Capitolo 66

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Jason
La mia stupidità è infinita. Ogni qual volta le cose tra me ed Astrid sembrano andare discretamente, colgo la palla al balzo pronto a rovinare tutto. Che, tra l'altro, non lo faccio a posta. Avrei voluto dirle che non è vero che quello è un semplice segnalibro. Quella foto - scattata per il suo ventesimo compleanno - che ci ritrae felici mentre ci baciamo, è forse la più bella foto di noi due. Quella foto in mezzo a quel libro me la ricorda ogni momento, come tutte le sue foto che conservo nei cassetti del mio comodino o tutti i file digitali che custodisco gelosamente sul mio computer. Solo che lei non lo sa e, da stupido quale sono, non ho cercato nemmeno di dirle la verità. Anzi, ho detto un'idiozia che nemmeno penso e l'ho anche ferita. Me ne sono subito accorto. Ho notato anche il suo tentativo di far finta di nulla, quando ha cercato di cambiare discorso.

Il respiro di Astrid è calmo e regolare e sta dormendo sul mio grembo. Non si è nemmeno accorta di aver invaso il mio spazio. E meno male perche a quest'ora avrebbe fatto di tutto per rompere questo contatto e io voglio tenerla così vicina. Ne ho bisogno. Voglio godermi ogni istante prima che sia l'ultimo. Ogni momento che passo con lei è vitale per me. Adesso esce con Justin e quando ufficializzeranno il tutto, non ci saranno più momenti come questi tra noi.

Osservo il suo viso sereno. È bellissima e non riesco a trattenermi dall'accarezzarle i capelli.

«Ti amo così tanto...» sussurro, spostando la mano sul suo viso.

Astrid si disturba un po' muovendosi, ma continua a dormire. Per un momento ho pensato che mi avesse sentito ma - considerando che questa notte è rimasta sveglia fino a tardi - credo che dorma in pieno.

Avrei mille cose da dirle, da confessarle. A partire da quanto la amo fino a spiegarle il motivo - il reale motivo - per cui l'ho lasciata. Vorrei che lo capisse, che mi amasse anche lei. Che mi scegliesse. Ma si sa, le regine non scelgono i plebei¹.

***

Un dolore al collo mi fa capire che mi sono addormentato anch'io. Sono tutto storto e sento ancora il peso di Astrid sulle mie gambe. Qualcosa di morbido mi tocca la bocca e sta per infilarsi nel mio naso, quando apro gli occhi e lo vedo.

«Elia!» esclamo sorpreso.

Dormiva nella culla. Com'è uscito da solo se Astrid è ancora qui?

«Papi, sveglio!» urla entusiasta, mettendo le manine a posto.

Nel frattempo sento Astrid che si alza di colpo. I suoi occhi sono sbarrati mentre mi osserva e si accorge che mi sono svegliato adesso anch'io.

«Elia!» ripete a sua volta. «Oddio. L'hai preso tu?» mi chiede. Scuoto la testa.

«Mammina» la chiama lui, sporgendosi verso di lei per farsi prendere tra le braccia.

«Sei uscito dalla culla da solo?» chiede cauta.

«Sì, da solo» risponde lui, allegro.

Non posso crederci. Elia ha scavalcato le sbarre della culla, uscendo, completamente solo. Avrebbe potuto farsi del male. Gli sarebbe potuto succedere qualsiasi cosa, solo per l'irresponsabilità di due genitori che dormono nella stanza sbagliata. Quando ho comprato la cameretta per Elia ho pensato a tutto, ma non ho preso quei walkie talkie che Astrid tiene in casa.

Lei è sconvolta tanto quanto me. «Oddio. Sono una pessima madre! Elia, non farlo mai più» lo avverte, mentre se lo stringe al petto. La sua agitazione non convince tanto Elia.

«Sono uscito da solo» ribadisce ancora il piccolo.

«Elia, amore» dico con più calma. «Ci hai fatti spaventare. Ascolta la mamma. E la prossima volta, quando vorrai uscire, chiami qualcuno di noi. Va bene?».

Elia annuisce e bacia Astrid sulla guancia. Lei sorride soddisfatta e mima "grazie" con le labbra. Le sorrido di rimando pensando a quanto sarebbe bello averli sempre con me qui in questa casa.

Astrid
Stavo facendo un sogno così reale... Ho sognato le mani di Jason tra i miei capelli e sul mio viso. Ho sognato che tra noi andava tutto bene e mi sussurrava "ti amo" mentre dormivo beata tra le sue braccia. Stavo talmente bene che non avrei mai voluto svegliarmi, ma la voce allarmata di Jason che chiamava Elia mi ha svegliata e mi sono accorta di quanto sia stato irresponsabile da parte mia addormentarmi.

Il mio piccolino sta diventando intraprendente, ma ancora non capisce che rischia di farsi male se scavalca dalla culla. Per fortuna non gli è successo nulla. Spero solo che la prossima volta non lo faccia più.
Mentre lo stringo preoccupata fra le mie braccia, sento una leggera puzza.

«Hai fatto la cacca?» gli chiedo in un sussurro.

Elia annuisce e nasconde la testolina sotto il mio mento. Si vergogna ancora di Jason. Sorrido e, alzandomi, lo porto in bagno per cambiarlo.

«Torniamo subito» dico a Jason.

Quando torniamo di nuovo in soggiorno, Elia si butta tra le braccia di Jason che gli fa le pernacchie sul pancino. Ride come un matto ma dopo un po' si lamenta perché ha fame, a causa mia ha saltato pure la merenda ed è quasi ora di cena.

«Riusciremo ad andare a cena tutti e tre questa volta?» chiede Jason, dopo un po'.

«Spero sia la volta buona!».

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¹le regine sono scelgono i plebei: cit. tratta dalla canzone "Cara mia ex" - Articolo 31.

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