Parte 33 IL FATO E....IL FATTO 2

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"Il coraggio più sicuro e più forte è quello che nasce da un giusto vaglio del  pericolo che si affronta."

(HERMAN MELVILLE)

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Nonostante gli impegni, Can si era praticamente trasferito nell'ospedale, leggendo e studiando il copione come al solito, o fissando il soffitto dalla scomoda sedia nella stanza di Natalia, tenendo sempre la sua mano, quando aveva finito di parlarle. Dopo circa tre giorni, e due tentativi falliti, riuscirono a staccarla dal respiratore. E, trascorse le ventiquattro ore, fu trasferita in un altro reparto. La situazione sembrava incoraggiante, purtroppo il suo livello di coscienza non era costante. Spesso era disorientata e confusa, a tratti non ricordava neanche il suo nome. Lui appariva un uomo assolutamente distrutto. Certo, lo shock era stato forte, per non parlare delle ore di ansia, sapendola a rischio di vita. All'inizio, Natalia non ricordò quasi nulla della caduta e dei giorni trascorsi in Terapia Intensiva. Vaghi sprazzi di memoria, rumori, voci. Le chiedevano  il suo nome, se sapesse dove si trovava, poi la sensazione di essere in movimento, forse in un ospedale. Lei voleva rispondere, sapeva cosa rispondere. Ma la voce si rifiutava di obbedire. Perché non la lasciavano in pace? Era meglio scivolare di nuovo nel sonno, senza soffrire. Sentiva un peso enorme sul petto e tentare di muovere una mano, un braccio, le costava fatica. Adesso qualcuno le stava chiedendo . "Coraggio, mi dica il suo nome. Dove si trova?"-" Mi chiamo Natalia, mi trovo in ospedale ad Istanbul."rispose. -"Molto bene. Adesso stringa la mia mano, avanti, la stringa forte" continuava la stessa voce. -" E' caduta ed ha battuto la testa, non lo ricorda?"-"No..." aveva mormorato, troppo stanca, ricadendo nel sopore. Rimase ancora immersa nel sonno, interrotto da brevi momenti di veglia, senza chiedersi cosa avesse, e perché fosse ancora là, per alcuni giorni. Debolmente, riprendeva piano piano coscienza, in una specie di esistenza sospesa, staccata dalla realtà, dalla sua vita. Finalmente una mattina, Can la trovò completamente sveglia. Tensione e abbattimento svanirono d'incanto in lei, non appena la porta si aprì e lui apparve, mormorando il suo nome. -"Nat, baby..." All'udire quella tanto cara voce profonda, attaccò a piangere, mentre lui, l'uomo che amava, che aveva sempre amato, avanzava verso di lei.  Ora singhiozzava piano, con i bellissimi occhi neri gonfi di lacrime e la punta del piccolo naso lievemente arrossata. Il pigiama lasciava scorgere parte degli ampi lividi sul torace, segni del massaggio cardiaco. D'istinto, Can la prese delicatamente tra le braccia. -"Va tutto bene, adesso, d'ora in poi andrà sempre meglio". disse e lo ripetè più volte, come a voler rassicurare anche se stesso. Tre giorni dopo la dimisero. Natalia si rese conto di quanto fosse ancora fragile e indolenzita solo quando lasciò l'ospedale. Le bastò la fatica di alzarsi dalla sedia a rotelle, sedersi nella Jeep di Can per comprenderlo. Arrivati a Bebek, a casa, lui le chiese-"Vuoi fare la doccia, amore mio?" -"No, kral, ti ringrazio. Vorrei solo dormire." gli rispose. -"Buona idea. Allora buon riposo, ask." disse lui, mentre tirava le tende, creando nella stanza una piacevole penombra. Natalia dormì circa quattro ore. Si svegliò a causa della tosse insistente, e la fine dell'azione degli analgesici. Udì i passi di Can, lo vide entrare, contenta che fosse rimasto a casa con lei. Forse aveva riposato anche lui, pensò, guardando il suo viso assonnato, i capelli scomposti. Le porse un bicchiere d'acqua e le compresse da prendere. -"Adesso ti preparo qualcosa da mangiare, baby."le disse.-"Non ho fame..."rispose lei e lui insistette -"Non te l'ho chiesto, Nat. Preparerò il pranzo, e tu mangerai, che lo voglia o no. Chiaro?" Lei sorrise. -"Guarda che devi essere gentile con me, sai? Ricorda che sono ammalata...". Nel giro di pochi giorni Natalia cominciò a migliorare decisamente. Lei gli donava quell'insieme di serenità, eccitazione, intimità e sicurezza, e anche quell'intenso desiderio. Come sempre la desiderava, ora disperatamente, per la lunga astinenza. E quella sera  col viso in fiamme, nell'atmosfera all'improvviso carica di passione, Natalia guardò Can, in silenzio, mentre lui la baciava con gli occhi. E ciascuno era cosciente di cosa pensasse l'altro. Sentire sulle labbra quelle di lui le donò una felicità grande, un sollievo immenso. Quel bacio, lento, più profondo, diverso. Senza fretta, languidamente, assaporarono il piacere reciproco, da far durare a lungo, come sigillo della loro vita che continuava e che aveva seriamente rischiato di essere interrotta. Natalia sentiva le lacrime scenderle sulle guance, sulle labbra, ne sentiva il sapore. E lo sentiva anche Can, quel tepore lievemente salato, il respiro di entrambi ansante, nella certezza disperata di ritrovarsi. Per lei, le sue braccia erano il luogo migliore del mondo, il  loro porto sicuro, e ringraziò Dio per averla fatta vivere.

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NATALIA E CANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora