Parte 60 IL RITORNO

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"Com'è bello tornare. Tornare a sentire. Tornare ad amare. Tornare a credere. Tornare a giocare. Tornare a baciare. Tornare da te."
(Susanna Casciani
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 Si era appena alzata per andare alla toilette, quando il velivolo cominciò a sobbalzare

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 Si era appena alzata per andare alla toilette, quando il velivolo cominciò a sobbalzare. Gli occhi di lei si spalancarono a quella consapevolezza, proprio mentre l'aereo incappava in una sacca di turbolenza. Lui si sporse per afferrarla, ma lei oscillò verso un sedile, afferrandosi allo schienale di pelle. Il jet sussultò di nuovo, così perse l'appoggio di un piede e il cuore le saltò fino in gola. Natalia perse l'equilibrio e atterrò giusto sulle gambe di Can, appoggiandosi alle sue spalle per non finire a terra. L'aereo incappò in un'altra turbolenza, mandandola contro il muro solido del suo petto muscoloso. Alla fine, riuscì ad attraversare il breve corridoio della prima classe e raggiunse il bagno.  Al suo ritorno, come se le sue gambe vacillassero, cadde a sedere sulla poltrona e chiuse gli occhi. La osservò con tenerezza, addormentarsi naturalmente e lentamente. Segni scuri sotto i suoi occhi rivelavano il periodo difficile che aveva vissuto a causa sua. Si maledisse per quello che aveva causato e che le aveva fatto vivere. Abbassò lo sguardo e grosse lacrime gli rigarono il viso. Stavano tornando a casa insieme, dai loro figli, ma non riusciva a smettere di pensarci. Chissà quante situazioni del genere avrebbero dovuto vivere ancora. E queste sofferenze, chi le avrebbe potute sopportare? Doveva fare qualcosa, se era il caso, doveva prendere delle decisioni importanti ed era pronto a farlo.                         Natalia guardava fuori dall'oblò quando finalmente, l'apparecchio iniziò la sua discesa verso Istanbul. Tra la tempesta e l'ansia di rivedere i suoi bambini, si sentiva agitata. Fortunatamente mancava poco. Dall'alto, la città cominciava ad apparire. Il fronte temporalesco aveva oscurato il cielo e le condizioni erano peggiorate al sopraggiungere della sera. Tuttavia poteva vedere le luci sul Bosforo ben diverse da quelle di New York. Non appena il jet attraversò le ultime nuvole, la forma della terra prese consistenza. Una miriade di costruzioni erano sotto di loro, punteggiate da luci sparse. E, subito dopo e ben visibile, apparve la pista di atterraggio, delimitata e illuminata da forti fari.                                                                                                                                                        -"Attenzione, prego. Stiamo per atterrare. La tempesta continua a peggiorare, così cercheremo di prendere terra il più presto possibile. Preparatevi per una rapida discesa." annunciò il pilota.          Il cuore le batté più forte. Istintivamente, cercò di afferrare la mano di Can.                                             Aveva la mano contratta a causa della stretta spasmodica della sua Nat, che si era prolungata per tutto il tempo del difficoltoso atterraggio. Aveva mantenuto la calma, anche se i suoi nervi erano in subbuglio al pensiero che lei fosse spaventata.                                                                                    Atterrarono tra balzi e scossoni.                                                                                                                            Adesso, che erano salvi e a terra, teneva l'ombrello aperto su di lei mentre la scortava verso l'uscita. Asli avrebbe pensato al recupero dei loro bagagli e glieli avrebbe fatti recapitare da un facchino presso la loro auto. La sua Jeep era là ad attenderli. Intendeva portarla al sicuro in macchina e poi a casa. Un lampo saettò nel cielo nero come l'inchiostro, e un tuono potente lo seguì subito dopo. Troppo vicini, forti e violenti da far paura. E non si sentì tranquillo per lei. Allacciò un braccio intorno alla vita di Natalia e la tirò contro di sé. Corsero insieme sull'asfalto e ogni loro passo sollevava schizzi dalle pozzanghere, mentre l'intensità della pioggia aumentava. Spalancò la portiera del passeggero e la guidò all'interno, poi girò intorno all'auto e si mise al volante. Il motore, appena acceso, ronzava piano, mentre un addetto caricava i loro bagagli sul retro. Pochi secondi dopo, Can portò l'auto fuori dal parcheggio e si avviò sulla strada a due corsie verso la proprietà Yaman.                                                                                                                                  Un lampo squarciò il cielo a metà e il tuono susseguente portò una nuova consapevolezza nel suo cervello. Che cosa aveva rischiato di perdere, per essere stato poco attento a degli atteggiamenti stupidi ed equivoci? E sarebbe riuscito a non cascarci più?                                                   Il cielo si illuminò di nuovo e poi seguì il tuono. Diverso. Un boato che fece tremare terra e veicolo, questa volta.  -"Dannazione!"esclamò lui, quando si accorse che un albero si era rotto a metà, finendo sulla carreggiata. Sbandò a sinistra proprio mentre cercava di evitarlo e slittò lateralmente nella frenata, trovandoselo sulla strada dinanzi a loro. Poi la pioggia che martellava sul tetto, fu l'unico suono udibile. Si girò verso di lei. -"Nat, Come va, ask?" -"Sto bene" lo rassicurò subito lei. Era pallida, ma sembrava illesa.  -"Grazie al cielo hai reagito così in fretta, Kral. Ora, però, dovremo prendere una strada alternativa." Una strada alternativa? Non era così semplice. -"Non ci sono strade alternative, amore mio. Dobbiamo tornare indietro. Ci fermeremo a Bebek. A casa nostra, dai nostri bimbi, torneremo domattina." Lei sgranò gli occhi e rabbrividì negli abiti bagnati, nonostante il calore del riscaldamento della Jeep.  Lui stava telefonando a casa per avvertire dell'accaduto, in modo che non si preoccupassero. Arrivarono nel loro appartamento, attiguo allo studio legale, grondanti e la luce della luna filtrava tra le vetrate, silenziose. Sembrava  che avesse smesso di piovere e c'era uno squarcio tra le nuvole che gettava strisce ambrate sulle ampie spalle di Can. I suoi capelli luccicavano per le gocce di pioggia.                                                                                                                                                                                     -"Penso che sia ora di togliersi questi abiti bagnati." disse lui. -"Sssh.." Gli posò le dita sulle labbra. -"Basta parlare." Natalia sostituì le dita con le labbra e lui non obiettò. Le sue mani tornarono su di lei, slacciando in fretta i bottoni della camicia. E lei non volle essere da meno. Gli tolse la giacca e continuarono a liberarsi degli indumenti fradici, finché i loro vestiti disegnarono un curioso sentiero verso il bagno. Mille getti d'acqua tiepida scorsero sui loro corpi . Era sempre bello fare la doccia assieme. Quando si asciugarono si diressero esausti verso il letto. Si abbracciarono e rimasero così, nella loro posizione naturale, come sempre.                                            -"Tu sei mia moglie, il mio amore, la madre dei miei figli. Continua a dividere la tua vita con me, in modo che possa mostrati ogni giorno di più quanto ti amo." Can la attirò a sé finché le loro fronti si toccarono e le sussurrò -"Nessuna mi era mai entrata dentro, mi aveva mai visto dentro come te, Nat, ask. Tu sei stata l'unica. E ci resterai per sempre. Stanne certa, amore mio, finché vivrò il tuo posto sarà sempre quello." Lei sentì un nodo serrarle dolorosamente la gola. Pensò alle parole di Asli, le aveva detto che, lontano da lei e fuori dalla famiglia, era un uomo duro sotto molti aspetti, intransigente nell'ambito del lavoro, quasi capriccioso. Quando era sul set non doveva volare neanche una mosca e pretendeva che nessuno, al di fuori del cast e dello staff, presenziasse alle riprese. Non aveva bisogno di alzare la voce, riusciva a far tremare le ginocchia alle persone solo con lo sguardo o con una parola pronunciata seccamente. Eppure era così dolce con lei, in maniera quasi infantile e questo Natalia l'adorava, perché era puro e senza freni. Se nessun'altra si era data la pena di guardare al di là del suo volto e del suo corpo mozzafiato, significava che non meritava di conoscerlo meglio.  -"Mi hai reso dipendente" le disse, con voce roca e un mezzo sorriso.  -"E ora non posso sopportare il pensiero di neanche  due giorni senza di te." Gli sollevò il mento e lo baciò teneramente, blandendolo con le labbra, quasi a rassicurarlo.  -"Ti amo,  kral" mormorò contro la sua bocca. -"Nemmeno io posso stare lontana da te. Ma non cascarci mai più."  -"Mai più, amore mio, mai più... E... grazie, ask, per essere tornata a chiamarmi kral." Il bacio che le diede in risposta fu avido, divorante, eppure il modo in cui la stringeva a sé era gentile e delicato, come a dimostrarle quanto, per lui, fosse preziosa. Quando si staccarono, entrambi respiravano a fatica.                                                           Avevano fatto l'amore per tutta la notte, dormendo per brevi pause. Veramente solo lei si era appisolata. Lui l'aveva guardata dormire, gustando quel piacere che gli era mancato ultimamente. Questa loro notte stava per finire. La baciò delicatamente, aspirando il suo profumo e carezzò i suoi capelli di seta nera, sparsi sul petto. Le stelle cominciavano a impallidire. Il maltempo si era spostato verso ovest e il sole iniziava a illuminare l'orizzonte. Istanbul si svegliava con loro, dopo una tempesta, proprio come quella che avevano vissuto. Natalia si mosse contro di lui e sospirò. -"Tra poco dovremo rivestirci." -"Sì, lo so. Ho già portato dentro i nostri bagagli." le rispose. A un certo punto della notte, aveva infilato i pantaloni ed era uscito a recuperare le valigie dalla Jeep. Poi era tornato a stendersi accanto a lei. Lasciò scorrere le dita lungo il suo braccio di velluto, le sorrise e la baciò di nuovo. 

