Jason
La vedo sfuggire da sotto i miei occhi, mentre sale in macchina. Osservo ancora un po' l'auto che si allontana e penso solo a come vorrei prendere a pugni il dottore e legare Astrid ad una sedia in modo che non possa più muoversi e poterla avere sempre sott'occhio. Pensiero egoista, dal momento che ho deciso tutto io. Penso alle sue parole...Le mie scelte sono state dettate dalle tue decisioni!
Ha ragione. Anche adesso, se lei è in questa situazione, è solo per colpa mia. Diciamo che sono io ad essere in una situazione di merda. Lei sembrava più che entusiasta di uscire. Io invece sono assalito dalla gelosia e spaccherei tutto se non ci fosse qui Elia.
Mi allontano dalla finestra e inizio a giocare col mio piccolino, un'ottima distrazione per allontanare i pensieri spiacevoli. La risata di mio figlio mi riempie il cuore di gioia. Ho notato che è molto più tranquillo in mia compagnia, adesso. E andrà sempre meglio. Non ha mai fatto capricci e siamo andati subito d'accordo.
Dopo vari minuti di parlare di lego e giocattoli vari, Elia inizia a sentire la mancanza della madre.«Papà Jason, dov'è mammina?» chiede, col broncio.
«La mamma è uscita con un amico, ma verrà a casa tra poco» dico.
"Mamma dice che sei tu suo amico" dice Elia, pensieroso. Tiene la testa china sul peluche che sta strangolando.
«Ah, sì? E cos'altro dice la mamma di me?».
La conversazione si sta facendo interessante. So che Elia è un bambino, ma i bambini - soprattutto se così piccoli - tendono a ripetere tutto ciò che sentono dire e io sono disposto a farmi dire tutto dal mio dolce angioletto.
«Luccica sempe e palla di Jasooon con zia Nica e zio Brad e Megan. E che sei bello».
Luccica sempre... Ho trovato carino il modo in cui Astrid abbia insegnato a nostro figlio la parola piangere.
«Non voglio che pensi che piangere sia una cosa brutta» mi aveva detto un giorno. «Può fare bene liberarsi e sfogarsi attraverso un pianto liberatorio».
Elia quindi, quando vede sua madre piangere, non lo vede come un male. Solo che sapere che lei piange quando parla di me, mi si stringe il cuore. Non voglio che soffra. L'ho ferita profondamente tre anni fa, e non ho fatto altro da quando sono ricomparso nella sua vita.
«E allora tu, quando la mamma piange, dille che il papà le vuole bene». Elia annuisce mentre continua ancora a giocare.
È la verità, non ho mai smesso di provare affetto nei suoi confronti. Soprattutto, non ho mai smesso di amarla.
Dopo altre chiacchiere - questa volta riguardante la cacca nel vasino - il piccolo crolla per terra. Devo svegliarlo per potergli mettere il pigiamino e metterlo a letto ma, ha talmente tanto sonno che mi lascia fare tutto facilmente.
Quando torno in salotto e mi siedo sul divano, do un'occhiata all'orologio. Sono le undici e mezza e Astrid non si è fatta sentire. Di solito, quando esce, ricevo sempre qualche suo messaggio dove mi chiede sempre di Elia, ma questa volta non trovo nulla. Devo dedurre che il dottorino le starà facendo passare una così bella serata a tal punto da non farle pensare a nulla. Tengo in considerazione l'idea di chiamarla, ma scaccio il pendiero perché non voglio risultare geloso e soprattutto invadente.
Mi chiedo cosa stiano facendo. Dipende dove sono andati, a quest'ora avrebbero dovuto finire di cenare. Astrid è fuori da tre ore e non si è fatta sentire. Tre ore sono tante per un primo appuntamento. Cosa diavolo avranno da dirsi? E poi un altro pensiero sfiora i miei pensieri: ci uscirà di nuovo? Cosa staranno facendo?Al solo pensiero mi si accappona la pelle.
«Cazzo!» impreco sotto voce per non svegliare il bambino. Non è soddisfacente quanto alzare la voce, ma decido di alzarmi in piedi e passeggiare per la stanza.
Non capisco tutto questo nervosismo per nulla. Oddio, per nulla... Sento il bisogno di fumarmi una sigaretta, nonostante non fumi da anni, ormai, ma decido comunque di prendere una boccata d'aria e mi affaccio al balcone.
Con tutto il caos che c'è per strada, non mi ero nemmeno accorto che la Bentley si fosse fermata sotto la porta. Traggo un respiro di sollievo quando vedo Astrid scendere dalla macchina, ma non quando vedo Justin che la segue oltre l'ingresso.
Chiudo la porta-fineatra e mi precipito subito alla porta d'ingresso per controllare che l'ascensore stia salendo perché - giuro su Dio - che se non parte scendo! Per fortuna l'ascensore parte e rientro, chiudendomi la porta alle spalle, ma restando attaccato allo spioncino. Mi sento un fottuto guardone.
Qualche secondo dopo, vedo Astrid uscire dall'ascensore, con il dottore alla calcagna. Sicuramente si starà godendo lo spettacolo del suo culo. Brutto porco.Sento stralci della conversazione. Lui le sta dicendo che ha passato una bella serata e lei è d'accordo. Quindi avranno in progetto altre uscite... Proprio quello che volevo non succedesse. Ma poi qualcosa cambia nei loro sguardi. Nessuno dei due parla e la paura inizia a impossessarsi di me quando vedo lui che si avvicina alle labbra della mia Astrid, pronto a baciarla. E lei, a lasciarglielo fare.
Non ci penso su nemmeno per un attimo e apro la porta di scatto. Vedo entrambi ritrarsi, ma lo sguardo mi cade sulle loro mani intrecciate. Astrid si affretta a sciogliere il contatto tra di loro, ma la rabbia sembra la mia natura, anche se non lo do a vedere. Per non parlare della delusione quando ho visto quel gesto così intimo che fino a poco fa ha condiviso con me.
«Jason? » chiede Astrid, con un sopracciglio sollevato.
«Ho sentito un rumore» mi giustifico, dicendo la prima cosa che mi passa per la mente.
«Un rumore» ripete scettica.
Annuisco in silenzio e punto il mio sguardo truce su Justin. Se gli sguardi potessero uccidere, lui a quest'ora sarebbe già morto.
«Jason, lui è Justin». Astrid ci presenta, mentre lui mi porge la mano, che gli stringo con forza.
«Piacere di conoscerti, amico».
Amico? Sul serio? Neanche per sogno. Non sono amico di qualcuno che cerca di fregarmi la donna!
Mi limito a non dire nulla perché per me non è affatto un piacere, anzi, vorrei che Astrid non l'avesse mai incontrato e che lui non avesse mai avuto il coraggio di andarle a parlare. Solo che tutto è andato al contrario e non posso far altro che aprirle gli occhi e farle cambiare idea.
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Il tuo cuore lo porto con me
Romance✓ 𝗖𝗢𝗠𝗣𝗟𝗘𝗧𝗔 Si dice che il tempo guarisca ogni ferita, ma per Astrid e Jason non basta leccarsele e prendersene cura. Hanno lasciato qualcosa in sospeso, hanno lasciato una storia senza un finale o almeno senza uno gradevole. Due vite nuove...