Capitolo 47

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Il Sole stava calando, ma il cielo non aveva ancora raggiunto quella sua tipica coloratura arancione mista al rosa e a qualche striscia di blu cobalto. C'erano un sacco di turisti in fila, ma non appena i ragazzi che vendevano i biglietti videro Henry, ci fecero passare avanti dicendo a bassa voce "Lui è come una celebrità"
I turisti che nella fila erano tra gli ultimi, ci lanciarono delle occhiate truci e mi sentii in colpa.
Probabilmente avremmo dovuto rifiutare gentilmente e fare la fila, ma alla fine non c'erano poi così tante persone ad aspettare! Quando l'enorme ruota si fermò, a turno entrammo nelle varie cabine e non rimase più nessuno ad aspettare.
E quando Henry, dando un po' di soldi al responsabile, fece in modo che una cabina fosse solo per noi due, nessuno rimase a terra.
Faceva freddo e mi strinsi nel trench mentre la nostra cabina saliva e saliva sempre più in alto. Il Big Ben iniziava a sembrare più piccolo e sempre più stupendo.
Posai la borsa sulla panca che c'era al centro della cabina e intrecciai le braccia al petto, avvicinandomi alla ringhiera in metallo che precedeva il vetro della cabina. Mi lasciai sfuggire un sospiro d'ammirazione, schiudendo la bocca e guardando il paesaggio attorno a noi.
Henry mi affiancò, posando le mani sulla ringhiera e guardando il cielo in silenzio. Avevo visto tanti tramonti, ma mai nessuno mi era sembrato così bello. La ruota saliva lentamente, al momento eravamo solo a metà della sua altezza, non vedevo l'ora di raggiungere l'apice.
Durante la nostra prima uscita a Verona, Henry era stato d'accordo con me sulla magnificenza dei tramonti, mi sembrava passato così tanto tempo anche se in realtà era stato a maggio. Quasi cinque mesi, anche se lo sconoscevo da almeno sei.
Posai anche io le mani sulla ringhiera più fredda dell'aria, ma trattenni i brividi e, molto piano, avvicinai la mia mano sinistra alla destra di Henry.
Sapevo che lui non era il tipo da mani intrecciate o da parole dolci, ma quell'atmosfera perfetta mi faceva venir voglia di fare tutte quelle cose che si vedevano nei film d'amore.
Nel frattempo continuavo a guardare quel panorama magnifico, la luce diventava sempre più fioca e il cielo sempre più colorato, in tutte le sfumature del tramonto.
Le mie dita sfiorarono le sue e lo sentii irrigidirsi. Scoraggiata, tolsi subito la mano riportandola davanti a me, sempre appoggiata alla ringhiera.
Continuai a guardare un po' il cielo e un po' tutta Parliament Square, che si faceva piccola sotto di noi.
Cosa avevo sbagliato? Tenersi le mani non mi sembrava poi una cosa di così grande importanza, lo avevo messo a disagio? Eppure lui mi era sembrato così tenero prima, una volta arrivata nel suo ufficio.
Forse semplicemente non gli piaceva tenere le mani in quel modo a qualcuno, forse non era abituato, o forse dovevo solo smetterla di fare supposizioni e godermi il momento.
Lo sforzo che feci per mettere a tacere le voci nella mia testa non mi fece accorgere della mano di Henry che si era avvicinata alla mia, sfiorandomi le dita. Trattenni un sussulto, poi rivoltai la mano permettendogli di intrecciare le nostre dita.
Eravamo all'apice, il panorama era mozzafiato.
Feci un passo alla mia sinistra per avvicinarmi ad Henry, posandogli la testa sulla spalla. A quel punto, lui disgiunse le nostre mani e col braccio mi circondò le spalle.
Sentii un senso di pace irradiarsi in tutto il mio corpo, ero così rilassata che sarei potuta rimanere in quella posizione per ore e ore.
Innamorarmi di lui era stato così facile.
Avevo iniziato ad amarlo piano piano, passo dopo passo, incontro dopo incontro, così piano che non me n'ero nemmeno accorta.
Cominciammo la nostra discesa, quella vista magnifica già mi mancava, così come il cielo colorato che diventava sempre più scuro, portandosi via la poca luce rimasta.

Non molto lontano, c'era un ristorante che si chiamava The Dorchester, a quanto pare uno tra i ristoranti preferiti di Henry e tra i più lussuosi a Londra.
"Henry?" dissi mentre ci avvicinavamo in auto al ristorante "Non è che potrei andare a cambiarmi a casa tua? Questo posto sembra troppo di lusso"
"Ma ti ho detto che stai bene, in più ho prenotato una saletta privata solo per noi"
"È il tuo modo per dirmi che non mi vedrà nessuno?" scherzai.
Henry scrollò le spalle, accennando una risata "Se è così che la vuoi mettere..."
"Complimenti, Cooper, sai davvero come trattare una donna"
"Oh, piantala"
"No, infastidirti è il mio passatempo preferito"
"Siamo arrivati" annunciò prima che entrambi uscissimo dall'auto ancora accesa, dando poi le chiavi ad un uomo che portò via la macchina.
Arricciai il naso "La prossima volta andiamo da KFC?" ma Henry non mi rispose ed entrammo nel ristorante.
Una donna con la faccia simile a quella di una volpe ci guidò in uno spazio al centro della sala, avvolto da una tenda ovale graduata luminescente. Da lì eravamo nascosti dagli occhi degli altri commensali, ma potevamo comunque sentire il brusio provenire dagli altri tavoli. Mi piaceva, era un buon compromesso. Il tavolo rotondo era posto esattamente al centro con una tovaglia bianca immacolata e perfettamente apparecchiata, con due sedie grigie poste una di fronte all'altra.
"Ho paura di rompere qualcosa" sussurrai ad Henry, ma dato che glielo stavo dicendo in italiano, la donna-volpe non capì. Lui soffocò una risata.
La signora che ci aveva accompagnati se ne andò e un uomo apparso dal nulla mi spostò la sedia per farmi sedere, per poi sparire anche lui.
"Che lusso" commentai mentre mi sistemavo l'elegante tovagliolo sulle gambe "Vieni spesso qui?"
"Molto, ma sempre per lavoro, però di solito prendo un'altra saletta, molto più privata"
"Mi piace questo posto" gli dissi "Sembra essere avvolti da fasci di luce argentata e non siamo nemmeno così isolati dagli altri"
Henry sorrise "Sapevo che ti sarebbe piaciuto"
Lasciai che a scegliere cosa avremmo mangiato fosse Henry, lui conosceva le specialità della casa ed ero sicura che avrebbe preso qualcosa di buono.
Ordinò per entrambi e quando arrivammo alla seconda portata, un foie gras d'anatra con uva, rucola e wasabi, ebbi la conferma che affidarmi ad Henry non era stata una cattiva idea.
"Non avrei mai pensato che il foie gras potesse essere così buono, ma questo è divino" presi il calice davanti a me e bevvi del vino "E anche questo è fantastico"
"È uno Chateau D'Yquem" mi disse Henry, ma cinque secondi dopo lo avevo già dimenticato "Ti ho già detto che sei bellissima?"
"Fin troppe volte" gli lanciai un'occhiata ammiccante "Ma anche tu sei un bocconcino" dissi prima di continuare a mangiare il cibo davanti a me.
In effetti Henry, vestito con uno dei suoi completi eleganti, trasudava bellezza e sensualità da ogni poro della sua pelle.
"Bocconcino?" alzò le sopracciglia, con un luccichio malizioso negli occhi "Non mi avevano mai definito in quel modo"
"Forse non in tua presenza" ricambiai il suo sguardo "Tu non hai sentito i commenti delle ragazze che ti hanno visto al campus"
"Ti danno fastidio?"
"No, loro no... Ma il professore di analisi matematica, sì"
"Anche lui ha una cotta per me?"
Scoppiai a ridere "No, tu non c'entri"
"Chi è? Forse lo conosco"
"Thomas Smith" scossi lievemente la testa, contrariata "Credo di stargli sulle scatole, ogni volta che faccio una domanda sospira esasperato"
Henry sorrise "Smith! Era anche il mio professore, ero il suo preferito"
"Come..." sbuffai "Come è possibile?"
"Ero il migliore" mi sorrise, allietato dalla mia espressione incredula "A volte mi è capitato di cenare assieme a lui negli ultimi anni"
Arricciai le labbra ed Henry continuò a parlare "Se vuoi posso mettere una buona parola per te"
"No" mi affrettai a dire "No, non serve"
"Ma potrebbe esserti di aiuto"
"Una raccomandazione?" feci un sorrisetto giusto per non sembrare troppo dura "Henry, no, ma grazie comunque"
"Sicura?"
"Sì"
Nel frattempo arrivò la terza portata, che aveva un nome in francese che non compresi, ma era con l'aragosta e del pollo al tartufo, un abbinamento che non avevo mai sentito ma che si rivelò essere squisito.
"Il prossimo fine settimana non posso stare con te" gli annunciai "La mia famiglia verrà a trovarmi e mia sorella dormirà con me, sabato prossimo è il suo compleanno"
"Oh" storse la bocca in un sorriso storto "E io non posso avvicinarmi alla tua famiglia?"
Strinsi le labbra, non ci avevo mai pensato seriamente "Non vuoi davvero incontrare la mia famiglia"
Henry mi guardò divertito "Stai cercando di convincermi?"
"Io..." sospirai, posando momentaneamente le posate nel piatto "È che presentarti ai miei mi sembra così... Serio" non volevo immaginare come i miei genitori avrebbero reagito. Volevo bene ad entrambi, molto bene, ma forse Henry non era ancora un discorso che eravamo pronti ad affrontare.
"Mi terrò alla larga, ho capito" dal suo tono non sembrava essersi offeso.
"Grazie"
"Mi sento come se fossi un segreto adolescenziale" disse accennando una risata "Non devo entrare dalla finestra se vengo a trovarti, vero?"
Scossi la testa, anche io ridevo "Idiota"

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