Capitolo 56

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Jason
«Pranziamo insieme?» chiedo ad Astrid, mentre ci incamminiamo verso il nido.

Sì, so che non è quello che avrei dovuto dire. Astrid non accenna a prendere il discorso di ieri sera e io sono troppo codardo per farlo. Pensavo che i fiori sarebbero stati un ottimo spunto per affrontare l'argomento, ma ho cozzato anche stavolta. Per tutta la mattina l'ho osservata e non ha accennato neanche mezzo sguardo nella mia direzione. Ha lavorato incessantemente per tutta la mattinata, passandomi telefonate e prendendo appuntamenti e, terminato il lavoro di ufficio, si è messa a pulire. Sì, proprio pulire! Il modo frenetico in cui lo faceva mi ha stranito. Era talmente concentrata che sembrava totalmente catturata dalle sue stesse azioni.

«Ho già preso un impegno con Justin» afferma in tono piatto.

Mi mordo la lingua a faccio di tutto per tenermi quello che ho in pancia... nella pancia. Ieri sera sono stato diretto e non è stato apprezzato. Non ho avuto tatto, okay, ma ho detto la verità.

«Non dovrebbe lavorare?».

«É in pausa pranzo come tutte le persone normali» ribatte, scocciata.

«Ed Elia?» chiedo.

«Il bambino viene con me» afferma fredda.

«Cosa? Non puoi portarlo con te e Justin. Lui si confonderà» protesto.

«Senti, Jason, il bambino è abbastanza intelligente da capire le differenze e lo porto con me dove voglio. E poi, perché dovrebbe confondersi?».

«Sono io suo padre! Non può vederti con un altro. E... e...». E sono geloso marcio!

«E cosa? Non sai neanche tu cosa dire. Elia ha già conosciuto Justin e sta' tranquillo che non era affatto confuso».

A quell'affermazione, la mia espressione si indurisce. Devono essersi visti ieri, quando io non c'ero. Mi fa rabbia che abbia scelto di fargli conoscere un altro uomo senza dirmi niente. Vorrei poter alzare la voce, ma mi rendo conto di aver già combinato abbastanza casini per il momento e mi trattengo, prima di fare una scenata davanti il diretto interessato.

Justin è in piedi all'ingresso del nido che sorride come uno scemo. Lo capisco che la vista di Astrid lo destabilizzerà ma non c'è bisogno di essere così estremamente falsi. So cos'ha in mente e aspetterò il momento giusto per smascherarlo di fronte a lei. Astrid deve rendersi conto che il pensiero di questo dottorino del cazzo è solo uno e io non gli permetterò di portarsela a letto. Lei è mia e nessun altro - oltre me - deve toccarla. Sopporto a stento che la guardano, figuriamoci altro.

«Ti stavo giusto aspettando» esordisce lui, rivolgendosi ad Astrid.

Il sorriso sul volto di lei è in netto contrasto con l'espressione che ha mantenuto per tutta la mattinata. Sorride sincera e credo che prenderò l'ennesima bidonata. Ed è così quando li vedo avvicinarsi e baciarsi su entrambe le guancie. Justin tenta un breve abbraccio, ma Astrid non glielo lascia fare. Sono soddisfatto e faccio di tutto per non esultare palesemente e risultare infantile. Se fossi stato solo, a quest'ora, avrei fatto i salti di gioia. Nel senso letterale del termine.

«Jason, giusto?» chiede Justin, porgendomi la mano.

«L'unico e il solo» affermo, stringendogliela.

Ricevo poi un'occhiata di disapprovazione da Astrid per aver detto quella frase. Giuro che non so più cosa dire. Qualunque cosa faccia non le sta bene. Prendo sul serio in considerazione l'idea di starmene zitto, ma non credo ci riuscirei.

Seguo i due all'interno dell'asilo e mi sento il terzo incomodo. Anche perché sono letteralmente dietro di loro, come un fottuto cagnolino scodinzolante. Ma voglio precisare che scodinzolo solo ed esclusivamente dietro la mia donna.

Dopo aver preso i bambini, devo dire che Justin in compagnia di sua figlia, mi innervosisce ancora di più. Non per la bambina, Susy, come la chiama Elia, è dolcissima. È proprio lui che sembra troppo perfetto con quel batuffolino in braccio. Sembra quasi una brava persona. E Astrid sembra notarlo perché osserva la bambina con occhi adoranti. Quindi le opzioni sono due: o gli piacciono i bambini in generale, o vede in Susy e Justin qualcos'altro. Quel qualcosa che io vedo con lei e mio figlio.

«Allora, andiamo?» chiede Astrid. Sembra che abbia premura di liberarsi di me.

«Certo, andate. Io porto Elia a casa con me. Mi inventerò qualcosa preparare da dargli da mangiare» la provoco.

«Cosa? No, Elia viene con me!» protesta.

Non abbiamo finito il discorso di poco prima, ma sono più che deciso a stare con mio figlio.

«No, invece. Appena avrai finito di pranzare puoi raggiungerci a casa mia. Penso che Justin sia così gentile da accompagnarti da me. Dico bene, amico?» dico beffardo.

«Certo, nessun problema» risponde lui. Non sembra turbato, ma a quanto vedo, recita bene.

«Jason, ne avevamo parlato. Il bambino è mio e lo porto con me. Fine della storia» insiste.

«Astrid, mi dispiace correggerti, ma il bambino è nostro e ho deciso che oggi rimarrà con me!» affermo deciso.

«Scusate se mi intrometto» interviene la testa di cazzo. «Non credo sia il massimo litigare davanti Elia. Jason, puoi unirti a noi, se vuoi».

«No, facciamo che...» sta per protesta sera Astrid.

«Ma certo» accetto nello stesso istante in cui Astrid cerca di smontare tutto. «Credo sia un'ottima idea!».

Grazie coglione! Credo che ci sarà da divertirsi.

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