"L'amore è quella parte di follia che rende fantastica la realtà e noi lo siamo stati e continuiamo ad esserlo, folli e innamorati."
(LA PASIONARIA)
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NATALIA
Mi rendevo conto che qualcosa era cambiato, proprio nell'arco di pochi giorni. Già la bambina si muoveva di più, da non farmi riposare la notte, poi, nei vestiti che avevo fino ad allora indossato, riuscivo ad entrarci a stento e dovetti iniziare ad metterne di premaman, con la pancia che cominciava a vedersi, anche se non tantissimo. Fisicamente stavo bene, avevo solo il bisogno di utilizzare scarpe non troppo basse e più cuscini a letto e sul divano, per via di qualche mal di schiena e l'aumento della ritenzione idrica. Insomma, dal settimo mese, con la vicinanza di Can e la sua compartecipazione, avevo cominciato a realizzare veramente di essere incinta. Mancava poco alla mia visita di controllo ginecologica e, stavolta, non sarei stata da sola, con me ci sarebbe stato mio marito, il padre della creatura che portavo in grembo. Non vedeva l'ora godere della vista di quest'altra nostra figlia, le precedenti se l'era perse, fin dalla prima, e ora aveva contato i giorni. Adorava tenere le mani sulla mia pancia, per cogliere qualche movimento della bambina e, quando lo avvertiva, la accarezzava come a volerle trasmettere il tocco della sua presenza. Le sussurrava -' Tranquilla, piccolina mia, il tuo papà è qua, con te e la mamma.' Avvertivo una sensazione unica e diversa in lui, rispetto alla precedente gravidanza dei gemelli, forse per la sorpresa o per non averla potuta condividere con me, fin dal primo momento. A dire il vero, io stessa mi sentivo un corpo unico con lui a quel contatto speciale delle sue mani sul mio ventre, dove si trovava la nostra creatura. Con gli occhi e con la bocca non faceva che dirmi che mi amava, che ci amava. Momenti immensi e sublimati che mai avevo vissuto, nonostante il nostro esagerato amarci. Riflettei su cosa avevo rischiato di perdermi, per quello stupido e maledetto equivoco. Era meglio non pensarci, mi sentivo morire a quel ricordo. Finalmente, giunse il giorno della visita di controllo. Era emozionato e felice di essermi accanto e poter vivere la presentazione della nostra bambina. Sì, quel giorno l'avrebbe vista per la prima volta. Arrivammo in largo anticipo all'ambulatorio e, per tutto il tempo dell'attesa, mi tenne abbracciata, trasmettendomi tutto il suo grande amore. L'ecografista mi guardava con rassicurante aria professionale. -"Le dispiace sollevare la maglietta, signora Yaman? Adesso le applico un po' di gel sull'addome, prima di iniziare l'ecografia". -"Certo!" risposi senza muovermi. Ero lievemente nervosa. Distesa su quel lettino, mi sentivo un po' agitata. Da un momento all'altro Can avrebbe visto sul monitor la nostra bambina per la prima volta. Mi stringeva la mano, come a sottolineare l'importanza di essere insieme in quel momento, perchè noi eravamo una cosa sola. E io, stringevo la sua. Quanto mi era mancato questo contatto le volte precedenti. Una lacrima, prepotentemente tentava di uscire dai miei occhi, nonostante facessi di tutto per trattenerla. Non volevo assolutamente rattristare quel frangente così importante per noi due e particolarmente per lui. L'ecografista mi cosparse il ventre di gelatina trasparente. Con espressione seria appoggiò la sonda ad ultrasuoni sulla mia pelle e all'istante comparve sul monitor una perfetta immagine a colori, in 4D. Era chiara, nitida e grande. Restai senza fiato. Quella era la nostra bambina che muoveva gambe e braccia dentro di me. Si vedeva proprio il suo corpicino e il suo viso rotondo veramente bello. Muoveva le mani e, poi, una la portò alla bocca e si mise a succhiare il pollice. Lanciai un'occhiata a Can che fissava lo schermo come ipnotizzato. Il dottore ci mostrò gli atri ventricolari, le spalle, le braccia, le manine....Infine, dopo averla controllata tutta e averci detto che era tutto a posto, fermò volutamente la sonda sul visetto e ve la tenne più a lungo. Can diceva che gli occhi erano come i miei, ma, sia io che il medico sostenevamo che somigliasse a lui. Pianse di gioia. -"Ecco fatto". L'ecografista riprese a pigiare sulla tastiera. Dalla stampante si srotolò una sfilza di immagini a colori, che mi porse, insieme a un DVD. Scrutai la prima, dove si vedeva con chiarezza il profilo della testina, con tanto di nasino, bocca e tutto il resto. -"Ho eseguito ogni tipo di controllo. Tutto è a posto", ci disse alla fine. Appena mi alzai dal lettino, Can coprì il mio viso con una miriade di baci, infine, si abbassò e baciò tante volte la mia pancia. Baciò sua figlia. Avevamo visto la nostra creatura e sentito il suo cuoricino. Eravamo commossi, soprattutto il mio kral che aveva gli occhi lucidi e non finiva di chiedere spiegazioni. In quel momento si era