Può succedere che un grande attore, cercato e richiesto da tutti rimanga coinvolto da uno sguardo casuale, dalla mano affusolata di una sconosciuta? Dalla percezione delle sensazioni di una semplice ragazza, incontrata per caso? Così ho immaginato l...
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In attesa dell'imminente arrivo della mamma e la zia di Natalia dall'Italia pensarono di andare a fare provviste di cibo. Can notò che aveva le caviglie più gonfie, il respiro un po' affannato e il viso arrossato. Si muoveva a fatica, mentre si appoggiava al carrello della spesa che lui stava spingendo e, quando salì in macchina, manifestò il sollievo con cui accolse la fine dello stare in piedi. Giorno dopo giorno si sentiva più pesante e faceva fatica a muoversi. Mentre la osservava davanti a sé, camminando lentamente, Can si preoccupò. Da qualche giorno erano arrivate sua madre e sua zia. Avevano conosciuto i genitori di Can, con i quali riuscirono a comunicare perfettamente in inglese. Facevano di tutto per non farla stancare e le preparavano le pietanze che prediligeva. Si davano il cambio con lui, quando aveva impegni di lavoro, per non lasciarla mai da sola. Faceva delle brevi passeggiate, quando il tempo glielo consentiva, sempre con qualcuno a cui potersi appoggiare e, non appena rientrava, pensava che era un sollievo stare a casa a riposare, ma subito dopo che era anche molto noioso, nonostante le loro coccole. Natalia si sentiva strana. Alla sua richiesta di comprare qualcosa di grazioso per i piccolini e andare dal parrucchiere, comprare altri pannolini...le veniva riposto che non se ne parlava. Tornava in camera e iniziava a sentire acutamente la mancanza di Can. Quando non rientrava presto, sua madre e zia Clotilde si appisolavano sul divano e lei sperava con tutta se stessa che tornasse subito, perché si sentiva continuamente agitata. Questo malessere continuava ad avvertirlo da una settimana circa e non accennava a diminuire, così, una bella giornata soleggiata la convinse ad uscire in giardino per muoversi un po', nella speranza di rilassarsi. Aveva fatto per ben tre volte il giro attorno alla casa, quando sentì la voce di suo marito, - " Nat, ask, dove vai?" -"Ciao, kral" rispose lei proseguendo nella sua lenta camminata. -"Ma non ti avevano detto di riposare?" continuò lui, -"Infatti, sto appena muovendomi lentamente intorno a una casa, invece che passeggiare sulla spiaggia. Mi sento venire la claustrofobia solo all'idea che presto sarò ricoverata". Can stava parlando al telefono, ma il suo sguardo era sempre rivolto a lei che gli sorrideva. A un tratto però Natalia non sorrise più. Le apparve sul viso un'espressione talmente sconvolta, che lui lasciò il telefono aperto e corse verso di lei. -" Cosa c'è ask?" le chiese preoccupato. -"Temo che mi si siano rotte le acque!" gemette lei. - "Stai tranquilla, ci sono qua io." le disse abbracciandola. -"Ma sono solo alla trentacinquesima settimana!" Era terrorizzato, ma non voleva farglielo capire. La fece sedere in macchina, corse dentro come un fulmine a prendere il borsone, avvertì la madre di lei e volò verso l'ospedale. Immediatamente si presero cura di lei. La visitarono e, prima dell' arrivo del suo ginecologo, la portarono in sala travaglio per il monitoraggio. Dopo aver parlato con i medici, Can tornò da lei per dirle -"Non manca molto ormai", le strinse una mano e se la portò alle labbra. Natalia era già sdraiata sul lettino della sala operatoria. -"Ho paura..." mormorò . Non l'avevano nemmeno sedata e non le avevano dato neanche un farmaco per alleviarle i dolori. Non sopportava vederla soffrire così intensamente e, infuriato, sbottò -" Bel trattamento! Una epidurale non le avrebbe certo fatto grossi danni, ma almeno le avrebbe fatto sentire un po' meno male", rivolgendosi ai medici -"No, non è il momento" gli avevano risposto, - "non possiamo sapere ancora cosa succederà." Niente, ormai era in ballo e doveva ballare. Non c'erano alternative, quei bambini dovevano nascere. -"Ma io voglio solo un piccolo aiuto!" gemette Natalia. -"Per ora dicono che non ne hai bisogno" la rassicurò Can. Ma lei era preoccupata per loro, preoccupata per i loro piccoli che stavano venendo al mondo. -"Ho paura, kral!" ripeté per l'ennesima volta. -"Lo so." Anche i suoi occhi luccicavano in maniera sospetta. Lui era stato tenero e premuroso, erano stati allegri e si erano rassicurati a vicenda che tutto sarebbe andato bene. Aspettare, bisognava aspettare ancora. Quanto importante e pesante per lui fosse stato da sopportare quel momento, lo capì solo quando gli mancò il fiato. Quell'attesa, piena di preoccupazioni, paure, ostacoli, sfide non era ancora terminata. Sarebbe stato dolce l'arrivo dei suoi bimbi, ma questo traguardo non lo aveva ancora raggiunto. Sarebbe stato meraviglioso guardare quegli esserini, che incredibilmente avevano dimorato per otto mesi dentro quella pancia e che avevano rappresentato il punto di domanda più grande della sua vita. Natalia sentì finalmente la puntura di un'iniezione e quel dolore intenso non l'avvertì più. Poi percepì che le stavano praticando un'incisione. Il ginecologo le aveva spiegato che erano stati costretti a ricorrere al cesareo per via delle dimensioni dei bambini, che per essere due, nonostante qualche settimana di anticipo, erano di dimensioni notevoli. Ma lei guardava solo Can. Poi sentì il gorgoglio del liquido amniotico che veniva risucchiato e si irrigidì, paralizzata dalla paura. -"Potrò mai amarli come te?" chiese a suo marito. - "Aspetta e vedrai," le rispose, mentre commosso la baciava. Il primo ad essere tirato fuori fu il maschietto. Un piccolo, bambolotto che sollevarono al di là della tendina, col naso schiacciato e la fronte corrugata che urlava e scalciava, mentre lo portavano alla piccola culla termica, pronta per lui e la sorellina. Subito dopo estrassero la bambina che piangeva aprendo e chiudendo la manine tremanti, con le gambette che sembrava pedalasse. Il padre, emozionatissimo, tagliò ambedue i cordoni. Vide a distanza anche lei che fu subito messa nella stessa culletta del fratellino. Can si allontanò per andare a vedere i suoi figli. Usarono i loro piedini a mo' di timbri, per prendere le loro impronte, prima di far loro il primo bagnetto. Anche lui le volle imprimere sulla sua maglietta per mostrarle a sua moglie. - "Questo per darti l'idea delle loro dimensioni!" sorrise. - "Ora capirai perché mi lamentavo quando scalciavano? Non c'è da stupirsi che sia stato necessario un cesareo", riuscì a scherzare Natalia prima di mettersi a piangere per la commozione. Glieli portarono tutti e due infagottati e riuscì appena a poggiare le labbra su ciascuno di loro, senza poterli nemmeno toccare. C'era troppa gente intorno al lettino della sala operatoria e lei dovette rimandare il pianto liberatorio che le serrava la gola. Un attimo dopo tutto diventò confuso. Per suturarle la ferita, le somministrarono ulteriori farmaci, e vide come in sogno sua madre, quella di Can e zia Clotilde, in piedi accanto al letto che si asciugavano gli occhi. Parecchio più tardi si svegliò. Suo marito, attraverso i vetri della finestra guardava quella luna rossa di Istanbul, che adorava ammirare, proprio per quel colore che rappresentava il suo amore, divenuto già più grande, come la sua donna. Sentì che lo chiamava con un fil di voce e lui immediatamente la raggiunse. Si stese accanto a lei, le accarezzò i capelli e si portò la mano libera dalla flebo alle labbra. I loro bambini erano in neonatologia, per sicurezza dovevano necessariamente stare qualche giorno in incubatrice. " Grazie per i nostri meravigliosi figli. Li hai cresciuti nel tuo corpo anche se per metà appartengono a me. Hai tenuto anche me dentro di te, ask", le sussurrò. E poi finalmente la poté baciare, un bacio lento, lungo, da assaporare senza fretta. Sollevò la sua gamba che stava scivolando dal letto e cercò nuovamente le sue labbra che si dischiusero dolcemente. Lei percepì l'odore della sua pelle e questo la faceva sentire viva e soprattutto desiderata, anche se non poteva muoversi. Insieme avevano vissuto due gravidanze diverse tra loro, ma questa era stata proprio da manuale, a parte il suo imponente aumento di peso, a sorpresa gemellare..... in fondo era andata benissimo fino all'ultimo momento, nonostante le terribili nausee, ma quelle lunghe ore di travaglio, l'avevano veramente stremata. Rimase lì con lei tutta la notte. Il mattino successivo si preparò per andare a casa a farsi una doccia, a cambiarsi per fare ritorno subito da lei. Nel frattempo erano arrivate sua madre e la mamma di Natalia. Diede un bacio sulla fronte a sua moglie per salutarla e le lanciò un ultimo sguardo. Can vide i suoi occhi pieni di lacrime e comprese. Capiva sempre quando aveva bisogno di lui e quando aveva bisogno di restare un po' da sola. Prima di andare, si recò al reparto di neonatologia a vedere i suoi bambini e a chiedere come stavano. Le ostetriche durante il controllo post parto, le comunicarono che presto avrebbe potuto tenere in braccio i suoi figli, anche se per poco, per provare ad attaccarli al seno, visto che la montata lattea aveva già avuto inizio. Si congratularono con lei e Natalia ebbe modo di appurare quanto avesse bisogno dei loro saggi consigli. E poi quella notte avrebbe dovuto fare la conoscenza con Guven e Guldem. Erano così teneri, così piccini, belli e grinzosi nel suo ricordo del giorno prima, appena nati. Una volta di più si chiese se fosse riuscita ad essere in grado di accudirli.