Primi passi (102)

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I bambini crescevano veramente troppo velocemente. Ormai avevano 11 mesi,mancava poco all'anno, gattonavano da per tutto e tenerli era veramente un impresa. A lavoro ancora non ero riuscita a tornare, non mi piaceva l'idea di lasciarli con una babysitter o al nido. Ora che faranno un anno cercherò di sistemarmi al meglio. Maria, mia suocera, mi ha detto che per lei tenerli non era un problema. Solo che mi dispiaceva caricarla in questo modo i bambini erano veramente vivaci e non stavano mai fermi.
Tra Simone e suo padre le cose si erano sistemate, lui passava a casa a giocare con i bambini e spesso ci trovavamo a casa loro per cenare. Mia madre, invece,presa dal lavoro al pronto soccorso che si era un po' allontanata. Non ne capivo il motivo, certo conosco bene i tempi di lavoro dentro un ospedale ma addirittura non trovare neanche un momento per telefonarmi mi iniziava a preoccupare. Le avevo già perdonato un abbandonamento quando ero piccola, ora non avrei retto,molto probabilmente non l'avrei nemmeno perdonata più. Dirle che non doveva sentirsi in colpa era il minimo che potessi fare. Forse: il fatto che Simone le abbia detto quel giorno di non mettersi in mezzo ha fatto sì che prendesse una decisione che poteva dirmi benissimo. Questo silenzio era diventato un'agonia.
“che hai?” lo vedo con un foglio tra le mani e gli occhi che da me erano puntati ora guardano i nostri cuccioli giocare per terra sul tappeto vicino al divano.
“ secondo te cosa le prende a mia madre?”
“ non lo so. L'ho vista oggi a lavoro, ed era tranquilla, ha aiutato prima Claudia con dei clienti e infine Sara che non capiva un appuntamento-  tra cui mio - spostato per domani. ”
“ non mi chiama più come prima. In più non lo so, il fatto che tu le abbia detto quelle parole...”
“ come le ho dette ai miei, dovevo dirlo anche a lei, non è la gallina bianca. Emma, io non voglio che nessuno decida come crescere i nostri figli. Quelli dobbiamo essere io e te. ”
“ è sono d'accordo con te. Magari però avrei scelto parole più tranquille”
“ come gliel'ho avresti detto? Emma in quel momento stava decidendo lei, non tu, è poi era giusto ascoltare la pediatra perché Alex alla fine è stato tranquillo in quella sera. Mi dispiace, avrò esagerato, le chiederò scusa se questo il motivo per cui non ti chiama. Ma comunque resta il concetto. I nostri figli non sono degli altri ma nostri, i nonni devono fare i nonni e non i genitori” gli bacio una guancia. Butto un occhio verso i gemelli, Alex è in piedi che si tiene al divano, Evelin invece al mobile.
“ se iniziano a camminare siamo nei guai!' esclama Simone facendomi ridere. Nello stesso momento, Alex stacca le mani cerca di mantenere l'equilibrio e fa due passetti. Simone si avvicina per stargli vicino, faccio lo stesso anche io con Evelin che guardava suo fratello è sorrideva. Avvanzavano piano piano. Una gamba poi un altra. E poi culetto per terra. La loro risata riempiva i nostri cuori.
“ mi sa che siamo veramente nei guai!” rispondo a Simone che intanto tira su suo figlio cercando di rimetterlo dritto. Adoravo vederli complici. Evelin si arrampica sui miei pantaloni e si accoccola al mio petto.
“ cuore di mamma” le dico stringendola un po'. Questi momento non avrei mai voluto che sfanissero mai. Ancora oggi gli allattavo quando me lo richiedevano. Mattina, spuntino e notte. Pranzo e cena avevano il loro mangiare. Adorano anche fare casino per terra con la pasta e la carne,Simone mi prende persino in giro che sto sempre a pulire. Il mio ragazzo si avvicina, ci abbraccia tutti quanti insieme senza farci male.
Era la mia famiglia. Quella che non avevo avuto da piccola ma che mi ero costruita da sola.

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