Può succedere che un grande attore, cercato e richiesto da tutti rimanga coinvolto da uno sguardo casuale, dalla mano affusolata di una sconosciuta? Dalla percezione delle sensazioni di una semplice ragazza, incontrata per caso? Così ho immaginato l...
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Aveva lasciato Can davanti all'ascensore, mentre la implorava di non andarsene. Era stata la cosa più difficile che avesse fatto in tutta la sua vita. Ma aveva deciso. Gli aveva aperto il suo cuore e lui non aveva fatto nulla per non spezzarlo. Le aveva detto che l'amava, che voleva proteggerla... L'aveva sentito chiaro e forte. Ma questo non aveva cambiato la sua situazione mentale. Aveva bisogno di allontanarsi da lui. Tutto ciò a cui riusciva a pensare, continuamente, era una sola cosa. Sapeva, in fondo, che non era come pensava lei, ma purtroppo, riusciva a tenere conto solo delle impressioni ricavate da un'istantanea, senza tenere conto del quadro completo. Le idee nascevano sull'onda delle emozioni provate e non su fatti concreti. Era stato così per Natalia. L'aveva scoperto più tardi, quando aveva potuto prendere le distanze dagli eventi che l'avevano travolta, ed era riuscita a guardare le cose in maniera più nitida, senza il coinvolgimento sensuale che l'aveva investita, portandola dritta tra le braccia di lui. Lo amava con tutta se stessa, ma l'intensa fitta bruciante faceva ancora male. Aveva bisogno di stargli a distanza per riuscire ad essere più lucida. Non sapeva per quanto tempo, però. Si era fatta forza, ma doveva farlo. Non sarebbe riuscita a stare tra le sue braccia in maniera totalitaria, come sempre, se quel doloroso bruciore non fosse scomparso. Sapeva bene quanto la amasse, non ne aveva mai avuto alcun dubbio. Non aveva mai avuto problemi a dirle ciò che voleva o cosa provava per lei e glielo aveva manifestato sempre. E non solo nell'intensa intesa sessuale, parte importante del loro legame, perché non era tutto, non con Can. Lui riusciva a condividere completamente i suoi sentimenti. A volte aveva la sensazione che volesse consumarla, ma con tutto l'amore del mondo. L'aveva sopraffatta dal primo momento, da amante molto esigente, ma di una cosa era sicura, aveva voluto lei tutto quello che le aveva dato. Il desiderio di riprendersela e farla rimanere con sé, era stato così grande che aveva preso a pugni il muro, solo per impedirsi di afferrarla. Gli aveva detto di non cercarla mai più. La sua Natalia lo aveva lasciato una seconda volta. La prima era stata quando era scappata da casa , nelle prime ore del mattino, terrorizzata e illuminata da un brutto sogno. Questa volta se n'era andata senza guardarsi indietro. L'aveva capito dalla sua espressione. Se n'era andata non per la paura, ma per quella parvenza di tradimento, che non c'era stato, ma che l'aveva devastata. Per il pensiero che le avesse nascosto la verità su quegli stupidi atteggiamenti di Defne che, fino a quando non se ne era reso conto, non aveva fermato. Aveva, suo malgrado, distrutto la sua fiducia. Aveva corso un rischio troppo grande e aveva perso. Era una giornata uggiosa, piovigginava e faceva freddo, ma non sul taxi. Aveva la sua Nat accanto che gli sorrideva, lo infiammava ancora, anche se avevano appena finito con la loro passione fisica. Il ricordo della doccia che avevano fatto insieme, e di quello che sotto il getto dell'acqua avevano condiviso, lo avrebbe accompagnato l'intera giornata. Sarebbe stato la sua consolazione, perché rafforzava la consapevolezza che l'avrebbe rivissuto in serata, che sarebbero stati di nuovo loro due, che era sua, che sarebbe ricominciato tutto da capo. Ma rifletteva anche sulla conversazione che avevano avuto. Aveva spostato una ciocca dei suoi capelli di seta nera dietro l'orecchio e le aveva sorriso ancora. Si sentiva felice. Adorava portarla con sé sul set, specie dopo averla avuta per l'intera nottata. Avevano corso sotto la pioggia, insieme. Il suo corpo snello stretto a lui, profumava di buono, di fiori e sole. Lo faceva sentire l'uomo più fortunato del pianeta. L'aveva presentata alla vecchia guardia all'ingresso e insieme erano entrati in un ampio salone, dove erano allestite le varie scene....Ad un tratto, di fronte a loro, Defne. Si chiese da dove fosse sbucata e come mai si trovasse lì. Non l'aveva mai fatto, né lui l'aveva mai invitata e né glielo avrebbe mai concesso. Stare accanto a lui sul set era riservato solo a sua moglie e a nessun'altra. Lo guardava con occhi languidi e lui, si girò verso la sua Nat e la baciò teneramente. Diede disposizioni ai suoi manager di allontanarla, ma Natalia se ne era già accorta. Terminate le riprese, fecero ritorno all'hotel. Raggiunsero la suite e lei si diresse verso la camera da letto. Senza dire una parola, raccolse le sue cose, si avviò verso l'ascensore e premette il pulsante di chiamata. -" Me ne vado. Non cercarmi mai più." furono le uniche parole che disse da quando erano partiti dalla location del set. Can cercò di fermarla, la tirò a sé, ma con lo sguardo serio e una mano alzata, gli impose di lasciarla andare. La conosceva bene e sapeva che non era il caso di insistere. La mano gli faceva male tanto quanto il cuore. Tutto quello che riusciva a fare era respirare, mentre l'ascensore la portava lontano da lui. Non poteva seguirla, così aveva lasciato la hall della suite e si era diretto verso una delle sale ristoro. Asli stava prendendo un caffè e continuava a tenere la testa bassa, facendo finta di non vederlo. Era a conoscenza di tutto, Natalia l'aveva informata e lei l'aveva aiutata a trovarsi un altro alloggio. Can non ne avrebbe dovuto sapere nulla. Tornò alla suite. Si buttò sul divano, dopo aver bevuto due swing. Si alzò e si appoggiò al tavolo, con la testa fra le mani. Gli doleva come se l'avessero percosso con un bastone. Il cellulare continuava a lampeggiare. L'aveva coperto perché non lo distraesse. Tanto sapeva già che non era lei. Natalia non aveva risposto a nessuna delle sue chiamate né ai messaggi che le aveva inviato. Di questo era certo. Era notte. Fuori era ormai buio. Dov'era? Era ferita e sconvolta? Stava piangendo? Lo odiava? Sì, probabilmente tutte queste cose erano giuste, e non poteva neppure andare da lei, per cercare di salvare il salvabile. Lei non lo voleva più. E non sapeva nemmeno dove cercarla. Se era tornata ad Istanbul o era ancora a New York. Era il momento di affrontare la verità e su come si era comportato con lei. Così era rimasto sul divano a riflettere. Non poteva entrare nella camera da letto, c'era troppo di lei, e lo avrebbe fatto soffrire ancor di più. Sarebbe rimasto lì, quella notte, e avrebbe dormito non avvolto in lenzuola che erano impregnate del suo profumo. Nelle quali lei aveva dormito. Doveva farsi una doccia. Davanti agli occhi aveva solo lei. La sua bellissima moglie italiana. Si massaggiava il petto, per tentare di lenire la disperazione che gli bruciava nel cuore. Lasciava scorrere l'acqua nella doccia e si spogliava. Mentre l'acqua calda lo bagnava, si era appoggiato alle piastrelle e aveva tentato di affrontare la verità: Non era con lei! Aveva rovinato tutto, e ora lei non lo voleva più. Chiuse il rubinetto e uscì dalla doccia. Il gocciolio desolato dell'acqua che colava via gli faceva dolere il petto ancora di più. Era colpa del vuoto che vi albergava. Prese un morbido asciugamano per tamponarsi i capelli. Osservò il suo riflesso nello specchio, mentre il viso pian piano si rivelava al suo sguardo. Nudo, bagnato, e deficiente. Solo. Aveva capito un'altra verità mentre si studiava, grandissimo imbecille che non era altro. Mai era un periodo davvero lungo. Sarebbe stato in grado di darle un giorno o due di tregua, ma mai era fuori questione. Il fatto che avesse bisogno di protezione, da una probabile minaccia che poteva rivelarsi grave, non era cambiato. Defne poteva trovarsi ovunque, come aveva fatto sul set. Non avrebbe mai permesso che qualcosa potesse accadere alla donna che amava. Mai. Sorrise allo specchio, pur nel suo stato miserabile, perché aveva appena trovato il giusto utilizzo della parola mai. Provò a chiamarla dopo due giorni, ma non ricevette risposta. Decise di scriverle un messaggio, sicuramente