Capitolo 69

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La pioggia mi piaceva, soprattutto quando era sottile e leggera, che quasi non te ne accorgevi. Alcuni vedevano il cielo grigio come simbolo di tristezza, ma io in esso vedevo la speranza: il Sole sarebbe rispuntato, il cielo sarebbe diventato di nuovo celeste. La speranza di un miglioramento, la speranza del brutto tempo che veniva scacciato via. Perchè ogni brutto periodo aveva una fine, anche se a volte sembrava lontana.
Era a quello che pensavo mentre camminavo verso il dormitorio, con i capelli un po' bagnati e senza ombrello. Erano circa le otto di sera ed era buio, la pioggia era quasi invisibile.
Entrata nell'ingresso del dormitorio, ricevetti un messaggio da parte di Arianna, che mi avvisava di dovermi parlare dell'evento di Natale che lei e Greta, assieme ad altre persone, stavano organizzando.
Mentre le scrivevo una risposta, Greta mi chiamò al telefono e le risposi subito "Ciao, sto tornando a-"
"Sbrigati" mi disse lei, con una certa urgenza nella voce "Devi tornare subito"
"Sono qui" mi affrettai a prendere l'ascensore "Cosa è successo?"
"Te lo diciamo non appena arrivi" chiuse la telefonata e la mia preoccupazione non fece che crescere.
Aprii la porta del dormitorio con la mia chiave e mi precipitai dentro, Greta, Arianna, Federica e Dylan erano nel salotto, Dylan sembrava distrutto.
Cercai di capire cosa fosse successo e, vedendo Dylan in quello stato, il mio pensiero andò ad una persona in particolare "Henry sta bene?" ero consapevole della maschera di terrore che mi aveva coperto il viso.
Dylan alzò lo sguardo su di me lentamente ed io avrei voluto urlargli di sbrigarsi a parlare, ma lui si prese il suo tempo "Lui... Non gli è successo niente"
Sospirai per il sollievo, ma continuavo a non capire "Allora perchè hai quella faccia?"
"Mi ha chiamato Nate, è di turno in ospedale e..." si strofinò il viso con le mani e si sedette sul divano, Greta si accasciò accanto a lui e gli accarezzò con una mano la schiena "E Rose è..." gli si ruppe la voce e soffocò un singhiozzo.
"La nonna di Henry è morta" finì Greta per lui.
"Cosa?" il mio sguardo vagò per la stanza e vidi Arianna e Federica che avevano uno sguardo dispiaciuto, così come Greta "Come?" chiesi.
"Lei era..." Dylan non riusciva a finire una frase "Dobbiamo andare da Henry, è in ospedale da solo e-"
Henry.
Doveva essere distrutto: Rose era l'ultimo membro della sua famiglia ancora in vita, era tutto ciò che aveva.
"Andiamo" dissi a Dylan e lui si alzò di scatto, d'accordo con me.
"Sei sicuro di poter guidare?" gli chiese Greta, preoccupata.
Lui annuì, deciso "Sì, devo raggiungere Henry"
Lanciai uno sguardo veloce ad ognuna delle mie amiche "Io vado con lui, non aspettatemi"
Federica andò velocemente in cucina e prese un piccolo pacchetto di patatine "Non hai mangiato niente"
Lo presi e lo misi nella borsa nera, anche se non avevo molta fame.
Sentimmo Greta urlare dietro a Dylan "Stai attento, ti prego", ma noi eravamo già nell'ascensore. Insieme andammo verso la sua auto, parcheggiata fuori dal campus, stavamo praticamente correndo e più volte rischiai di scivolare a causa delle pozzanghere che si stavano creando a causa della pioggia, che stava diventando un brutto acquazzone.
Dylan aveva smesso di lacrimare e mi fece ricordare le parole di Rose: "Dylan per me è come un secondo nipote", il che voleva dire che per lui, Rose era come un'altra nonna. Anche Dylan doveva sentirsi affranto in quel momento e, mentre guidava, gli posai delicatamente una mano sulla spalla sinistra "Mi dispiace, Dylan"
Lui mi fece un cenno e aggrottò la fronte, come se si sforzasse di non far scendere le lacrime "Le volevo molto bene"
Quando i miei nonni materni erano morti, avevo provato un dolore indescrivibile, uno di quelli che non si estende soltanto alle emozioni, ma anche al corpo. Un dolore che diventava fisico, della peggiore specie.
Sapevo come si stava sentendo e proprio per questo, sapevo che non c'era niente che io potessi dirgli per farlo stare meglio. E sarebbe stato così anche per Henry.
Ad un tratto, anche io iniziai a sentirmi triste e i miei occhi iniziarono a lacrimare: avevo incontrato Rose solo tre volte, ma avevo iniziato ad affezionarmi. Solo qualche pomeriggio fa eravamo sedute in un locale che Dylan aveva appena sorpassato con l'auto.
Ricordando quel pomeriggio, ripensai anche alla strana sensazione allo stomaco che avevo provato mentre lei mi parlava di Henry e di come volesse che fosse felice. E, come se qualcuno avesse improvvisamente acceso una luce nella mia testa, mi diedi una spiegazione: quelle sembravano le parole di qualcuno che stava per morire e voleva assicurarsi di lasciare tutto in ordine.
Misi una mano sulle labbra e anche io iniziai a sentire la sofferenza che Dylan provava in quel momento, mentre il temporale continuava ad insistere sopra di noi.

Le sfumature del tramontoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora