60. Processo

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Il giorno del processo era arrivato, i miei genitori arrivarono da Rossano il giorno prima e stessa cosa i miei fratelli.
La mattina mi sveglia e mi feci una doccia rigenerante, ne avevo bisogno per sbollire l'ansia.
Non feci neanche colazione, non avevo fame, l'ansia mi mangiava dentro, così mi vestii mettendomi un tailleur blu notte con una camicia bianca sotto, dei tacchi del medesimo colore, lasciai, con una scusa, Lily a casa di Giorgia e mi diressi in tribunale.
Lì davanti ad aspettarmi c'erano i miei genitori, i miei fratelli e il mio avvocato.

Mancava solo una persona.

Mancava lui, con il suo sguardo confortevole, con le sue parole dolci, che mi facevano calmare ogni volta.

Ho sperato fino all'ultimo che arrivasse, ma purtroppo non fu così.

Venimmo chiamati in aula, da una parte c'eravamo noi, dall'altra c'erano i genitori di Federico, con il proprio figlio.

Dopo circa dieci minuti arrivò il giudice e il processo cominciò.

-chiamo, per la deposizione, la signorina Camilla Lavia- disse il giudice.

Mi alzai e andai a sedermi.

-allora signorina Lavia, spieghi cos'è successo la sera in cui è stata violentemente picchiata dal signor Minsoni?- chiese.
-certo- risposi, cominciai a parlare ma la porta dell'aula venne aperta facendo comparire Simone.

Era venuto, era venuto da me, era venuto a darmi forza.

-qualche sera prima ero andata da Federico, con l'intento di chiedergli scusa. Però discutemmo nuovamente e fu la prima volta in cui lui mi alzò le mani.- presi un respiro per poi continuare -Mi chiese scusa e mi disse che mi amava, ma non mi feci abbindolare e me ne andai. Puoi pensai che forse aveva ragione, che era solo un po' alterato, che non sapeva cosa stesse facendo, ma qualche giorno dopo venne a casa mia per chiarire, ma mi picchiò, mi tirò vari calci nello stomaco...- mi stoppai cominciando a piangere al solo pensiero -mi scusi- dissi prima di riprendere a parlare. -poi mi minaccio che se non avessi chiuso i rapporti con un mio grande amico, mi avrebbe fatto di peggio- continuai asciugandomi le lacrime.
-obiezione signor giudice- disse l'avvocato di Federico.
-obiezione respinta- rispose
-signor giudice, vorrei porre qualche domanda se possibile- disse l'avvocato
-va bene- disse il giudice.

Così si alzò in piedi e venne verso di me.

-signorina Lavia chi fu il soggetto dei continui litigi fra lei e il mio cliente?- chiese
-obiezione signor giudice, domanda non pertinente.- disse il mio avvocato alzandosi in piedi.
-obiezione accolta. Avvocato Rinaldi, faccia domande più pertinenti- disse.
-se il mio cliente le avesse fatto del male già tempo prima della denuncia, come mai non ha sporto subito denuncia dell'accaduto?- chiese
-perché da una parte volevo credere che lui non l'avesse fatto apposta, dall'altra avevo paura di ciò che mi avrebbe potuto fare.- risposi sinceramente.
-soffre di qualche malattia psichica signorina Lavia?- chiese
-obiezione, domanda impertinente al contesto- intervenì il mio avvocato.
-obiezione accolta- rispose il giudice. -la invito a porre un'ultima domanda avvocato Rinaldi- continuò.
-okay.- rispose prima di rivolgersi a me -è vero che il giorno prima di sporre denuncia, è andato a casa del mio cliente accompagnata da un suo amico, che ha violentemente picchiato il mio cliente?- chiese.
-non l'ha violentemente picchiato e io imploravo che la finissero entrambi.-
-se lei avesse implorato, perché ha chiamato rinforzi?- chiese.
-perché non riuscivo a dividerli- risposi.
-okay avvocato Rinaldi può tornare al posto e anche lei signorina Lavia.- disse il giudice.

Tornai al posto sedendomi affianco al mio avvocato.

-signor giudice, vorrei porre delle domande al signor Federico Minsoni.- dichiarò.
-va bene avvocato Famelia- rispose il giudice, così cominciò l'interrogatorio per il mio ex ragazzo.

Il mio avvocato prese una busta e andò vicino a Federico.

-allora signor Minsoni, ha mai fatto qualcosa alla mia cliente?- chiese
-no, mai- rispose.
-lo sa che dichiarare il falso è un reato che può comportare fino a sei anni di reclusione?- chiese e lo vidi ingoiare un boccone amaro.
-ne sono consapevole- rispose.
-allora se è tanto convinto di non aver fatto niente alla mia cliente, perché ha questi ematomi sul corpo?- chiese mostrando delle foto di qualche settimana fa.
-obiezione signor giudice, quelle foto potrebbero essere false-
-obiezione respinta, avvocato Famelia, me le può portare qui?- chiese il giudice.
-certo signor giudice- rispose dandogliele.
-le faremo controllare da un team d esperti, ma è evidente che questi sono veri ematomi- rispose controllandole. -vada pure avanti-
-allora signor Minsoni, perché ha ricorso alla violenza?- chiese.
-non ho usato nessun tipo di violenza, lei mi stava tradendo.- dichiarò.
-io non ti ho mai tradito, mi hanno solo inviato un messaggio- affermai alzandomi in piedi.
-signorina Lavia si sieda oppure sarò costretto a mandarla fuori- mi riprese il giudice.
-mi scusi- risposi sedendomi.
-per me è apposto, le ripeto però che dichiarare il falso davanti ad un giudice, in tribunale, è un reato molto grave.- rispose il mio avvocato sedendosi vicino a me.

In aula calò un silenzio tombale, il giudice si stava appuntando delle cose sul foglio.
Dopo interminabili minuti di silenzio il giudice prese parola.

-come sapete questo e solo una parte del processo, più avanti ci sarà la sentenza. Per ora il signor Minsoni ritorna a casa, ma ha un'ordinanza restrittiva, quindi se solo si avvicina all'abitazione della signorina Lavia o qualora si trovassi in giro non sta a una distanza minima di 20 metri di distanza riceverà una denuncia e l'arresto immediato, che aggraveranno la sentenza finale.- dichiarò il giudice battendo il martello.

Ci alzammo in piedi e uscimmo dall'aula.
Subito fuori, corsi ad abbracciare Simone.

-stavo perdendo le speranze di vederti oggi- sussurrai.
-e invece sono venuto- rispose dandomi un bacio sulla testa.
-ragazzi, noi andiamo in Hotel e poi andiamo a farci un giro, così tu ti puoi riposare tesoro.- disse mia madre
-va bene, grazie- risposi abbracciando tutta la mia famiglia.

Ci dirigemmo verso i parcheggi, ognuno dei miei famigliari prese la propria macchina e così restammo solo io e Simone.

-domani pomeriggio ho allenamento, se vuoi domani mattina puoi venire da me- gli dissi.
-okay, sta sera vuoi venire a cena da me?- chiese.
-va bene. Ti dispiace se porto anche Lily?- chiesi.
-no, certo che no- rispose.
-va bene, allora a sta sera- lo salutai prima di prendere la macchina e andare a casa di Giorgia a riprendere la mia Lily.

NEL BENE E NEL MALE - Simone GiannelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora