Capitolo 18

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Astrid
Quando sento le labbra di Jason sulle mie non posso fare altro che ricambiare con lo stesso trasporto. In pochi secondi, mi ritrovo sopra il bancone della mia cucina con gambe spalancate e le mani di Jason da per tutto. Continua a baciarmi come se non lo facesse da un secolo, il che è vero e vorrei che non smettesse più. Mi è mancato tutto questo, mi sono mancate tantissimo le sue labbra e tutte queste sensazioni, i brividi che solo lui riesce a darmi. La mia lingua segue la sua e porto le mie mani tra i suoi capelli, attirandolo sempre di più contro il mio petto, tanto da riuscire a sentire i nostri cuori battono all'unisono. Il suono dell'amore misto all'eccitazione.  Continuiamo a baciarci per un momento che sembra infinito. Vorrei che durasse per sempre. Vorrei restare per sempre tra le sue braccia.

«Ti voglio, piccola. Ti voglio dal primo momento che ti ho vista» mi sussurra, senza mai staccare le labbra dalle mie.

Lo voglio anch'io. Una parte di me desiderava quello sconosciuto che ha incontrato a quella festa. Il mio nuovo capo misterioso mi ha fatto venire i brividi dopo tanto tempo e dopo tanto tempo ero pronta a ricominciare? Forse no, con un altro. Ma il fatto che fosse Jason ha cambiato tutto.
Adesso è qui a dimostrarmi quanto mi vuole. Mi tiene stretta e mentre le sue mani si fanno strada sotto la mia canottiera, mi scatta il campanello d'allarme. Devo fermarmi prima di peggiorare la situazione. Se tra noi succedesse qualcosa e Jason mi vorrebbe di nuovo con se, andrebbe su tutte le furie appena gli dirò del bambino. Non voglio rimanere scottata una seconda volta, andrei in frantumi e non mi rimarrebbe altro che raccogliere i pezzi.

Mi stacco dalla sua bocca, respirando affannosamente. Blocco le mani di Jason prima che vadano oltre.

«Jase, noi... Noi... Non possiamo...» dico a fatica perché non lo penso.

«Hai ragione. Scusami».

Wow. Non è servito tanto per convincerlo. Cosa voleva? Scoparmi sul bancone di casa mia e poi arrivederci e grazie? Sono una stupida. Non sarebbe dovuto venire. Non avrei dovuto farlo entrare in casa mia.
Per fortuna sono da sola in casa. Cosa avrei fatto se fosse spuntato Elia dal nulla? E perché diavolo Jason non si toglie di dosso? Scendo con un balzo dal bancone e mi incammino alla porta di ingresso, più che decisa a mandarlo via.

«Forse è meglio che te ne vai» dico con le lacrime minacciano di uscire dai miei occhi da un momento all'altro.

«Ci vediamo domani» mi dice, sfiorandomi la mano. Faccio in modo che quel contatto duri meno possibile.

Non può farlo. Non può baciarmi e poi scusarsi. Non può confondermi. Non può continuare a spezzarmi il cuore, prima facendomi assaggiare la perfezione e poi tirandosi indietro. È vero che sono stata io a cacciarlo, ma avrei voluto qualcos'altro da parte sua, qualcosa per cui vale la pena lottare, avrei voluto il sentore di una speranza che tra noi potrebbe ancora esserci qualcosa. Ma Jason non obietta né insiste, esce dal mio appartamento e io mi abbandono ad un pianto liberatorio.

Jason
Andare da Astrid è stata una pessima idea.
Volevo solo accettarmi che stesse bene e invece ho fatto più male che bene, a entrambi.
Ci siamo baciati e poi mi ha cacciato da casa sua. Ero felice di entrare nella sua vita, avrebbe potuto lasciarmi fuori dall'appartamento, invece mi ha fatto entrare e io ho rovinato tutto, perché non so stare con le mani a posto. Perché è così difficile quando si tratta di lei?
Come posso essere così stupido? Ho visto il desiderio nei suoi occhi, ho sentito quanto la cosa fosse reciproca e poi, come se si fosse ricordata di qualcosa di importante, mi ha rifiutato. La verità è non dovevo fare questo passo nei suoi confronti. Dovevo limitarmi solamente a chiedere come stava. Anzi, non sarei proprio dovuto venire, sarebbe bastata una chiamata, ma invece prendo sempre la decisione sbagliata.

Cammino verso l'ufficio e penso a ciò che è appena successo. Sentirle dire che non ne ha nessuno, ha riacceso in me la speranza, la speranza di poterla riavere, il fatto che forse non l'ho ancora persa del tutto. Ecco perché mi sono permesso di baciarla, anche se forse non è stata una grande idea.
Il fatto che lei abbia ricambiato il bacio non dimostra comunque nulla. Non abbiamo parlato di noi, abbiamo parlato di tutt'altro e entrambi abbiamo scelto di non prendere nessun discorso anche se voglio chiarire tutto una volta per tutte.
Mi sono persino immaginato nel suo appartamento. Quanto staremmo bene insieme in quel piccolo spazio tutto nostro? Con un bambino o due?
Davvero patetico e più patetico darle ragione sul fatto che non possiamo. Invece sì che possiamo. La cosa mi è sembrata reciproca, non mi sono immaginato nulla. È stato tutto reale e magnifico. Ha risposto con impeto al bacio e voleva di più. Non è uscito nessun suono dalla sua bocca, ma il suo corpo parlava chiaro.
La volevo con tutto me stesso, ma sarebbe stato il modo migliore per rovinare il rapporto civile che abbiamo costruito in questo mese. Devo andarci piano con lei, me lo ripeto dal primo momento che me la sono ritrovata davanti, ma non ho mai seguito il mio  consiglio perché sono un completo disastro quando si tratta di lei.

Entro in ufficio con la faccia e l'umore di un cane bastonato.

«Dove sei stato, Jase? » chiede Matt dal lato della sua scrivania.

«Sono stato da Astrid. Volevo accertarmi che  stesse bene» dico sincero, ma con poco entusiasmo.

«E sta bene?».

«L'ho baciata» confesso.

La mia frase attira anche l'attenzione di Veronica che, dalla sua postazione, ha sentito tutto e adesso armeggia con il cellulare.

«Uh. E adesso state di nuovo insieme?».

«Macché. Non ha nessuno, a proposito. E poi ho rovinato tutto e mi ha cacciato di casa».

«Sei proprio scemo» sentenzia, scuotendo la testa.

Grazie Matt, serviva proprio il tuo giudizio in questo momento di totale confusione.

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