Capitolo 58

10.3K 505 108
                                    

New York, Dicembre.


Jason
Il rifiuto di Astrid ha ferito un po' il mio orgoglio, ma da un lato posso capirla. Ha ribadito che esce con Justin e evidentemente non si è lasciata andare per correttezza nei suoi confronti. Dopotutto, i nostri corpi erano attaccati e mi è stato impossibile non sentire il battito selvaggio del suo cuore. Ciò che non dice con la bocca, Astrid lo mostra perfettamente con il linguaggio del suo corpo. Corpo estremamente sexy e mio.
Dopo quella volta nel suo appartamento, lei ha deliberatamente deciso di non parlarne e ha fatto di tutto per evitarmi.

In questi giorni sono anche stato costretto a vederla in compagnia di Mr. Perfezione e vedere la confidenza che si è venuta a creare tra loro, mi ha fatto perdere la sicurezza che avevo in me stesso. O meglio, mi è venuto il dubbio dei sentimenti di Astrid nei miei confronti. Ero più che certo di vedere un po' di amore, ma tutto è stato spazzato via quando li ho visti baciarsi per la prima volta.

Ero a casa di Astrid che aspettavo che ritornasse dal teatro, come al solito mi sono appostato dietro la finestra per vedere il momento esatto in cui avrebbero varcato la soglia. Li avevo interrotti più e più volte davanti l'ingresso dell'appartamento ed ero più che deciso a farlo anche questa volta. Non potevo permettere che si baciassero, quasi sotto il mio naso poi, ma quella volta non salirono. Vidi l'esatto momento in cui Justin uscì dal lato del guidatore per andarle ad aprirle la portiera. Lei ne uscì con un sorriso gentile, ma quando vidi le mani di lui posarsi sui fianchi di lei, mi sentì pervadere dalla rabbia. Temevo che sarebbe successo il peggio. E fu così, perché quando lui la baciò mi sentì morire. Non era mai stato così geloso prima di quel momento. Non immaginavo che veder toccare la mia donna in quel modo, scatenasse in me la voglia di spaccare tutto. L'unica cosa che mi tenne a freno dal non farlo è stato vedere Astrid ritirarsi quasi subito e Justin con un'espressione delusa in volto. Quando entrò in casa non sapevo come comportarmi nei suoi confronti. Ce l'avevo con lei perché - anche se brevemente - si era lasciata toccare da un altro. Ero deluso e ferito allo stesso tempo. Quella stessa sera, dopo essermene andato, prima di tornare a casa, mandai un messaggio a Matt dicendogli che mi sarei preso una sbronza colossale e che avrei gradito un passaggio a casa. Mi raggiunse e iniziai a buttare giù in drink dopo l'altro. Fu un buon modo per alleviare il dolore momentaneo, ma me ne pentì subito l'indomani quando il mio stomaco stava di merda e il mio cuore di più.
Adesso li evito come la peste. Diciamo che evito di guardare fuori dalla finestra, almeno mi risparmio spiacevoli sorprese.
Nonostante ciò, sono sempre più convinto di riprendermela e adesso la sto osservando da dietro il laptop della mia scrivania. Il suo volto è triste e non ne capisco il motivo. Ogni tanto legge dei messaggi di Justin e sorride, ma sembra un sorriso forzato. Presumo che tra di loro vada tutto bene, ma lei è turbata da qualcos'altro. E non sembra presagire niente di buono.

Astrid
10. Ogni volta che vedo quel numero sul calendario non posso far altro che pensare a quel maledetto giorno. Sono passati esattamente tre anni e due mesi da quando ho perso tutto. O almeno, metà del mio tutto.
Oggi è una giornata no, perché non riesco a scacciare il pensiero dalla mia testa. Nemmeno i messaggi di Justin riescono a sollevarmi il morale. Mi ha invitato a pranzo, ma ho rifiutato. Oggi voglio solamente rimanere a casa col mio piccolo amore. Voglio godermi più che posso il tempo che mi rimane con lui. Elia crescerà e mi "abbandonerà" - come è giusto che sia, farà la sua vita - quindi voglio sfruttare a più non posso il tempo che ci rimane. Forse esagero un po', ma la mia paura è fondata.

La giornata si sta rivelando più lunga del solito e sono solo le dieci del mattino. Valuto per un breve momento l'idea di chiedere un permesso di uscita anticipata e andarmene prima. Ma cosa farei da sola in casa? Sarebbe solo un buon modo per rimuginarci ancora su, e da sola impazzirei.

Cerco di non pensare a nulla e mettermi al lavoro, ma il malumore incombe sempre più su di me. La tristezza e il dolore mi riportano a quel 10 Ottobre. Riesco a mala pena a trattenere le lacrime e so che - in casi come questo - la soluzione migliore per evitare di impazzire è buttare tutto fuori.
Chiamo così mia madre e spero non si preoccupi. Non la chiamo mai durante il mio orario lavorativo, tranne in casi come questo. Risponde subito al secondo squillo.

«Tesoro, c'è qualcosa che non va?» chiede subito, senza salutare.

Il suo tono di voce fa presumere che già sa cosa sto per dirle. Ma non riesco a trattenere le lacrime. So che con lei posso sfogarmi e parlare di tutto.

«Sì. Oggi è il 10» sussurro tra un singhiozzo e l'altro. «Mi manca, mamma. Mi manca tantissimo. Anche se... anche se...». Ma non riesco nemmeno a concludere la frase perché il cuore mi sta scoppiando di dolore.

«Tesoro, non piangere. Piccola mia, va tutto bene».

«Vorrei che tu fossi qui» confesso.

Sembro una bambina ma non riesco a fermare il pianto straziante che non fa altro che alimentare altro dolore. E attiro anche l'attenzione di Jason che, in un attimo, si precipita al mio fianco. Non posso fare a meno di fissarlo dritto negli occhi.

«Astrid, piccola. Che succede?» mi chiede, preoccupato.

«È Jason?» domanda mia madre, dall'altra parte del telefono. «Dovresti parlargliene. Lui è il solo che può aiutarti a superare queste crisi. Astrid, non tenere tutto per te. Parlare ti aiuterà a star bene. Fa' la cosa giusta».

«Lo farò» le rispondo, tenendo sempre lo sguardo fisso su Jason. «Ciao, mamma».

«Piccola, stai bene?» chiede ancora, inginocchiandosi di fronte a me. Gli occhi fissi nei miei, imploranti, nell'attesa che gli spieghi cosa c'è che non va.

Non riesco a parlare né a muovermi. L'unica cosa di cui sono capace è guardare quei splendidi occhi preoccupati, offuscati dalle mie lacrime. Nell'espressione di Jason vedo solo preoccupazione causata dal mio dolore.

«Astrid, parlami per favore» mi implora il suo tono di voce, adesso spaventato.

«Sto male, Jase. Niente va bene» sussurro.

«Cos'è successo? Vuoi parlarne?» chiede, premuroso. Annuisco, tirando su col naso e asciugando le lacrime con il dorso nella mano.

«Sì, voglio parlartene».

«Vuoi che ti porti a casa?».

«Sì, ti prego».

© TUTTI I DIRITTI RISERVATI.

Il tuo cuore lo porto con meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora