Parte 76 ANCORA A BORDO? O FINE DEL VIAGGIO 2. (LA RABBIA DI CAN)

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"Chiunque può arrabbiarsi, questo è facile. Ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, e al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile". 

(Aristotele)



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"Dalle nature diverse nasce l'amore. Nella contraddizione, esso acquista forza. Nel confronto e nella trasformazione si preserva."

(Paulo Coelho)


"Così ti amo perché non so amare altrimenti 

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"Così ti amo perché non so amare altrimenti 

che così, in questo modo in cui non sono e non sei, 

 così vicino che la tua mano sul mio petto è mia, 

così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno. "

(Pablo Neruda)


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Quel  fatto imprevisto aveva fatto infuriare Can. Natalia era arrabbiata e offesa dalla sua mancanza di fiducia. Lui troppo agitato per riuscire a spiegarle meglio il perché della sua esplosione...Lei presa alla sprovvista...Un banalissimo e stupido litigio li aveva fatti agire d'impeto e dirigere in posti diversi. 

NATALIA:

Non riuscivo più a seguire ciò che mi diceva. Ho cercato di spiegargli.....ma non mi ascoltava.        'Portami da mia madre e dai miei figli', gli dissi. Ero solo arrabbiata. E lui lo fece, lasciandomi sola davanti al portone, dicendo 'Io vado allo yacht, quando vuoi, conosci la strada'. Non mi ha detto nient'altro, nemmeno 'andiamo', o 'più tardi vengo a prenderti', niente. Avrei voluto fermarlo, ma ero troppo presa dallo stupore e dai pensieri per smorzare i toni di quel litigio e lo lasciai andare senza dire una parola. Mi rintanai nella mia vecchia camera e riflettei. Mi fiondai sul letto e calde lacrime di rabbia e delusione mi bagnarono il viso. Aveva ragione, dovevo dirgli quello che avevo saputo  da Carmen subito e, dopo, evitare di andare a pranzo con loro. Non ho pensato a lui, a come potesse reagire e che avrebbe potuto capire che Mario fosse interessato a me. Io lo vedevo soltanto come amico e mi dispiaceva aver scoperto che i suoi sentimenti fossero ben altri. Ma a Can non era sfuggito il suo insistente sguardo su di me. Aveva capito tutto, da solo, da grande osservatore quale era.                                                                                                    Solo dopo un'ora abbondante mi resi conto di fissare il soffitto. Mi sentivo distrutta, stanca, ma non fisicamente. Mi girai a guardare un punto indefinito della stanza, solo per cambiare posizione. Non volevo alzarmi perché sapevo che, una volta in piedi, mia madre e mia zia avrebbero chiesto dell'assenza di Can ed io non avevo proprio voglia di parlarne. L'appartamento era molto grande e i bambini avevano a disposizione parecchio spazio per loro e le babysitter. Li sentivo parlare e ridere mentre giocavano. Ma il loro papà non era lì, perché era arrabbiato con la loro sciocca mamma.... Io non volevo fare un torto al mio Kral, né mancargli di rispetto e, assolutamente, mostrargli di non aver fiducia in lui. Volevo solo capire perché non mi fossi mai resa conto di quello che Mario provava per me che gli ero solo fraternamente affezionata. Avrei voluto solo fargli capire che doveva voltare pagina, che doveva farsela passare e basta. Avevo voluto per questo motivo Can assieme a noi a pranzare, per fargli vedere il grande amore che ci legava e che, per lui, non c'era nulla da fare se non guardare in altre direzioni e togliere me dalla sua mente.                                                                                                                                           Ma perché non gliel'avevo detto? Lacrime calde e amare tornarono a scendere dai miei occhi. Sapevo che ne sarebbero trascorse ore, per lo stato d'animo in cui mi trovavo, a piangermi addosso, dandomi la colpa per come erano andate le cose. La colpa era mia, solo mia. Con un sospiro mi misi seduta sul letto, mille pensieri mi frastornavano, ma quello che mi faceva più male era che sarei dovuta essere insieme al mio uomo, al mio amore e invece...Chissà cosa stava pensando..... cosa stava facendo....Sbloccai lo schermo del cellulare, ma non c'era nessun messaggio e nessuna chiamata sua, così iniziai a sfogliare la galleria. Immagine dopo immagine, osservai i momenti trascorsi insieme a Can, viaggi all'estero, momenti romantici. Alternavo sorrisi a lacrime. Il mio cuore era gonfio di tristezza, di rabbia e di passione. Mi mancava come l'aria. Aspettavo che tornasse a prendermi, che tornasse da me. Spensi il telefono e pensai a cosa ci aveva portati l'uno verso l'altra, l'uno dentro l'altra. Alle sue forti braccia che mi stringevano come se, lasciandomi andare, avesse potuto perdere la ragione della sua vita. Ai suoi bellissimi occhi scuri, dove mi perdevo ogni volta che incrociavano i miei. Al sapore dei suoi baci, le sue labbra ruvide, la sua lingua dolce che esplorava la mia bocca e mi dava ossigeno mentre aspirava la mia anima. Aspettavo il suo ritorno, un suo cenno, una sua parola, con tutta me stessa, così forte che mi faceva male tutto e, più di tutto, il cuore. Erano trascorse poche ore e già mi sentivo precipitare in un inferno di solitudine.