veramente reso conto che era reale il frutto del nostro amore! Mi teneva stretta la mano e mi guardava in un modo.... che mi fece venire un nodo in gola. E fu quello il suo modo di esprimersi, con gesti e sguardi che parlavano per lui. Eccola, era lì la piccolina che rappresentava un pezzo di entrambi, una fusione di cuori, di amore, di anime...di noi. Continuando a tenere le nostre dita intrecciate e guardandoci, le promettemmo tutto l'amore che possedevamo, tutta la felicità che provavamo, tutti i nostri pensieri... e che le avremmo dedicato, assieme ai suoi fratellini, la nostra vita. Le foto di quella ecografia sarebbero state le prime dell'album del nostra vita a cinque, sarebbero state particolarmente preziose, perché, riguardandole, avremmo potuto ricordare tutta la felicità di quel momento, rivivendola sempre, ogni volta. 'Ti voglio bene bambina mia', sussurrai. E sospirai al ricordo di ciò che avevamo vissuto. All'uscita ci recammo a comprare il corredino per la nostra principessa. Non avevo acquistato ancora nulla, aspettavo che Can lo sapesse prima di far trapelare la notizia e, l'acquisto di capi e di accessori da neonata, avrebbe rivelato il mio segreto. A quel punto si mise a squillare il cellulare di Can. - "Oh, ciao. Sì, abbiamo fatto l'ecografia. Sembra tutto a posto. E' bellissima, sai l'ho vista in viso, ho anche le foto e il film in DVD", rispose in turco, ancora emozionato.- "Stiamo uscendo adesso" stava dicendo Can al telefono. "E io e Nat stiamo andando a fare shopping. Vuoi parlarle?" -" É mia madre. Ha provato sul tuo cellulare, ma è ancora spento". -"Guldem annem!" esclamai estasiata. -"Fammici parlare". Presi il telefono e lo accostai all'orecchio."Ciao, Nat! Come va?" -"Benissimo, grazie!" - "Ho chiamato solo per sapere come è andata l'ecografia!" Mi commosse che se ne fosse ricordata -"Si direbbe tutto bene!" -"Sì, me l'ha detto Can. Grazie al cielo". Percepii il sollievo nella sua voce. I nostri due gemelli, Guldem e Guven erano diventati subito fratelli maggiori, anche se non avevano visto ancora la sorellina. Volevano acquistare giochi per lei in continuazione e litigavano per chi di loro si sarebbe preso cura della piccolina, quando sarebbe arrivata. Con me erano ancora più dolci e affettuosi di quanto già lo fossero, si avvicinavano e mi facevano carezze sulla pancia, vi appoggiavano le testoline e la baciavano proprio come faceva il loro papà. Ci trasferimmo qualche giorno dopo nella nostra nuova casa, con i bambini e le baby sitter, un attico comodo, grande e bello, con tanto spazio per noi e per i nostri figli. Mi concentrai sulla mia vita, la mia nascita e sul mio destino. E pensai di essere rinata altre due volte, con Can, il suo amore e il frutto della nostra unione, i nostri figli. Quando ho incontrato sulla mia strada l'uomo della mia vita e l'altra metà del mio cuore e quando ho, per la prima volta, incontrato gli splendidi occhi dei miei bambini, stelle nella notte in visetti rotondi, accarezzati da capelli scuri. Abbiamo attraversato il mare più agitato, siamo saliti sulle montagne più alte, insieme e, con pazienza, abbiamo ottenute faticose conquiste e gioie immense, per ogni attimo di luce di questi anni condivisi. Siamo stati albero e foglia, pioggia e terra riarsa, cibo e stomaco affamato. Siamo andati avanti insieme, seguendo l'istinto e la ragione. Siamo caduti tante volte e, ogni volta, rialzati più forti. Abbiamo imparato a rispettare i nostri silenzi, a tacere. Lui, col suo amore, ci sarà ogni volta per me, come io per lui. E sarei rinata un'altra volta quando avrò dato alla luce la nostra piccola che era ancora nel mio grembo. Sorridevo pensando al mio kral, all'amore della mia vita, ai suoi baci che facevano , miracolosamente, volare via tutte le nubi, alle sue carezze capaci di darmi respiro nei momenti più difficili, a quel supporto che mai , durante le mie cadute, mi aveva fatto toccare il suolo. Ma nello stesso tempo sentivo un nodo serrarmi la gola, al pensiero di quei mesi in cui eravamo stati distanti e a quello che mi ero persa. Quello che abbiamo vissuto, i nostri ricordi, rimarranno sempre nelle nostre menti, nei nostri cuori. Sono state esperienze che ci hanno dimostrato quanto ci siamo sempre appartenuti e continuiamo ad essere l'uno il completamento dell'altro. L'orgoglio non non aveva avuto più alcun significato di fronte ai nostri sentimenti. Aveva ceduto le armi e noi eravamo di nuovo insieme. Poteva succedere di tutto, ma niente avrebbe scalfito il mio amore e lui lo sapeva bene perché ricambiava alla stessa maniera. Vivevo fra le sue braccia, quando lo baciavo lentamente come piaceva a lui. Lo accarezzavo dolcemente scompigliandoli i capelli. E lui mi stringeva forte, sorrideva e , prendendomi la mano mi guidava sempre più verso il 'noi'. Era lui il mio uomo. Era l'amore per me. Avevo bisogno di lui.
CAN
Anche nel silenzio di quei mesi il mio cuore non aveva mai smesso di urlare il suo nome, nella speranza che questo grido potesse raggiungerla ed arrivare al suo. La stessa mia adorata Istanbul non la riconobbi, appena vi approdammo con lo yacht. Aveva perso i suoi colori, il suo profumo....non era più la mia città. Senza lei e i miei figli, vedevo tutto in maniera diversa, come se il sole si fosse ad un tratto spento e percepivo un silenzio assordante attorno a me, nonostante i rumori incessanti della metropoli in cui mi trovavo. Ho vissuto questa sensazione fino a quando Andrea non mi ha riferito di averla vista da sola più volte in ospedale. In quel momento mi sentii impazzire. Avrei voluto stringerla fra le braccia, farle sentire il mio amore e rassicurarla. Immediatamente, senza dir nulla a nessuno, partii per Roma. Era stata e continuava ad essere la ragione della mia vita, come avrei potuto farle del male? Eppure, appena mi sono avvicinato a lei, quando l'ho vista al piccolo parco, la prima cosa che mi ha detto, dopo avermi visto e stata, 'Cosa vuoi? Vuoi farmi ancora del male?' Da quelle parole capii che aveva sofferto come me e, ora che so della gravidanza, di certo più di me, povero amore mio. Avevo continuamente davanti agli occhi il sorriso dei miei bambini, la più grande ricompensa che avessi potuto mai potuto ricevere. Mi avevano illuminato l'anima, mi avevano arricchito e mi avevano reso il padre più felice e realizzato. E con loro la mia Nat, il mio amore, la mia passione assoluta, ora con la sorpresa di un'altra nostra bambina in grembo. Avevo ora, finalmente, ripreso il mio posto naturale, accanto a loro, con loro e fra loro. Lei era sempre stata il mio sostegno, pronta ad ascoltarmi quando ne avevo avuto bisogno, a supportarmi in tutte le mie vicissitudini. Il futuro sarebbe appartenuto a noi e ai nostri figli ed io, giurai a me stesso, che avrei fatto di tutto per la mia donna e la mia famiglia, dando l'esempio dell'amore, forza ineluttabile e imprescindibile di tutti i comportamenti, particolarmente di quelli più giusti e corretti, per vivere in un possibile mondo migliore. Era stata una giornata veramente movimentata, tra trasloco da ultimare e organizzazioni varie per la nostra nuova casa, dove ci eravamo già trasferiti, aggiungendo i preparativi per l'arrivo della piccolina. Di nuovo, preoccupato per il suo stato, ho guardato mia moglie, la più bella, tranquilla e sorridente, era lei , l'amore della mia vita. Non si era lamentata una volta, sebbene il peso della gravidanza, ormai agli sgoccioli, fosse fastidioso da sopportare. La sera, solo quando i gemellini erano già andati a letto, eravamo riusciti a ritagliarci un sospirato momento di relax solo per noi. Con tutto me stesso la strinsi fra le braccia e, quello, fu il miglior frangente di tutto il giorno, specie quando rispose ai miei baci con ardore e passione, trasmettendomi una voglia infinita di lei. Nessuno di noi due parlava, non servivano le parole, comunicavamo i nostri sentimenti con i nostri sensi, attraverso quel contatto fisico, in quell'abbraccio di amore totale e pieno di passione che diceva tutto. L'amai con tutto me stesso e con tutta la dolcezza di cui ero capace, cercando di limitare la mia irruenza, per paura di far male alla nostra creatura.
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NATALIA E CAN
RomancePuò succedere che un grande attore, cercato e richiesto da tutti rimanga coinvolto da uno sguardo casuale, dalla mano affusolata di una sconosciuta? Dalla percezione delle sensazioni di una semplice ragazza, incontrata per caso? Così ho immaginato l...