l'avrebbe letto. -" Nat, baby, ask, sembra una frase fatta ' Tu che mi hai preso il cuore', ma sì, amore mio, mi ci ritrovo in pieno. Perché tu hai catturato il mio. Mi manchi. Il pensiero di te non mi lascia mai. Voglio che tu sappia cosa provo. Sono disperato.... So che mi hai licenziato, ma se accade qualcosa, o se qualcuno ti dovesse spaventare, voglio che mi chiami. Sarò da te immediatamente. Parlo sul serio: chiamami. Sei la mia donna, sei molto speciale per me, Baby, l'unica. Solo con te, amore mio, provo emozioni, produco idee e in te trovo una profonda comprensione. Solo con la tua presenza accanto a me, riesco a raggiungere luoghi nella mia mente e nel mio cuore che non pensavo esistessero e questo solo grazie a te. Ma sono tormentato da demoni interiori e sono terrorizzato al pensiero di affrontarli con te lontana da me. Non so cosa sto facendo per gran parte del tempo, ma so cosa provo quando sono con te. E, anche se mi odi per ciò che ti ho fatto, io ti amo e ti amerò sempre perché sei mia. Mia, Nat. Nel mio cuore sei mia, nella mia mente, nella mia anima e nessuno ti può portare via da me. Nemmeno tu. " Tre giorni dopo, Can trovò una chiamata persa di Natalia. Era arrivata mentre giravano la penultima scena sul set americano, nel pomeriggio. Aveva perso la chiamata perché era bloccato in una riunione inutile. Avrebbe voluto picchiare gli idioti che gli avevano fatto perdere tempo, invece aveva ascoltato la segreteria telefonica. -"Can, ho... ho letto il tuo messaggio." La voce era flebile e il desiderio di raggiungerla era così grande che non sapeva nemmeno lui come aveva fatto a dominarlo. -" Ti ringrazio per averlo mandato. Io... voglio solo che tu sappia che ho capito alcune cose....Ciao". Aveva temuto di rompere il vetro del display, digitando il numero per richiamarla, mentre sperava che avrebbe risposto. Il cuore gli batteva e faceva fatica a respirare...- "Ciao." Una parola piccolissima. Ma era la sua voce e gli stava parlando. Poteva sentire dei rumori in sottofondo. Di traffico. -"Nat, come stai? Sembravi sconvolta prima nel messaggio vocale. Ero impegnato sul set..." L'aveva sentita respirare a fondo, -"Can, hai detto che potevo chiamarti, se fosse successo qualcosa di strano...", disse, - "Cos'è successo? Stai bene? Dove ti trovi adesso?" Aveva sentito il sangue gelarsi nelle vene, per quel che aveva detto e per il tono che aveva. -"Sei fuori?" le chiese -"Sono uscita per correre. Avevo bisogno di pensare ad altro e staccare un po'." Si era zittita. Poteva sentire le auto che si muovevano intorno a lei e non sopportava di immaginarla sola, per strada. Capì che era ancora a New York. Vulnerabile. Senza protezione. Defne lo spaventava. -"Mi dici dove sei, per favore? Ho bisogno di vederti... dobbiamo parlare. E voglio sapere cosa ti ha spaventata tanto da farti telefonare e lasciare un messaggio." Ancora silenzio. -"Tesoro mio, non ti posso aiutare, se non me lo permetti."- "L'hai vista?" Il tono della sua voce era cambiato, era diventato duro. -"Vista chi?" rispose. Tutto quel che voleva fare era raggiungerla e prenderla fra le braccia. Sulle prime non aveva neppure registrato la domanda. Ma il silenzio gelido, dall'altra parte del ricevitore, gli fece capire presto a cosa si riferisse. -"L'hai vista, Can? Rispondi." -" Defne? Maledizione, no! Nat..." Il solo fatto che gliel'avesse chiesto lo aveva infastidito. -"Perché avrei dovuto farlo? Non mi interessa!" -" Ho ricevuto uno strano messaggio. Diceva che tu e Defne facevate coppia a scuola. Quando hai frequentato il College qua e che il vostro è un legame indissolubile, tant'è che è bastato rivedervi, per tornare a stare insieme. Ma non so chi l'abbia mandato." Capì che Defne aveva raggiunto Natalia e tremò. Ce l'aveva già nel mirino ed era in vantaggio. Era padrona del territorio, poteva e avrebbe saputo celarsi per poter sferrare colpi quando voleva. Mentre la sua Nat, lì, riusciva appena ad orientarsi. Nel giro di due giorni sarebbero tornati ad Istanbul, ma doveva starle accanto e proteggerla a tutti i costi. Doveva raggiungerla immediatamente.