Capitolo 5

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Astrid
Dopo aver ritirato gli inviti dalla tipografia, ci immettiamo in autostrada. Questa volta mi siedo sul sedile anteriore per non disturbare Elia che, nel frattempo, si è addormentato. In questo modo posso parlare con Veronica tranquillamente, senza che il bambino si svegli.

«Guarda, un cartello per Trenton!» esclama Veronica, prendendosi gioco di me.

«Ma come sei spiritosa» dico, con un sorrisetto nervoso.

Veronica, come Asia, Luke, Brad, Megan e i miei genitori, fin dal primo momento che ha saputo la mia storia con Jason e il bambino, mi ha sempre consigliato di dire tutta la verità al padre. Secondo lei e secondo loro è la cosa giusta da fare e, nel sentirmelo ripetere dieci volte al giorno tutti i giorni, mi sa che quella che ha più sbagliato e continua a sbagliare in tutta questa storia sono io. Perché se dieci persone dicono tutti la stessa cosa, chi ha ragione? Io o loro? Il dubbio è evidente e la risposta ancora di più. Jason dovrebbe saperlo. Sono stata egoista? E se invece volesse davvero fare parte della vita di Elia? Ma come devo fare? Vado da lui e gli dico: «Ehi, lo so che non ci vediamo da tre anni. Siamo praticamente di nuovo degli sconosciuti. Ma, sai? hai un figlio e pure bello cresciuto». Mi sembra una grandissima stronzata. Anche perché, dopo averglielo tenuto nascosto per tre anni, se volesse tagliare i ponti con me, lo capirei perfettamente. Gli ho tenuto nascosto un bambino, il suo e non è una cosa da poco.
Avrei due opzioni: a) non dire niente e continuare come se nulla fosse; b) dire tutto e farsi odiare per sempre. Non vedo miglioramenti in nessuno dei due casi.

«Sai come la penso e non ci metto niente a prendere la prossima uscita per Trenton» continua Veronica.

«Be', allungheremo la strada senza motivo, in più Elia è stanchissimo e lo vorrei mettere a letto».

«Tenton, Tenton» urla Elia.

Ma non dormiva? Mi giro a guardarlo e mi sorride contento. Non posso fare altro che sorridere di rimando per quanto è dolce. Poi, chiedo: «Ma amore, non hai sonno?».

«No, voio ocare» risponde lui triste.

Ma è possibile che anche mio figlio mi mette i bastoni tra le ruote? Anche se ha ragione anche lui a lamentarsi. Questa gita in macchina non era programmata e a quest'ora avremmo dovuto essere in mezzo al fango a sporcarci le mani nel parco sotto casa.

«Astrid, sto prendendo l'uscita per Trenton» mi avverte Veronica.

«Tenton, Tenton».

«Bravo amore, Trenton» lo incoraggia Veronica.

«Bene, accomodati pure. Facciamo un giro e torniamo a casa» dico disinteressata.

La mia risposta tranquilla è data dal fatto che la città conta oltre ottantamila abitanti, quante possibilità ci saranno di incontrare proprio lui? Infinite. Per cui, non c'è nessun pericolo. «Ma poi la conosci la città?» chiedo. «E se ci perdiamo?».

«Se ci perdiamo chiamiamo Jason e ci facciamo tirare fuori dai guai» dice lei, sarcastica.

«Le tue idee sono sempre... geniali».

«Grazie, tesoro. Lo so».

Pensavo comunque che Veronica scherzasse, ma ha davvero presa l'uscita per Trenton. Arrivati nel centro città inizio a guardarmi intorno, nella speranza di vederlo. Non sono venuta qui per questo, ma rivederlo, dopo tre anni, mi potrebbe fare bene. Sono curiosa di sapere come è diventato, più che altro. Magari, parlandogli, il mio cuore potrebbe mettersi in pace. Magari è solo la mia immaginazione che mi fa credere di essere ancora innamorata di lui, che tutto quello che ho provato fino ad ora non è altro che un ricordo senza fondamenta. Un'illusione.

Niente.

I miei pensieri vengono interrotti quando Veronica spegne l'auto.

«Cosa stai facendo, scusa?» chiedo, guardandola con aria interrogativa.

«Mi sono fermata perché non ce la faccio più a guidare».

«Guarda che posso guidare benissimo anch'io. Se eri stanca bastava dirlo e perché ti stati togliendo la cintura di sicurezza? Credevo di essere stata abbastanza chiara. Un giro – in auto - e basta».

«Astrid, rilassati. E scendi da quell'auto. Guarda» dice, indicandomi un punto alla mia destra. Inizio a sudare freddo con la paura nel cuore che appena mi giro lo vedrò ma mi torna in mente una cosa: Veronica non ha mai visto Jason. Mi impongo così di calmarmi e la paura si dissolve. Mi giro e vedo l'entrata di un parco giochi. Elia inizia ad agitarsi perché è seduto da più di due ore su quel seggiolone. Dopotutto, se scendiamo per qualche minuto dall'auto non cambierà la situazione.

Continuo a ripetermi che non lo vedrò come un mantra.

Ovviamente il parco giochi di Trenton non è attrezzato come quello di New York, ma c'è tutto quello che serve per far divertire Elia. Devo dire che aspetto da tutta la settimana il week-end, ma già solo il sabato mi distrugge. Il mio piccolo sembra instancabile quando gioca e mi sembra di non riuscire a stargli dietro. Per fortuna Veronica è sempre al mio fianco, pronta a darmi una mano in qualsiasi situazione. Per questo posso rilassarmi sulla panchina mentre lei spinge Elia sull'altalena. Anche lei fa parte della famiglia adesso. E poi Elia la adora. Non c'è mai stato un giorno in cui abbia fatto dei capricci per rimanere da solo con lei.

Come credevo, non abbiamo visto nessuno di mia conoscenza, anche se un po' ci speravo.
Riuscire a trovare un uomo in mezzo a ottantamila è come cercare un ago in pagliaio. 

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