CAN:

'Tornai allo yacht, mi diressi alla suite e mi gettai sul letto. Ero arrabbiato, avvilito dallo scombussolamento che mi avevano provocato quelle emozioni. Cosa voleva quel Mario? Voleva giocare a combattere con me, per la mia donna? Appena lo vidi capii subito quali fossero le sue mire, ma la mia Nat non si è voluta fidare di me. Lei sapeva e non mi ha detto nulla. Non aveva pensato a noi, a me, l'altra parte di lei, che avevo il diritto di saperlo quanto lei stessa. Perché? Ero furioso con Natalia, ma molto di più con me stesso. Come avevo potuto farmi prendere dall'ira al punto da non lasciare a lei l'opportunità di spiegare? Avevo agito d'impulso. Non riuscivo a farmene una ragione. Natalia mi aveva taciuto una verità di cui era a conoscenza ed io ero ferito dentro. Ero troppo teso e avevo bisogno di movimento, così mi diressi in palestra e mi gettai a capofitto sugli attrezzi, fin quando non fui spossato e scaricato. Quando sarebbe tornata le avrei chiesto scusa e le avrei lasciato il tempo di spiegarsi. Cercai di sbollire la rabbia per non ferirla di nuovo e non sarei più andato via da lei. Quando tornai nella suite dalla palestra, la mia Nat non era ancora tornata. Feci una doccia e indossai abiti puliti. L'avrei aspettata. Presi il mio cellulare e non vidi né un messaggio né una chiamata da parte sua. Capii che era ferita e arrabbiata per ciò che le avevo detto e per non averla ascoltata. Ero devastato dall'idea di quanto stesse soffrendo a causa mia. Ma perché non si faceva sentire? Perché non era ancora tornata da me? Cosa stavamo facendo? C'era molta passione tra di noi,  intesa, tanto amore, amore puro e profondo. Distrattamente mi accorsi che il tempo passava e non ebbi più voglia di provare a fermare i miei pensieri. Al diavolo il mio orgoglio ferito, aprii la galleria del mio telefono e feci scorrere le nostre foto. Volevo assaporare in silenzio le emozioni che mi assalivano quando fissavo i suoi occhi di velluto nero, volevo riuscire a sentire il suono dei nostri pensieri che si cercavano, che si incontravano. Lei era troppo importante per me e la solitudine che mi bussava alla spalla, mi faceva  paura, perché una vita senza lei, io non sarei riuscito mai ad immaginarla. Le avrei comprato qualcosa di bello per  farle dimenticare al più presto la nostra litigata, magari l'ultimo romanzo di quello scrittore che amava tanto, un mazzo di rose e... Dio, quanto faceva male rimanere da solo con le nostre foto insieme tra le mani, a rivivere con la mente i nostri momenti più felici, al mare, al luna park, durante il nostro ultimo viaggio.... Mi bastava guardarla per sentirmi l'uomo più fortunato del mondo. Sentivo la mia anima vuota, tagliata a metà, sola.  Si era aperta una voragine nel mio cuore che solo la sua presenza poteva colmare, perché  lei era la persona più importante della mia vita. In quel momento avevo bisogno che le sue labbra toccassero le mie, che le sue mani sfiorassero il mio viso, che si stringesse accoccolata nel mio abbraccio. Avrei aspettato ancora un po' che tornasse, da sola, senza costrizione alcuna. Se non l'avesse fatto, sarei andato io a riprenderla. Non volevo passare la notte senza di lei, non sarei riuscito a dormire senza lei tra le mie braccia. Non riuscii a comprendermi. Non riuscivo a capire quell'epilogo di uno stupido litigio. Mi resi conto di essere molto più geloso della mia donna di quanto pensassi. Ero geloso anche dei suoi pensieri? Ero certo che l'amore, il vero nostro amore, mi avesse molto migliorato, ma dopo quella mia esagerata reazione che, tra l'altro, mi faceva ancora star male, mi vedevo come un mostro. Io che preferivo non pensare e mi ritenevo sempre aperto a tutto ciò che la vita mi avesse riservato e offerto, pensavo al futuro con lei, ci pensavo e avevo paura, per il nostro rapporto, di non riuscire a farla sentire amata, protetta, al sicuro con me, tra le mia braccia, completamente vuote senza la mia Nat. Erano trascorse solo poche ore e già mi sentivo attanagliato da una fredda e buia solitudine che faceva rabbrividire tutto il mio essere, ripercuotendosi sul mio cuore che mi faceva veramente male.  Mi sentivo schiacciato, devastato, finito.  Lei era la mia anima, l'altra mia ala, il mio mondo... non poteva stare  lontana da me. Era lei la mia forza, con lei accanto sapevo di poter morire e ricominciare mille volte. Lei era  il mio mare, la mia Istanbul, il mio cielo, il mio confine e il mio orizzonte. Sarei morto senza. Dovevo andare a riprendermela, non ce l'avrei fatta a resistere. 

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NATALIA E CANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora