Capitolo 60

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Astrid
«Ehi, piccola. Non piangere. Non è colpa tua» dice Jason, abbracciandomi. «Affronteremo tutto questo insieme. Te lo prometto».

E restiamo così per non so quanto tempo. Voglio davvero crederci. Voglio davvero credere che affronteremmo tutto assieme. Ho visto il volto di Jason devastato dalla notizia. Mi guardava con occhi imploranti e aspettava quasi che gli dicessi che fosse solo un brutto incubo. Ho perso il conto di quanto ho sperato che fosse davvero così, ma la realtà era quella e dovevo farci i conti tutti i santi giorni. Ci speravo e volevo convincere me stessa che ci fosse stato solo Elia, ma ogni volta che si presentava quel maledetto giorno, non potevo ignorare il dolore che si insinuava nel mio petto.
Ascolto il pianto silenzioso di Jason e non posso far altro che abbracciarlo per consolarlo. Vorrei alleviare minimamente quel dolore che io gli ho procurato. Avrei potuto tenere tutto per me, risparmiandogli questo dolore, ma so di aver fatto la cosa giusta. Se fosse venuto fuori più in là, avrei rovinato definitivamente il nostro rapporto. E adesso siamo qui, abbracciati sul pavimento di casa mia, in una situazione più intima di qualsiasi altro contatto. Più intimo di un bacio. Più intimo di un qualsiasi rapporto fisico.
E lui è veramente distrutto a tal punto da non dire una parola. È abbandonato in terra e non ha nemmeno la forza di muoversi. Riesco a fatica a farlo alzare e condurlo in camera per stendersi sul letto, spostando Elia nella culla accanto. Questa volta è lui a chiedermi di restare al suo fianco e faccio come mi chiede.

«Mi dispiace, Astrid. Non avrei mai dovuto andarmene. Non sarebbe successo se non me ne fossi andato». Perché si colpevolizza? Sarebbe successo comunque.

«Jase, no. È andata come doveva andare. Non è colpa di nessuno. Tantomeno la tua. Probabilmente sarebbe successo anche se ci fossi stato ancora» mormoro.

Lo vedo annuire e scivolare nel sonno immediatamente.

Jason ha il sonno disturbato. Alcune volte lo sento mormorare qualcosa di incomprensibile e si agita nel letto, rischiando di farmi male involontariamente. Finché non mi tira per i fianchi e si accoccola sul mio petto. Il suo respiro sembra meno affannato e il cuore sembra regolarizzarsi.
Prendo il cellulare dal comodino e scrivo un breve messaggio a Justin dicendogli che l'avrei richiamato l'indomani e anch'io mi addormento.

Jason
Mi sveglio di soprassalto e realizzo che era solo un brutto incubo. Mi giro verso la culla dove scorgo Elia che dorme beato e sta bene. Tiro un sospiro di sollievo. Astrid dorme, arpionata dalla mia presa. Sciolgo il contatto in modo da permetterle di mettersi comoda. Mi alzo dal letto per raggiungere il bagno e sciacquarmi la faccia con l'acqua fredda. Il vuoto di poco prima si è un po' riempito con il conforto di Astrid e la vista del nostro bellissimo bimbo. Mi consola il fatto che Elia è vivo e mi riempie di gioia. Non avrei immaginato come sarebbe stato se Astrid mi avesse confessato tutto e non ci fosse stato nemmeno lui.
In soli pochi mesi mi sono ritrovato dal non avere nulla ad avere tutto all'aver perso un pezzettino della mia vita. Nonostante Astrid ha subìto la vera perdita, anch'io ho perso un figlio. E mi maledico ancora per non esserle stato accanto.

***

L' indomani, dopo aver lasciato Elia al nido, raggiungo l'ufficio con Astrid. In macchina si è venuto a creare una leggera tensione e non mi spiego il perché. Quello che è successo ieri tra di noi avrebbe dovuto rompere tutte le barriere che abbiamo alzato nel corso di questi mesi, ma non sembra essere cambiato nulla.
Lei sembra un po' timorosa nei miei confronti e io non faccio altro che pensare a come è stato bello essere stretto tra le sue braccia.
Per fortuna il tragitto dura poco così posso subito buttarmi a capofitto sul lavoro e non pensare ad altro.

«Sei strano stamattina« commenta Matt. «È successo qualcosa?».

«Mmmh? No, è tutto okay» dico, sintetico.

«Non vorrei insistere, ma mi sembra che sia successo qualcosa. A proposito, dov'è Astrid?».

Quella domanda attira la mia attenzione, perché quando mi sporgo oltre la scrivania per controllare la sua postazione, mi accorgo che lei non c'è. Mi alzo e raggiungo la porta, il tanto che basta per farmi scorgere la sua figura sul balcone. Sta parlando al cellulare e sorride.
So che non sta facendo nulla di male, ma mi sento tradito. Questa mattina era un pezzo di ghiaccio nei miei confronti e adesso si comporta come se niente fosse successo.

L' irritazione inizia a farsi strada dentro di me e ritorno in ufficio sbattendomi la porta alla spalle, ma poi ci ripenso e la riapro. Nonostante mi sento ferito non voglio buttare all'aria tutti i progressi che io e lei abbiamo fatto. Saremo sempre parte l'uno della vita dell'altra grazie ad Elia e sono disposto ad accettare tutto anche se lei è diretta altrove. Non voglio più vivere come nei mesi passati. Voglio sentirmi libero di avere un rapporto più normale possibile con lei.

«Sì, c'è qualcosa che non va» afferma ancora Matt.

«Sai che a volte sai essere davvero impiccione?».

«Non lo sai? Impiccione è il mio secondo nome. Comunque lo faccio per te, Jase. Non ti fa bene tenere tutto dentro. Quindi parla ora o taci per sempre è soprattutto non fare scenate perchè il ruolo di attore non ti si addice per niente».

Il sarcasmo pungente di Matt mi irrita più di quanto già non sia. Ma so che non lo fa per cattiveria. Lui - insieme a Luke - è uno dei miei più cari amici. Gli confido tutto ed è come un fratello per me, il fratello maggiore che non ho mai avuto.

Gli racconto tutto ciò che è successo ieri sera. Vedo un lampo di dispiacere nei suoi occhi quando gli parlo del bambino che ho perso. Ascolta tutto fino alla fine senza mai interrompermi. Fino al repentino cambiamento del comportamento di Astrid di questa mattina.

«Jason, da quanto sei diventato così pessimista? Astrid sembra quella di sempre a parte ieri. Starà parlando con quel dottore adesso, come ha già fatto altre volte. Dopotutto escono ancora insieme, no?».

«Sì, ma quello che abbiamo condiviso ieri avrebbe dovuto unirci. L'ho sentita vicinissima e ho capito che anche per lei era lo stesso. Stamattina era distaccata, come se non volesse avere niente a che fare con me».

«Sicuro di non esserti immaginato tutto?" chiede. «Voglio dire, ieri era sconvolta. Avete perso un bambino e ha deciso di condividere con te il suo dolore perché tu sei il padre di quel bambino mai nato ed era giusto che tu lo sapessi. Ma questo non vuol dire che da questo momento in poi sia tutto rose e fiori. Anche lei potrebbe essere confusa».

E a questo non avevo pensato. Perché davvero speravo che le cose sarebbero state diverse. Io e lei di nuovo insieme. Con Elia. E tutto il futuro davanti a noi.  

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