa?- chiese, ma negai.
-no- sussurrai con voce tremante
-ripeto, ti ha fatto qualcosa?- ripeté.
-Tranquillo, ha detto che non l'ha fatto apposta, è capitato, era arrabbiato.- risposi.
-dove?- chiese, mi tolsi la sciarpa facendogli vedere i segni sul collo, poi tolsi il cappotto, alzai le maniche del maglione e gli feci vedere le braccia. -e questo è non farlo apposta? E questo è capitato?- era incazzato, molto incazzato.
-ma lui mi ha detto che non l'ha fatto apposta.- ripetei.
-è la prima volta che succede?- chiese, ma negai. -io lo ammazzo- si alzò incazzato.
-no Simone, ti prego, non voglio che succeda qualcosa- lo pregai, ma la furia che era in lui non lo fece ragionare, così partì in fretta per casa sua, perché si, sapeva dove abitava.

Salii in macchina, non prima di aver messo dietro Lily e poi partii seguendolo.
Arrivai sotto casa del mio fidanzato, lo vidi scendere e correre al campanello, così parcheggiai di fretta e male, prima di uscire per affrettarmi ad arrivare da lui, lasciando Lily in macchina.

-Simone ti prego non fare cazzate- lo pregai nuovamente.
-ora se la deve vedere con me- disse lui.

Federico aprì la porta, passò lo sguardo da me a Simone, ma quest'ultimo non gli diede il tempo di fare qualsiasi cosa che lo prese per il colletto della maglia e lo sbatté al muro.

-pezzo di merda, sei un bastardo- disse Simone incazzato.

Arrivò così il primo pugno a Federico.
Non potevano competere di altezza, ma Federico aveva fatto box da piccolo, e la mia paura era quella che facesse male a Simone.

Incominciarono così a picchiarsi.
Presa dal panico, chiamai alcuni compagni di squadra di Simone.

-Camilla è successo qualcosa?- chiese Roberto, il primo che rispose.
-S...Simone e Federico si stanno picchiando, ho paura- cominciai a piangere.
-mandami la posizione, arrivo con Seba- rispose e così dopo che staccai la chiamata gli mandai la posizione.

Dopo circa cinque minuti vidi una macchina arrivare, dalla quale, successivamente uscirono Rob e Seba. 
Che corsero a dividere i due che intanto continuavano a picchiarsi.

-non finisce qua stronza di merda, ricordatelo- urlò Federico, che era tenuto da Roberto.

Simone riuscì a liberarsi dalla presa di Sebastian e gli tirò un cazzotto in pieno volto.

-non provare più a fare una cosa del genere alla persona che amo- disse prima di girarsi verso di me. -andiamo, Seba prendi la mia macchina, ci vediamo domani mattina in questura- continuò.
-no, no Simo, ho paura- confessai.
-tranquilla, ci sono io- mi abbraccio.

Entrammo in macchina e partimmo per andare a casa mia.
Appena arrivammo lo feci sedere su una sedia in cucina, andai a prendere la cassetta con il kit medico e cominciai a medicarlo.

-posso vederli?- chiese quando finii. Sospirai annuendo, mi tolsi il maglione rimanendo in reggiseno. Toccò le parti di pelle coperte dai lividi, mentre io rabbrividii al solo pensiero di quelle serate passate a piangere dal dolore.

Cominciai a piangere, mi scansai da lui rivestendomi.

-non ce la faccio- dichiarai mettendomi le mani nel capelli.

Simone si alzò dalla sedia e mi abbracciò senza dire niente, mi strinse a se, per farmi capire che lui ci sarebbe stato sempre.

-ti amo Camilla, non permetterò a nessun'altro di farti del male- sussurrò prima di darmi un bacio tra i capelli.

Restammo così abbracciati nel silenzio della notte, mentre le mie lacrime bagnavano la sua maglia e le sue braccia mi cullavano, cercando di farmi calmare.

NEL BENE E NEL MALE - Simone GiannelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora