Capitolo 65

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Astrid
Quando arriviamo a casa di Jason mi metto subito all' pera per preparare da mangiare, mentre lui ed Elia giocano felici sul pavimento.
Da quando Jason sa di Elia si comporta in una maniera che mi ha fatta innamorare di lui ancora di più. Conoscevo i suo lato dolce, ma non fino a questo punto. Vederlo rapportarsi con un bambino piccolo è la cosa più tenera che io abbia mai visto. E questa mattina se ne sono accorte in molte.

«Hai visto come ti guardava la commessa del supermercato?» chiedo.

«Ma cosa dici? Guardava Elia. Come si fa a non guardare il bambino più bello del mondo?!».

«Guardava l'insieme» affermo, riferendomi a loro due insieme. Jason è un uomo sexy, accanto a suo figlio poi, è la cosa che tutte le donne vorrebbero avere.

«E tu che ne sai?» risponde divertito.

«Lo so perché anche la ragazza della concessionaria se n'è accorta». E perché anch'io l'ho notato, vorrei aggiungere.

«Uh. Io guardavo solo te quindi non me ne sono accorto» dice con un sorriso.

«Ah ah! Molto spiritoso» ribatto con una risata sarcastica.

«Ma è vero, baby. Stamattina sei...».

Jason non termina la frase, ma l'occhiata eloquente che mi lancia dice tutto. Alzo un sopracciglio e aspetto che continui, ma non lo fa e ritorna a giocare con nostro figlio.

Il fatto che dica così mi rende felice e mi mette leggermente in imbarazzo. Mi sento la diciannovenne che ero quando stavo con lui. Con tutte le emozioni e le sensazioni che mi faceva provare e che tutt' ra mi fa provare. E il fatto che mi chiami ancora "baby" o "piccola" mi fa sperare che tra noi possa esserci qualcosa.

Dopo aver finito di mangiare e aver messo tutto a posto, porto Elia nella sua nuova cameretta che nel frattempo si è addormentato. Non avevo considerato che dopo pranzo sarei rimasta "bloccata" - si fa per dire - a casa di Jason.

Lo raggiungo sul divano e iniziamo a parlare del più e del meno. Dopo un po' guardiamo la tv e ridiamo insieme per le battute del film. Vorrei non trovarmi in questa situazione... Tutto ciò non fa altro che far aumentare le mie aspettative e alla fine non voglio ritrovarmi con in mano un pugno di mosche. Tutti questi momenti mi riportano sempre indietro nel passato quando ero felice e avevo lui. Adesso che lo osservo mi accorgo di quanto sembri sereno. La tensione che aleggiava tra noi qualche mese fa si poteva toccare con mani. Adesso siamo tranquilli in questo silenzio che sembra non pesarci. Come se non avessimo bisogno di parlare per stare bene insieme.

«Perché continui a guardarmi così?» chiede Jason, sorridendo compiaciuto.

Si vede che si diverte ad avermi beccata a fissarlo e io, da vera idiota quale sono, non mi ero nemmeno accorta che lo stavo osservando insistentemente da parecchi minuti.

«Così come?» chiedo.

Faccio finta di niente e distolgo lo sguardo perché sono in imbarazzo. Non voglio che Jason veda le mie guance rosse.

«Così come se fossi una ciambella al cioccolato» afferma.

«Una ciambella al cioccolato?» chiedo, scoppiando a ridere. «Comunque, nulla. Riflettevo su alcune cose, per questo mi sono incantata a guardarti».

«Su che genere di cose?».

«Su niente».

Non voglio parlargliene. Soprattutto se so quello che pensa su noi e quello che ha detto a Justin. Cerco di chiudere la conversazione sporgendomi oltre il tavolinetto di fronte al divano e prendo il libro che c'è sopra.

«Che leggi?» chiedo, cambiando discorso.

«Niente» dice, cercando di prendermi il libro dalle mai.

«Fammi dare un'occhiata» esclamo, allontanandomi sul bordo del divano più lontano da lui. «Ti vergogni a farmi vedere quello che leggi?».

«Non è per quello» dice, tutto ad un tratto serio.

«Letteratura spagnola. Zafòn è interessante, anche se ancora non ho avuto modo di leggerlo».

Quando apro il libro, dal mezzo cade un cartoncino bianco un po' sciupato. Deve essere il segnalibro. E, quando lo giro e mi accorgo cos'è, non solo perdo la pagina segnata, ma rimango un po' sbalordita. Sbalordita perché in fatto di fantasia io e Jason sembriamo essere "sincronizzati". Anche in mezzo al libro che sto leggendo io c'è una foto di noi due.

Lo guardo in silenzio per chiedere spiegazioni e attendo che parli. «È solo un segnalibro» dice, leggermente in imbarazzo.

Adesso capisco perché non voleva che prendessi il libro. Non era a disagio per quello che leggeva, ma per quello che conteneva. Perché voleva nascondermela? Anche se a questo punto era meglio che non vedessi la foto. Quelli siamo noi felici e lui sminuisce il tutto con è solo un segnalibro.
Non mi sbaglio mai...
Quello che ho io non è solo un segnalibro. Il mio è un promemoria. Quella foto mi ricorda che sono ancora innamorata di lui. Quando mi ha lasciata, mi sono ripromessa di far sparire tutti i ricordi che avevo di lui nel momento in cui non l'avessi amato più. Quel segnalibro è stato sempre lo stesso per tre anni ed è la prova che i miei sentimenti per lui non sono mai cambiati. Anzi, mi ricordano più che mai di quanto sono stupida perché do importanza a cose che per lui non sono niente.

Nonostante sia un po' delusa dalla sua frase, decido di non dargli peso e sistemare il casino che ho combinato.

«Ti ricordi a che capitolo eri? Ho perso il segno».

«Non fa niente. Ero al quattordicesimo, comunque» dice.

Metto tutto per come era prima e ritorno a guardare la televisione. Il silenzio tranquillo di poco prima sembra essersi tramutato in tensione e pesa su di noi come un macigno.

Mi appoggio al divano e chiudo gli occhi nella speranza di addormentarmi un po'. L'ultima cosa che vedo – prima di dormire – sono i suoi occhi che mi scrutano con pentimento.

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