CAN:

Avevo pagato un prezzo troppo alto e non riuscivo a immaginare niente che valesse quello scotto. Mai più, mai più sarebbe successo. Glielo dissi di getto. 'Partiremo insieme e torneremo insieme. Non ti lascerò mai più, dovrai venire sempre con me.' Appoggiai la schiena al sedile dell'aereo che ci stava portando ad Istanbul, dai nostri bambini, a casa nostra e bevvi un sorso di caffè, notando la mano di Natalia stretta a pugno sulla sua coscia. Le presi la tazza di espresso dall'altra mano e la infilai, insieme alla mia, negli appositi porta bicchieri. Poi le circondai le spalle col mio braccio. Abbassai lo sguardo e la vista al suo anulare sinistro dell'anello che le avevo messo al dito, quando tornò da me, dopo la sua prima fuga, quel segno della sua appartenenza a me,  mi rese, momentaneamente, sereno e completo. Ma non riuscivo a darmi pace. Perché doveva vivere tutte queste sofferenze a causa mia? Più l'adoravo e più le infliggevo dolori che non meritava. Ero disposto a mollare tutto, pur di vivere la mia meravigliosa vita con la mia Dea dell'amore, serenamente. Non avrei più voluto ritrovarmi a patire le pene dell'inferno, con lei e per lei che era la mia fonte di vita. Per quanto forte potesse essere, la mia Nat, prima o poi non ce l'avrebbe fatta a venire a riprendermi, a riprendersi ciò che le apparteneva. Gli agguati del genere Orzu e Defne, potevano trovarsi sempre dietro l'angolo. E queste sofferenze ci portavano quasi a morire. Sapevo bene quanto mi amasse e quanto avesse lottato, con i pugni e con i denti, per salvare noi, il nostro amore e la nostra famiglia. Non riuscivo ad accettare di essere io, il suo mondo e il suo dolore. Mi si pose chiaro, di fronte, un bivio, come vivere o morire. Natalia e la mia famiglia o la mia carriera. E non avevo alcun dubbio sulla eventuale scelta.

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NATALIA E CANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora