Capitolo 68

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Jason
Avrei immaginato tutto, ma non che tra Astrid e Justin non durasse. Lui sembrava rispecchiare tutto ciò che era il meglio per lei. Alla fine si è rivelato pure la brava persona che sembrava. Sarei stato contento per loro... Cioè, contento relativamente. E non per loro insieme, diciamo per Astrid perché non avrebbe trovato qualche stronzo che si approfittasse di lei. Però sono più contento che tra loro non ci sia più nulla. Mi è dispiaciuto solo se lei ci fosse stata male. Quando mi ha dato la notizia, ho sentito subito l'esigenza di chiamarla per sapere come stava e per fortuna, sembrava non aver accusato il colpo.

Vorrei buttarmi su di lei a capofitto, ma non posso finché non sarò sicuro di quello che lei prova nei miei confronti. Anche perché, è stato Justin a chiudere la loro... situazione. Perché non l'ha fatto lei, invece?

La domenica passata con mio figlio e Astrid, si è rivelata all'altezza di quel sabato precedente meraviglioso. Abbiamo trascorso tutta la giornata fuori. Elia non era mia stato al parco zoologico della città e ho pensato che sarebbe stata un'ottima occasione per andarci tutti assieme. Era esilarante osservare le facce del nostro piccolo quando osservava saltare gli scimpanzé o quando vedeva gli orsi rotolarsi in mezzo l'erba. La sue espressione era un misto di stupore e felicità. Anche Astrid sembrava una bambina felice. E più la guardavo, più me ne innamoravo nuovamente. A volte penso che sono stato fortunato. Ho sbagliato tutto lasciandola, ho rischiato di morire, ma adesso eccomi qua: con lei, con nostro figlio. Il fato ha voluto regalarmi una seconda possibilità e non credo che ce ne siano altre destinate a me. Quindi voglio sfruttare tutti i momenti che ci restano. Voglio creare con lei quello che ho distrutto in passato.

***

Arrivo in ufficio con mezz'ora di anticipo. Poso il croissant alla crema sulla scrivania di Astrid e posiziono la rosa che ho appena comprato accanto al piccolo vassoio. Osservo per un secondo il mio "lavoretto" - un po' squallido - ma nel complesso sono contento di quello che ne è venuto fuori.

Raggiungo il mio ufficio nella speranza di riuscire a sbrigare più lavoro possibile, quando mi imbatto in una figura.

Mi sembra un dejà-vu. Quel profumo di cocco e vaniglia, quel corpo minuto ma formoso, le sue mani sulle mie braccia e le mie suoi fianchi... Quegli occhioni dolci da cerbiatta che mi osservano spalancati. Ma... che ci fa nel mio ufficio così presto?

«Jase, che ci fai qui?» chiede Astrid, nervosa.

«Ci lavoro qui» affermo. «Tu piuttosto, cosa ci fai qui alla buon ora?».

«Ci lavoro qui!» ribatte, con un sopracciglio inarcato.

«No. Intendo nel mio ufficio».

«Io... Ehm...» balbetta. I suoi occhi si posano brevemente su una mia mano. Non mi ero accorti di tenerla ancora così stretta a me. Forse perché ci stavo così bene...

Allento la presa e aspetto che mi dia una risposta, invitandola a parlare con un cenno della testa.

«Io sono arrivata in ufficio prima» dice in fretta.

Sembra quasi in difficoltà, come se si vergognasse di qualcosa.

«Lo vedo. E poi?» chiedo, sorridente.

Sorrido perché il suo essere un po' impacciata mi ricorda la ragazza che era un tempo. Quella che arrossiva per ogni minimo complimento e aveva paura di confessare i propri sentimenti.

«Sì» dice nervosa, tormentandosi le dita delle mani. «Siccome ieri sera Elia ha fatto un disegno, volevo fartelo trovare sulla scrivania questa mattina. Volevo che fosse la prima cosa che vedevi quando arrivavi. Anche perché ha specificato che lo ha fatto per te e visto che in queste mattine sei stato così gentile da portarci la colazione a casa, ho voluto fare lo stesso portandoti questo» conclude, indicando un pacchettino rosso.

Mi avvicino alla scrivania e vedo subito il piccolo cornetto alla crema di fronte al computer. La cosa che mi stupisce più di tutte è che abbiamo avuto lo stesso pensiero.

Cosa vuol dire tutto questo?

Osservo Astrid brevemente mentre si avvicina. Il mio sguardo viene catturato immediatamente dal foglio attaccato al mio desktop. Sorrido vedendo quello strano miscuglio di colori e linee di tutte le dimensioni. Sembra un'opera di arte contemporanea. Il disegno è un po' confuso. Si intravedo tre figure e anche se siamo stati disegnati come dei mostri, ma è la cosa più bella che io abbia mai visto. Il regalo più bello che potessi ricevere.

«Pensavo che ti avrebbe fatto piacere riceverlo subito».

«Hai fatto bene a portarmelo» dico.

E in uno scatto di eccitazione e felicità la prendo tra le braccia e la faccio volteggiare, scatenando la sua risata. «Sei fantastica, grazie».

Il suo sorriso è la miglior risposta che potessi ricevere. Quando fermo la "girandola", continuiamo a fissarci intensamente. Mi passano per la mente tutti gli scenari possibili e immaginabili. I suoi occhi sono incollati ai miei e le sue dita iniziano a giocherellare con i miei capelli.
Basterebbe un leggero movimento nella sua direzione e le nostre labbra si toccherebbero. Contemplo l'idea di non farlo, ma lei mi attira come una calamita.
Mi avvicino lentamente e noto con mio grande piacere che Astrid non ha intenzione di muoversi. Non si scansa. Me lo lascerebbe fare.

E poi...

«Uh, facciamo progressi qui».

La voce di Matt ci interrompe nel momento più perfetto che si è venuto a creare tra di noi in questi mesi. Non credo ce ne siano stato altri. Faccio scivolare Astrid sul mio corpo e la metto giù. Vedo un leggero imbarazzo nel suo sguardo, ma si defila subito dopo, raggiungendo la sua postazione.

«Bel tempismo del cazzo, Matt» mi lamento.

«Scusa, amico. Non pensavo che a quest'ora ci fosse qualcuno».

Raggiungo la mia scrivania e mi godo beatamente l'espressione di Astrid quando trova la colazione. Il sorriso spontaneo sulle sue labbra è come il sole in una giornata di pioggia.

«Grazie» mima felice con le labbra.

Ricambio facendole un occhiolino.

«Sei strano» mi dice Matt.

«No, amico. Sono contento Me la sono ritrovata qui questa mattina e mi ha portato la colazione. E poi, guarda» dico, mostrandogli il disegno di Elia. «Questo lo ha fatto mio figlio per me».

«Oh. Sei felice, allora».

«Sono felice da far schifo. Mi sento realizzato, solo... mi manca lei. È con me, ma è come se non ci fosse. La voglio al cento per cento».

«E allora prenditela, Jase».

«E come faccio se quando sto per baciarla, tu vieni e ci interrompi?!» chiedo con una nota di sarcasmo nella voce.

Matt sorride e scuote la testa. «Amico, la prossima volta prima di entrare, busserò. Parola di scout!».

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