Parte 28 CAN PARTE ALL'IMPROVVISO

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"Vorremmo abbracciare il mondo e tenerlo stretto per il  timore che ci sfuggano le sicurezze della nostra vita."

(PIERO LALISCIA)

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Quella notte dormirono ben poco, e trascorsero insieme anche la giornata successiva, a letto e fuori dal letto. Furono inseparabili per due magnifiche giornate. Il giorno dopo Can doveva prendere parte ad una riunione con il produttore e i suoi manager, seguita da aperitivo e cena. -"Non posso liberarmi, amore, ma manderò un'auto a prenderti così mi raggiungerai per la cena." le aveva detto. Dopo due giorni di passione, due giorni in cui lui non aveva smesso di ripeterle che era la donna più bella del mondo, si sentiva nervosa all'idea di conoscere i suoi colleghi. "Sarò pronta." rispose. -"Mettiti il vestito rosso. Ti sta benissimo. "insistette lui e la baciò sulla bocca con trasporto, prima di andarsene.                                                                                                                                                 Qualche giorno prima l'aveva accompagnata a fare shopping, insistendo per comprarle qualunque cosa le piacesse, manifestando di essere molto più felice lui di lei.

Il suono del cellulare lo interruppe mentre discuteva i particolari della nuova registrazione, rispose e sentì: -"Mi dispiace disturbarla, mister Yaman, sto chiamando da New York. Un problema con un suo familiare..." L'unico familiare che aveva a New York era suo padre. Ascoltò attentamente e, dieci minuti più tardi riagganciò, stupito e spaventato. Suo padre era in un ospedale di New York, in coma. Can si rivolse e riferì tutto ai suoi manager che,  immediatamente, organizzarono la sua partenza. Uno slot di decollo all'aeroporto, un jet privato pronto e rifornito di carburante,  dei vestiti dall'appartamento a Bebek.  Chiamò subito Natalia per avvisarla, ma non ebbe nessuna risposta. Solo dopo il decollo, si rese conto che avrebbe dovuto lasciarle un messaggio. Ma il suo cellulare dov'era finito? Se solo fosse stata con lui....se avesse potuto portarla con sé... sicuramente lei era in giro e senza telefono. E lui, che ironia, non aveva il suo con sé.  Non aveva potuto aspettare che tornasse a casa. A ogni ora diminuiva la probabilità di trovare suo padre ancora in vita. E non pensò a farla informare dai suoi manager.

Can si fece portare in ospedale direttamente dall'aeroporto. L'infermiera di turno lo aggiornò sulle condizioni di suo padre, era vivo, sebbene ancora in coma e che i parametri vitali erano stabili. Si rifiutò anche solo di prendere in considerazione la possibilità che non si risvegliasse. Aveva disperatamente bisogno di sentire la voce di Natalia, di raccontarle del suo baba. Aveva bisogno di sentirsi rassicurato da lei, dal suo amore, dalla sua dolcezza. Aveva bisogno di lei.                                                                              

Era chiaro che doveva essere accaduto qualcosa di grave e urgente, ma il fatto che l'avesse lasciata così, senza spiegazioni, la fece convincere di non significare niente per lui. Tornata a casa per prepararsi, si era accorta di aver lasciato il suo cellulare, controllò le chiamate e ne trovò una persa di Can. Gli telefonò, ma non ricevette nessuna risposta, né a questa né a quelle c successive. Aspettò tutta la sera, ma nessuno venne a prenderla né si fece sentire e di lui nessuna notizia. Sparito. Natalia si asciugò le lacrime, cercando di reprimere la sofferenza profonda che la tormentava. Si sentiva ancora devastata dalla fine brusca e improvvisa della sua relazione con Can. Erano già trascorsi una decina di giorni. Era rimasta sveglia quasi tutta la notte, dando forza alla certezza che non sarebbe tornato ancora, cercando di convincersi, con scarso successo, che era molto meglio essere sole che male accompagnate. Lui era l'amore per lei. Ma dove l'aveva portata? Ad una atroce sofferenza. Giunse alla conclusione che doveva mantenersi a distanza dall'amore, perciò lontana da lui.                                                                                    Lo studio legale, dopo più di una settimana di chiusura, aveva ripreso la sua attività proprio quella mattina.  Finì di controllare i documenti per l'appuntamento successivo e sistemò ordinatamente i fogli da far firmare, al centro della scrivania. Dopo quello che aveva vissuto, Natalia ancora non riusciva ad abituarsi a questo suo nuovo status. Proprio quando voleva immergersi nel lavoro, si accorgeva che la sua capacità di concentrarsi traballava.                                Il suono del citofono annunciò che erano arrivati i clienti che stava aspettando. Fece un respiro profondo e si preparò a incontrare la coppia che stava trattando una compravendita immobiliare all'estero. Cercò di riflettere in maniera più lucida e giunse alla conclusione che non aveva ricavato solo sofferenza dal tempo trascorso con Can. Adesso sapeva di essere capace di una grande passionalità. Forse non era stata pronta a tutto questo, ma doveva tenere duro.                                                                                                                                                                                                                      Più tardi, nel pomeriggio, squillò il telefono. Alzò la cornetta.

 -"Parla Natalia Pinar dello studio legale Yaman&co." 

 -"Nat." 

No. Non era possibile, non dopo una settimana di silenzio totale.

  -"Can?" 

-"Sì, sono io. È così bello sentire la tua voce, Baby." 

-Certo, come no. Finalmente si era compiaciuto,- pensò lei e disse:

-"Sei ancora a New York?" 

-"Sai che sono qui?" rispose lui 

-"Me lo ha detto Burak, appena sono arrivata allo studio stamattina." 

-"Bene. Sono molto contento che te l'abbia detto. Ero sicuro che ci saresti rimasta male quando non mi hai più visto e non ti ho lasciato neanche un messaggio. Ma, purtroppo, era inevitabile in una situazione del genere. Ho lasciato il mio cellulare in macchina nella foga, non potevo mettermi in contatto con nessuno. L'ufficio era chiuso e, oggi, finalmente sono riuscito a rintracciarvi." 

-"Hai ragione. Era inevitabile!" rispose con sarcasmo nella voce. -"Perché ti sei disturbato a cercarmi?" 

-"Lo sai il perché. Voglio che tu mi raggiunga a New York." disse Can. -"Manderò un jet privato a prenderti. Non dovrai neanche preoccuparti di prenotare un biglietto." 

-"Non verrò a New York, Can, no. Non ci penso proprio."

-"Non vieni? Non vuoi venire?" 

Sembrava confuso, addirittura sconvolto per il suo rifiuto. Ma lei aveva ragione. Aveva trascorso una settimana intera a scervellarsi su cosa poteva essergli accaduto e ancora non lo sapeva. Ma sentire quella voce le faceva più male, quindi le conveniva tagliare corto. Oppure avrebbe commesso qualcosa di veramente stupido, come accettare di diventare la sua amante a tempo perso e imbarcarsi per New York, non appena fosse arrivato il jet privato. 

-"Senti, Can, ci siamo divertiti finché è durata, ma adesso è finita. Non mi interessa un bis di quella bella storia non vera." 

-"Non vuoi sposarmi?" 

-Sposare lui, senza impegno, libero di potersene andare quando gli tornava comodo, pensò. -"No, non voglio."disse.

 -"Nat, baby, non volevo lasciarti. Ma c'era bisogno di me, dovevo partire." 

-"Certo, immagino!" 

-"Pensavo che avresti capito." 

La sua voce era diventata roca per la stanchezza, come se la conversazione lo avesse privato di ogni energia. 

 -Forse c'era davvero bisogno-, pensò, ma respinse subito quello slancio di compassione. -"Ti sbagliavi. "tagliò corto lei. 

-"Lo vedo. "rispose lui. 

-"Volevi dirmi qualcos'altro?" aggiunse lei.

 -"No, niente." disse Can. 

Mentre Natalia riattaccava, sentì le lacrime che le scendevano lungo le guance. Lui riagganciò la cornetta, pervaso da un senso di desolazione che frantumò la felicità provata quando aveva sentito la sua voce. Anche il sollievo per il risveglio di suo padre diventò meno importante di fronte all'idea di essersi sbagliato sul conto di lei e di averla persa. Gli aveva detto di volersi realizzare e le aveva dato l'occasione per farlo, ma adesso non voleva più saperne di lui. Come poteva essersi sbagliato così? E come poteva lei essere così priva di compassione?                              Dopo tanti giorni in cui aveva dormito poco e male, non aveva la forza mentale per affrontare la situazione. Erano troppi i problemi da risolvere e la propria vita privata necessitava della sua completa attenzione. Suo padre si era risvegliato, ma era paralizzato dalla vita in giù. I dottori erano fiduciosi che avrebbe recuperato tutte le sue funzionalità, ma lui, anche se non lo dava a vedere, era preoccupato. Ma non poteva permettersi di piangersi addosso, nonostante soffrisse le pene dell'inferno, perché si sarebbe distrutto completamente. Doveva essere forte sia per se stesso, sia per supportare la convalescenza di suo padre. Al suo ritorno avrebbe parlato con lei, l'avrebbe guardata negli occhi e avrebbe scoperto il perché di questo suo atteggiamento. Fino a quel momento, doveva tener duro, doveva resistere.

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NATALIA E CANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora