Capitolo 16

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Jason
Raggiungo casa di Astrid davvero in pochissimo tempo. Potrei pure sbagliarmi, ma non penso che il suo messaggio sia stato solo un semplice messaggio. Se la conosco un minimo c'è qualcos'altro dietro. Arrivo, così, davanti al portone d'ingresso e suono il campanello. Dopo qualche secondo suono nuovamente, ma non ottengo nessuna risposta. Suono una terza volta finché alla fine decido di chiamarla direttamente. Dal momento che non risponde neanche al cellulare, provo a suonare nuovamente, questa volta incantando un po' il campanello. So che potrebbe sembrare immaturo da parte mia, ma sto iniziando ad innervosirmi. A questo punto vuol dire che Astrid non sarà in casa. Guardo l'orologio e sono le otto di domenica sera. Dal momento che non è tardi, decido di aspettarla qui davanti, nella speranza che qualcuno entri o esca dal palazzo in modo da poterla aspettare dentro. Ma la fortuna non è proprio dalla mia parte, perché per la successiva ora non è da nessuna parte. Provo a richiamare e a suonare il campanello invano. A questo punto non credo ci sia nessuno in casa. Comunque, la prima cosa che mi salta subito all'occhio è l'etichetta del campanello perché il cognome scritto su è solamente Allen, il che vuol dire che non convive con nessuno, né tantomeno divide l'appartamento con qualcuno. Soddisfatto di questa piccola scoperta, decido che non ha senso rimanere ancora qui ad aspettare il suo rientro, quindi raggiungo la macchina e ritorno a casa.

Probabilmente era solamente un messaggio così tanto per e che in realtà si è pentita di averlo mandato subito dopo. Poi, lo scenario che si insinua nella mia testa è abbastanza surreale: se l'avessi trovata a casa, saremmo stati assieme. Magari, dopo aver parlato un po' ci saremmo trovati nudi sul divano e lei si sarebbe accorta di quanto ancora siamo perfetti assieme e tutto sarebbe tornato come prima. Poi un altro dubbio si insinua in me. È domenica sera e venire sotto casa sua senza nessun preavviso è stata una pessima idea. Probabilmente il suo uomo l'avrà portata fuori a cena da qualche parte. E cosa avrei fatto se li avessi visti assieme?

Si sa, se trascuri qualcosa, dopo un po' diventa di qualcun altro e lasciarmi sfuggire Astrid è stato l'errore che rimpiangerò per sempre nella mia vita.

Arrivato a casa, mi tolgo le scarpe e mi sdraio sul divano con il portatile sulle gambe e dopo aver finito del lavoro arretrato inizio a sfogliare le foto della galleria. Sono ancora tutte là. Non ho mai cancellato nulla di Astrid e me. Non ho mai fatto quello che mi dicono gli altri, dicendo di tirare avanti e di non pensarci. Ho tenuto ben stretto il ricordo ogni giorno, anche se farlo mi ha fatto detestare il mondo.

Astrid
«C'è qualcuno davanti casa tua» mi informa Megan. Mi sporgo dal sedile posteriore della sua macchina, dove tengo in braccio Elia che intanto si è addormentato.

Quando metto a fuoco la figura davanti il mio appartamento rimango scioccata perché quel "qualcuno" è proprio Jason.

«Per favore non fermarti» dico, con il panico nella voce.

Tutto avrei potuto immaginare e non trovare Jason fuori casa mia. Perché è qui? Perché non mi ha avvisata? Di certo il mio silenzio nelle risposte lo avrà fatto agire d'istinto, per cui ecco spiegata la sua presenza qui.

«Cosa? Perché?» chiede Megan.

«È Jason quello» le faccio notare.

«E quale migliore occasione per dirgli del bambino??».

«Megan, non dire cazzate. Sarebbe selvaggio in questo modo. Fammi il piacere di non fermarti. Facciamo un giro, magari al ritorno se ne sarà andato. Glielo dirò, ma per favore, non costringermi a farlo in questa maniera».

A stento cerci di trattenere le lacrime e faccio in modo che nessuna emozione trapeli dalla mia voce. Non saprei cosa fare perché sono letteralmente investita da pensieri contrastanti. Vorrei fare la cosa corretta perché è giusto nei confronti di Jason, ma la cosa che prevale di più adesso è la pura di come potrebbe reagire.

«Non voglio obbligarti a far niente, Astrid»mi rassicura Megan. «Voglio che tu faccia la cosa giusta. Per te, per Jason e soprattutto per Elia. Tuo figlio ha bisogno di un padre». E detto ciò, Magna ascolta la mia richiesta e gira a destra evitando di passare davanti Jason e farci vedere.

«Lo farò, ma non adesso, non in questo modo. Devo creare la situazione adatta. Voglio fare meno danni possibili. Devo essere pronta e devo mettere Jason nelle condizioni di poter scegliere. Deve fare ciò che sente di fare. Non voglio far pena a nessuno e non voglio che si prenda responsabilità solo perché si sente obbligato a farlo».

Dopo un quarto d'ora circa di girare per la città, Megan mi riporta a casa. Non c'è più traccia di Jason, per fortuna. So che devo dirglielo. Devo togliermi questo peso dal cuore. Non posso decidere per lui, nascondendogli un figlio proprio sotto al naso. Non lo merita, nonostante il modo in cui mi ha lasciata. Ma dopotutto, abbiamo un rapporto civile adesso, no? Posso dirgli tutto. Devo trovare il modo più delicato possibile. Anche la sua vita verrebbe stravolta perché ritrovarsi da un giorno all'altro con un bambino di due anni potrebbe essere uno shock per lui.

Dopo essere arrivata a casa e aver messo a letto Elia, prendo il cellulare per scrivere a Jason. Trovo diverse sue chiamate in segreteria e un messaggio che dice: ASTRID, SONO PASSATO A CASA TUA STASERA, MA NON C'ERI E MI RENDO CONTO CHE È STATA UNA PESSIMA IDEA. AVREI POTUTO ROVINARTI LA SERATA. LA PROSSIMA VOLTA TI AVVERTO, MAGARI NON FACCIO VIAGGI A VUOTO. SE DEVI PARLARMI PUOI FARLO IN QUALSIASI MOMENTO. CI VEDIAMO DOMANI A LAVORO.

A quell'ultima frase vengo investita nuovamente dal panico perché so che dobbiamo parlare e so che il momento della verità è vicino. Ma ancora di più so per certo che questo momento voglio che sia il più lontano possibile. Per questo, apro la chat con Veronica e le scrivo un messaggio.

VERONICA DOMANI NON POSSO ANDARE A LAVORO. PORTO IO ELIA AL NIDO, PERÒ DOVRESTI SOSTITUIRMI.. SE QUALCUNO TI CHIEDE SPIEGAZIONI DÌ CHE HO L'INFLUENZA.. NOTTE 

Già, l' influenza. La mia patologia può essere chiamata vigliaccheria. Ho paura di affrontare l'argomento. O forse, è solo paura di come Jason potrebbe reagire. 

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