Capitolo 20

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Jason
Non mi spiego il rifiuto di Astrid. Perché un momento prima mi stava mangiando e poi mi ha cacciato? Il suo comportamento è strano abbastanza, considerando il fatto che abbiamo chiarito tutto, o quasi. Da quando mi ha mandato il messaggio, l'altra sera, è una contraddizione vivente e adesso sono due giorni che non si presenta al lavoro. Mi sta evitando per caso? Non la vedo da due giorni e già mi manca. Quel bacio poi, ha rimarcato tutto ancora di più.

Come sono riuscito a sopravvivere tre anni senza e sue labbra? Come farò a dirle che questa situazione inizia a starmi stretta? Non posso averla e basta?

Nonostante lavoriamo nello stesso posto le relazioni tra i dipendenti sono permesse. Faccio io le regole e ho deciso che sono permesse. Dal canto suo, Matt sarebbe d'accordissimo con me. Lui e Veronica sembrano andare molto d'accordo. Matt ci prova con lei spudoratamente e lei lo tiene sul filo del rasoio. Inoltre, devo trovare un modo per farmi piacere da Veronica. Matt mi ha detto che con Astrid sono molto amiche. Posso "usarla" come informatrice – in senso buono- se solo mi trattasse come una persona al suo livello. Veronica tende a non dare molta confidenza alle persone estranee e vedo che cerca sempre di tenermi lontano. Ogni tanto la becco mentre mi fissa, ma quando si accorge che anche io la guardo cerca di fare finta di nulla. Per qualche strano motivo, nei confronti di Matt è diversa, come se lui fosse l'unico estraneo che "le piace". Da un lato, tenermi Veronica dalla mia parte mi aprirebbe una "corsia preferenziale" su quelli che potrebbero essere i pensieri di Astrid e invece non so niente,  ma devo comunque iniziare un rapporto con Veronica, quindi cerco di essere amichevole quando la vedo al di là della scrivania, mentre sostituisce Astrid.

«Per quanto tempo ancora sarò costretto a vederti per tutto il giorno?» le dico scherzando.

Veronica alza lo sguardo dal computer per un attimo, ma sul suo viso non vedo nessun accenno di sorriso e poi dice: «Be', fino a quando Astrid non si deciderà a tornare a lavoro. Sai, è una donna molto impegnata».

Impegnata. Continua a ripeterlo, ma ancora non ho capito di che impegni si tratta.

«Proprio non ti piaccio, eh?» chiedo. Sono curioso di sapere cosa risponderà.

«Cosa?» chiede stupita. «Non è vero che non mi piaci, ho difficoltà a relazionarmi con gli sconosciuti. Non sono brava a mantenere un rapporto confidenziale col mio capo» si giustifica.

Bugiarda.

«Con gli sconosciuti? Sul serio? E come la metti con Matt? Siete molto... affiatati, voi due».

«Matt è diverso» dice. «Anche molto insistente, aggiungerei»

«Ammettilo che mi guardi male dal primo giorno che ho messo piede in quest' ufficio» insisto ancora un po' perché, davvero, farla esporre si sta rivelando davvero difficile.

«Cosa? Non è assolutamente vero. È che mi ricordi una persona. Tutto qui. Mi dispiace che tu abbia frainteso». 

«Okay, sono contento che sia tutto apposto» dico. Decido che per oggi il tempo di "spronare Veronica a parlare" è durato abbastanza.

«Già che sei qui» continua lei. «Per sbaglio ho confermato un appuntamento con il Signor Offman per giorno ventitre, che coincide con quello con il Signor Perry. Quale appuntamento sposto? E per quando, ovviamente» mi chiede, riflessiva.

«Posso dare un'occhiata?» chiedo.

«Certo».

Giro attorno alla scrivania, mettendomi accanto a Veronica. Alla sola vista del computer mi confondo, il foglio elettronico sullo schermo è piena di appuntamenti e di persone che Matt e io dovremmo ricevere nei prossimi giorni. L'unica la cosa positiva è che mi piace fare il mio lavoro.

«Per tutta la giornata non hai un'ora buca da poter utilizzare. Dovresti rimandare per forza l'appuntamento per la settimana successiva. Oppure...».

Mentre Veronica continua a parlare sposto lo sguardo sulla scrivania disordinata. Mi chiedo come facciano lei e Astrid a lavorare in questo disordine. Una foto attira la mia attenzione, sono lei e Astrid che sorridono. Astrid ha sul volto un sorriso appena accennato e si vede che la foto non è recente perché qui è leggermente più piena in viso.

Noto un'altra foto. In questa è felice, felice sul serio. Le sorridono gli occhi mentre guarda un bambino che gioca con i suoi capelli. Un bambino carino. Potrà avere poco più di un anno. Sembro io da piccolo.
Prendo la foto e la osservo più da vicino. Sono come paralizzato. Il mio cuore batte all'impazzata quando il panico si impossessa di me. Come potrebbe essere possibile? Non voglio crederci. Nella mia mente si stanno accavallando miriadi di scenari. Non posso credere che lui sia... Non riesco neppure a formulare il pensiero. Le lacrime rischiano di fuoriuscirmi dagli occhi.

Vengo scosso da Veronica che richiama la mia attenzione. La vedo annebbiata.

Davvero mi avrebbe nascosto una cosa simile? No, non lo farebbe mai.

«Jason, respira» dice la voce gentile di Veronica.

Mi accorgo che sto trattenendo il fiato, sento le gambe tremare e quasi non mi reggo in piedi. Sono costretto ad appoggiarmi alla scrivania per non cadere a terra. Ditemi che sto sognando e che questo è solamente un incubo.

«Jason, stai bene? Vuoi un bicchiere d'acqua?» chiede Veronica premurosa.

«Sì, sto bene. Devo andare».

«Jason, non puoi. Non in queste condizioni» mi avverte.

Mi costringo a riprendermi al più presto per raggiungere l'appartamento di Astrid. Non ricordo nemmeno il tragitto in macchina e in pochi minuti mi ritrovo a suonare il campanello del suo palazzo.
Astrid mi apre la porta, e quando raggiungi il suo appartamenti impallidisce quando vede la foto tra le mie mani.
Non mi farebbe mai una cosa del genere, continuo a pensare. Sono sicuro che, quando le chiederò spiegazioni, saprà darmi una risposta che non combacia affatto con il mio pensiero.
Faccio fatica a rimanere lucido e a pensare razionalmente. Non voglio trarre a conclusioni affrettate e cerco di mantenere un tono calmo.
Sono disperato in questo momento, ho paura che questo bambino possa essere mio, ma ho ancora più paura di sapere che non lo sia.

«Dimmi che non è chi penso io. Dimmelo Astrid. Dimmi che non l'hai fatto sul serio» dico con la disperazione nella voce. Non riesco a nascondere le emozioni. Sono sul serio ferito e arrabbiato.

I suoi occhi si riempiono di lacrime ma ancora non risponde.

«É mio?» chiedo con rabbia.

«Sì» dice in un sussurro.

«Perché l'hai fatto?».

«Tu te n'eri andato...» comincia, come se fosse una cazzo di giustificazione.

«E perche cazzo me l'hai tenuto nascosto per tutto questo tempo?» urlo ancora più forte.

«Perché te lo meritavi!!» urla di rimando, con le lacrime le rigano il viso.

A quel punto non so più che dire, totalmente scioccato e soprattutto ferito dalle sue parole. Poi la vedo accasciarsi per terra e scoppiare in lacrime, mentre sento Astrid singhiozzare sempre più forte, con il dolore che la sta divorando. Vorrei consolarla e scusarmi per averle urlato in faccia, ma come faccio a consolare la causa del mio dolore? 

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