Parte 50 NUOVA VITA

2.7K 177 25
                                    


"I figli ti cambiano anche il ritmo del cuore."

(La Pasionaria)


§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


Pensava a lei che piangeva, forse per il dolore della ferita bruciante e fresca, ma che senza dubbio lo avrebbe voluto accanto a sé. Calde lacrime presero a scendergli dagli occhi e le parole dei medici, il giorno prima in sala operatoria, gli esplodevano nella mente. -"Stiamo iniziando a operare. Appena li stiamo per tirare fuori la facciamo passare oltre il telo." gli avevano detto. Tremava per il terrore di perdere tutto in un colpo solo. Le persone più belle e importanti della sua esistenza. Moglie e figli. Magari il rischio non era scientifico, per i dottori, ma era vera la paura nel suo cuore. Poi finalmente gli avevano detto che poteva spostarsi. E gli avevano intimato di non guardare il campo operatorio. Glielo avevano raccomandato tutti. Gli rimbombava in testa. "Non deve guardare mai lì."  Ma lui guardò. Fu la cosa più tremenda della sua vita, ma fu felice di averlo fatto. Perché altrimenti non avrebbe mai compreso cosa voleva  dire essere madre. Cosa voleva dire essere figlio. E quindi cosa voleva dire diventare padre. Per non parlare del prezzo della vita. L'ennesimo abisso che aveva toccato in questa avventura, profondo tanto da togliere il fiato, lo vide dentro il ventre aperto di sua moglie. Lui che girava la testa davanti a una ferita, e aveva paura di non riuscire a medicare nemmeno un taglietto, aveva tenuto la mano di lei per tutto il tempo, fino all'ultimo punto di sutura e, quando perse i sensi, si inginocchiò a baciarle quel braccio disteso e intubato. Otto mesi e qualche minuto, per capire che di così grande come la nascita non c'era nient'altro. Solo la morte. E così le due parentesi dell'esistenza per un attimo se le trovò accanto, capì che anche quello era uno dei volti dell'amore, anche se il più truce, per poi vedere il trionfo della vita. E la sua donna, il suo grande amore, la vide come un dono. Si ritrovò a pensare che troppe vite di donne finivano nel sangue, lo stesso sangue da cui la vita sgorgava alla nascita. E gli mancò il respiro. Aveva fame d'aria, si sentì come sott'acqua in apnea, riemerse e si aggrappò alla superficie del mare.  Come non riflettere sul fatto che alle donne si deve la vita e che nel loro grembo risiede la culla dell'esistenza? Un'esperienza unica che non avrebbe mai dimenticato. Quelle immagini sarebbero per sempre rimaste vive nella sua mente. Continuò a piangere in silenzio, al pensiero di tutto quello che aveva vissuto la sua donna, la sua Nat, solo per amore, il suo amore.     Malgrado il cesareo, si era voluta sedere durante la giornata, prima di incontrare i suoi figli. Aveva fatto un grande sforzo, per la paura di non riuscire a farlo dopo. La testa le girò vorticosamente e ci vollero cinque minuti buoni prima che si riprendesse. Cercò di alzarsi, ma le gambe non la reggevano. Decise che avrebbe fatto altri tentativi quel giorno, prima della sera. Si fece spingere sulla sedia a rotelle fino alla nursery, solo per vederli. La prova di attaccarli al seno, come le avevano detto le ostetriche, l'avrebbe fatta a tarda notte, alla scadenza del tempo di digiuno con solo acqua, per pulire l'intestino dei piccolini dal meconio. Can fece più in fretta che poté. Si infilò sotto il getto della doccia, come a volersi togliere i residui delle ansie e delle paure con cui aveva convissuto nelle ultime ore. Indossò abiti puliti e ripartì per l'ospedale. Con sua grande sorpresa non la trovò a letto. Uscì dalla stanza per capire dove fosse, pensò alla medicazione della ferita. Invece la vide sulla sedia a rotelle, spinta da sua madre, con la flebo retta da un trespolo mobile, che gli sorrideva felice. Aveva appena visto i suoi bambini.                       Era quasi mezzanotte quando le ostetriche vennero a prenderla per portarla alla nursery. Aprirono la culletta termica dove giacevano i piccoli e si allontanarono un po' per lasciarli  godere di quel primo momento con i loro figli. Così si avvicinò ancora di più, fece per prenderne uno e non ci riuscì.  -" Guven, Guldem.." mormorò, ma era troppo de­bo­le per sollevarli dalla culla e Can dovette aiutarla. Con delicatezza estrema gliene porse prima uno e l'altra la tenne lui. Poi le porse la bambina e lui tenne il maschietto. Si abbassò e lo mise vicino alla sorellina, in modo che tutti e due potessero vederli insieme. Poggiò dolcemente le labbra su quelle di sua moglie, con immenso amore e col più grande rispetto, per quella creatura che adorava e che adesso vedeva come sacra. I gemellini erano veramente belli. Due miniature, diverse tra loro, ma che avevano qualcosa in comune. La piccolina somigliava molto a suo padre, aveva le sue stesse fossette e la stessa espressione degli occhi, mentre il fratellino ne aveva molto di Natalia. Rientrarono le ostetriche e sorrisero di fronte a quella tenerissima scena. Presero i neonati, scoprirono il seno della madre e glieli appoggiarono, riuscendo a sistemarne uno per ogni lato. Il vederli nutrirsi, mentre succhiavano il latte con avidità da quel debole corpo, diede a Can la sensazione che sua moglie fosse una specie di guerriera, emotivamente e fisicamente che gli  dimostrava la straordinarietà della vita, attimo per attimo. Tutto il tempo che stette ricoverata, ogni tre ore si recò a nutrire i suoi bimbi. Quando la dimisero, solo dopo poco più di una settimana si spostava da casa all'ospedale per seguire i suoi neonati e lasciare le scorte del latte che si tirava per le poppate della notte. Can era sempre con lei.                                                                       Finalmente anche i gemelli poterono lasciare l'ospedale.                                                                               Le nonne e zia Clotilde si alternavano a vegliare sul loro riposo per dare a Natalia la possibilità di dormire e recuperare il sonno perso per le poppate notturne. Piano piano anche lei andava riprendendosi e Can, pazientemente l'aspettava.                                                                                             Una sera, dopo che le nonne tornarono alle loro abitazioni e i piccoli dormivano prima della poppata di mezzanotte, lui le propose di tirarsi il latte e metterlo nei biberon, in modo da poterli sfamare senza per forza alzarsi per attaccarli al seno di notte. Così avrebbe dormito e riposato un po' di più. Condivise la proposta di lui e lo fece. Si sentì già più leggera col seno scaricato. Gli sedette accanto sul divano e appoggiò la testa sulla sua spalla. Una miriade di baci coprirono il suo volto. L'abbracciò stretta, le carezzò i capelli e posò le labbra sulla sua bocca. Lei si perse in quel meraviglioso abbraccio. Ricambiò con trasporto il suo bacio, quando....                                          -" I bambini..." ansimò mentre gli strilli acuti  la riportavano alla realtà. Lui finì di baciarla lentamente e lei riprese a respirare. Poi con le gambe un po' malferme, sorretta da Can e tutta scarmigliata, si alzò e gli rivolse quel sorriso meraviglioso che lui tanto amava. Insieme si diressero nella cameretta dei gemelli. Se quel fantastico abbraccio era tutto quello che potevano avere per il momento, se lo sarebbero fatto bastare. O almeno ci avrebbero provato.                Quella notte riuscì a dormire senza interruzioni. Si sentì una leonessa al mattino. Allungò il braccio verso il cuscino di Can e lo sentì freddo. Lui non c'era. Si alzò e andò vedere. Lo trovò che dormiva disteso sul divano con i due gemellini appoggiati su di sé, circondati dalle sue braccia. Sul tavolo quattro biberon vuoti. Per non svegliarla si era alzato e aveva sfamato lui i suoi figli. Grosse lacrime di tenerezza scesero dagli occhi di Natalia. L'immagine che aveva di fronte era la più bella, la più preziosa, la più importante. Era tutto il suo mondo. Era tutto il suo amore.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

NATALIA E CANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora