Capitolo 53

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Quella mattina non riuscii a concentrarmi durante le lezioni: continuavo a pensare alla mia famiglia che sarebbe arrivata a Cambridge nel pomeriggio. Anche le mie amiche erano entusiaste, andavano molto d'accordo con i miei genitori e mia sorella.
Avevo programmato tutto: saremmo stati un po' nell'alloggio, a parlare tutti insieme, poi avrei fatto fare loro un tour del campus e a cena avremmo mangiato in un carinissimo ristorante a circa cinque minuti a piedi di distanza.
Continuavo a sorridere, niente e nessuno mi avrebbero messa di cattivo umore quel giorno, neanche l'odioso Smith, il professore di analisi matematica.
Le ragazze mi aiutarono a sistemare il nostro alloggio, anche se ci saremmo stati solo per un'oretta scarsa "A Jenna piacerà il vestito che le hai comprato!" mi disse Arianna urlando mentre passavo l'aspirapolvere.
"Lo spero!" urlai di rimando, Federica e Greta stavano spostando il piccolo divano per permettermi di aspirare la polvere sotto di esso. Mio padre ne era allergico, niente doveva andare storto.
"Noi stasera andiamo al Valerie's con le altre" mi informò Greta.
"Io tornerò qui con Jenna, dopo la cena" mia sorella avrebbe dormito nel mio dormitorio, mentre i miei genitori in un albergo "Aspettiamo sempre la mezzanotte quando è il suo compleanno, è una specie di tradizione"
Mia madre mi mandò un messaggio, informandomi che erano appena atterrati all'aeroporto di Londra. Mi restava circa un'ora prima del loro arrivo, così ne approfittai per farmi una doccia veloce.
Come sempre, faceva davvero freddo e così indossai un dolcevita di lana blu con dei jeans e degli stivali al polpaccio.
Il mio cellulare squillò, era Jenna "Eve! Tra cinque minuti arriviamo" guardai il piccolo orologio vintage che avevo sul polso sinistro: un'ora era passata e non me n'ero nemmeno accorta.
"D'accordo! A dopo" salutai Jenna e finii di prepararmi.
Nel frattempo, Henry mi chiamò, ma siccome in quello stesso momento la mia famiglia arrivò, rifiutai la sua chiamata. Lo avrei richiamato in un momento di calma, ma dato il numero delle volte in cui lui non rispondeva a me, non poteva prendersela.
Aprii la porta e mia sorella mi saltò addosso come una scimmia, facendomi quasi perdere l'equilibrio "Mi sei mancata tanto, tanto, tanto!" fece dei piccoli urletti e poi permise anche ai miei genitori di salutarmi.
"Tesoro mio!" mia madre mi accolse tra le sue braccia con un sorriso sul suo volto "Ti trovo benissimo! Ti sei tagliata i capelli?"
Passai le dita sui capelli, che superavano di poco le spalle "Solo spuntati un po'"
Mio padre mi abbracciò, poi si guardò intorno "Bello questo posto"
Le mie amiche salutarono i miei genitori e mia sorella, poi li facemmo sedere sul piccolo divanetto, prendendo le sedie dalla mini cucina per sederci anche noi.
Passammo una decina di minuti ad aggiornarci: io e le mie amiche raccontammo ai miei genitori delle nuove amicizie che avevamo fatto (tralasciando il problemino di Vicki, Luke, Dylan e Henry). Furono entusiasti di sentire che Arianna e Greta erano entrate nel club responsabile dell'organizzazione degli eventi, mentre Federica ed io parlammo delle domande per lo stage che avevamo inviato.
Sentivo regolarmente i miei genitori al telefono, ma molte volte non avevamo il tempo per raccontarci tutto come si deve.
"E i professori? Come sono?" chiese mio padre "Smith ti dà ancora dei problemi?"
"Ha deciso di ignorarmi" scrollai le spalle "E a me va bene così"
Jenna, che era rimasta in silenzio per la maggior parte del tempo, ci raccontò in maniera più dettagliata dei suoi nuovi compagni di classe e dei suoi professori.
Henry mi chiamò un'altra volta, ma gli scrissi un messaggio veloce dicendogli che non potevo proprio rispondergli in quel momento. Vedere il suo nome sul display mi fece anche venire in mente che dovevo parlare di lui ai miei genitori, lo avrei fatto a cena con calma.
Alla fine io, mia sorella e i miei genitori ci alzammo per andare a fare il tour del campus. Jenna era elettrizzata, continuava a ripetere che Cambridge fosse bellissima.
Mia madre e mio padre mi guardavano fieri mentre io parlavo dei vari edifici e della loro funzione, mi gustai avidamente quei loro sguardi.
Il Sole non era ancora tramontato, ma la luce iniziava a farsi leggermente più scura rispetto al primo pomeriggio. Feci vedere loro la mensa, la biblioteca (non sapevo se potevo farlo, ma stavo simpatica alla bibliotecaria). Mio padre non riuscì a trattenere un'espressione carica di stupore.
"Come sei fortunata a studiare qui" esclamò mia sorella con un sospiro.
"Se l'è guadagnato!" intervenne mia madre, lanciandomi un'altra occhiata piena d'orgoglio.
Uscimmo dalla biblioteca, il prato era verde e formava un contrasto bellissimo con i ciottoli grigio-marroncini che formavano i vari percorsi che collegavano gli edifici.
Già, ero davvero fortunata a studiare lì.
C'erano alcune persone nella zona esterna, quel pomeriggio non faceva particolarmente freddo. Intravidi un professore che conoscevo, ma distolsi subito lo sguardo, quando mia sorella mi disse sottovoce "Ma quello non è Henry?"
Alzai la testa di scatto e vidi che il professore che conoscevo stava parlando con un uomo con un completo elegante e un cappotto grigio scuro lungo. Stava parlando con Henry, che ci stava dando il profilo.
Nei pochi secondi che mi furono concessi per guardarlo senza essere notata, realizzai che forse era quello il motivo delle sue chiamate: voleva avvisarmi che sarebbe venuto. Ma che ci faceva lì?
"Perchè ti sei fermata, tesoro?" domandò mia madre, ma in quel momento Henry strinse la mano al professore e, mettendosi una mano nella tasca del pantaloni, lanciò uno sguardo alla sua sinistra, dove a circa sei o sette metri di distanza c'eravamo noi.
"Evelyn?" mi richiamò mio padre.
"Ehm, sì" interruppi il contatto visivo con Henry, che nel frattempo si stava avvicinando a noi "Solo un attimo, saluto una persona"
Feci qualche passo e andai incontro a Henry, intimandolo con lo sguardo a non avvicinarsi più del dovuto, ma lui non recepì subito il messaggio e mi diede un bacio sulla guancia "Ciao" mi disse, guardandomi confuso quando notò la mia espressione che doveva essere alquanto ridicola.
"Che ci fai qui?" gli chiesi, cercando di non sembrare troppo brusca.
"Se avessi risposto alle mie chiamate..." roteai gli occhi "Te l'avevo detto, il professore responsabile dello stage mi ha chiesto di venire qui per parlarmi e chiedermi se per me andasse bene mandarmi alcuni stagisti"
"Oh" annuii lievemente "Giusto, me n'ero dimenticata"
La conversazione stava avvenendo in inglese, ma i miei genitori capirono tutto lo stesso.
Henry lanciò uno sguardo alle mie spalle e capì il motivo della mia espressione ridicola, infatti sgranò appena gli occhi ed esclamò un "Oh" sommesso, poi allungò una mano verso i miei genitori "Voi dovete essere i genitori di Evelyn, è un piacere conoscervi" poi si presentò "Henry Cooper".
Non osai voltarmi per guardare l'espressione dei miei, ma Jenna ne aveva una molto divertita. Mia madre fu la prima a stingere la mano ad Henry, con il suo solito sorriso amorevole "Il piacere è nostro, Henry. Io sono Carol e lui è mio marito Pietro"
Henry stava sfoggiando, oltre che al suo miglior italiano, il suo miglior sorriso, che si affievolì un pochino quando strinse la mano a mio padre, che aveva un'espressione dura.
Infine salutò mia sorella "Ciao Jenna, come stai?"
"Molto bene, grazie! Domani è il mio compleanno"
"Evelyn me lo ha detto, sono sicuro che passerai una bellissima giornata"
I miei avevano, giustamente, un'espressione stupita: come è possibile che lui e Jenna si conoscano, si stavano sicuramente chiedendo.
"Perdonatemi, ma devo tornare subito a Londra, questioni di lavoro" una piccola parte di me fece un sospiro di sollievo, ma un'altra sospirò perchè non voleva separarsi da Henry.
"Sono sicura che ci incontreremo di nuovo" mia madre aveva ancora il suo sorriso sul volto, mentre mio padre scrutava Henry dalla testa ai piedi.
"Lo spero" Henry ricambiò il sorriso, poi mi posò una mano sul mio braccio sinistro "Ci sentiamo dopo?"
"Sì" fu la mia risposta, con un sorriso accennato.
Henry salutò ancora una volta i miei genitori e mia sorella, poi si girò e andò via.
Io e la mia famiglia, invece, rimanemmo impalati lì per altri cinque minuti "E lui chi è?" mi chiese mio padre inarcando un sopracciglio.
Nascosi le mani nelle tasche della giacca blu "Lui... Uhm" come poterlo dire senza fargli venire un colpo? "Lui diciamo che è..."
"Il suo ragazzo" finì mia sorella per me.
Mia madre l'aveva capito dal primo momento in cui si era avvicinato, mentre mio padre evidentemente aveva cercato di allontanare quell'ipotesi dalla sua testa.
"Ah" esclamò mio padre schioccando la lingua "E da quanto?"
"Possiamo parlarne a cena? Sto morendo di fame!" mia madre guardò tutti entusiasta e io le fui grata.
Io e Jenna camminammo davanti ai nostri genitori mentre andavamo al ristorante, ne approfittai per parlare in privato a mia sorella "Due cose" le sussurrai "Non si parla del ballo di fine anno, di Capri e della festa di compleanno di Henry, chiaro?"
"Chiaro" mia sorella sghignazzò "Era una mia impressione o diventa sempre più bello man mano che passa il tempo?"
Avrei dovuto aggiungere alla lista degli argomenti proibiti la casa che Henry aveva comprato a Cambridge, ma non l'avevo ancora detto a Jenna e perciò non correvo alcun rischio che l'argomento uscisse.
Arrivati al ristorante, ci sedemmo e ordinammo da mangiare. Parlammo del più e del meno fino a quando mio padre non riportò a galla la conversazione interrotta al campus "Quindi, Evelyn, quello è il tuo ragazzo?"
Arricciai le labbra e posai la forchetta "Sì" a quanto pare la conversazione non sarebbe andata come mi aspettavo "Ci siamo conosciuti ad aprile"
"Aprile?" mia madre fece due conti "Ma eri a Londra con la scuola!"
Prima che mio padre potesse sentirsi male, mi affrettai a spiegare "Ci siamo incontrati per caso così tante volte da sembrare irreale"
"E che lavoro fa?" mi domandò papà "Mi sembra un po' grande per te"
"Ventisei anni... Lavora in una società"
Jenna roteò gli occhi, sentendomi parlare vagamente "E che ruolo ha?" approfondì mia madre "È un impiegato o-"
"Lui è il CEO" tagliò corto mia sorella e i miei genitori mi guardarono stupiti.
Mio padre mi guardò un po' confuso, poi sgranò gli occhi "Quel Henry Cooper è il tuo fidanzato?"
"Sì, quel Henry Cooper" mi strofinai una mano sulla fronte "Ci siamo conosciuti da Starbucks e tra un incontro casuale e l'altro, ci siamo visti al Gala di cui vi avevo parlato, in più abbiamo anche visitato con la scuola la sua società!" parlavo così velocemente per chiudere il discorso il prima possibile, sentivo le mie guance che si arrossavano "E poi sono tornata in Italia e lui pochi giorni dopo si è presentato davanti alla mia scuola. La sera siamo usciti, ma non vi ho detto niente perchè non pensavo che fosse una cosa importante o seria" presi fiato "Da quando mi sono trasferita a Cambridge abbiamo iniziato a vederci, lui vive a Londra ma viene qui ogni volta che può" feci una pausa "Non arrabbiatevi se non ve l'ho detto, volevo farlo stasera con calma ma evidentemente Henry mi ha battuta sul tempo" mi scappò una risatina nervosa.
"Non siamo arrabbiati, tesoro" mi disse mia madre, dando una lieve gomitata a mio padre che si sforzò per farmi un sorriso. Poverino, non osavo immaginare cosa stesse accadendo dentro la sua testa in quel momento "Ma Jenna, tu come lo conoscevi?"
Risposi io con lei "L'ha incontrato sotto casa, quando siamo usciti"
"Quindi non vi siete visti da maggio fino a fine agosto?" mio padre si sforzava per apparire rilassato.
Capri. Ferragosto. Letto. Scintille.
"Già" mentii, non volevo che mio padre si sentisse male. Sapere che anche Henry era a Capri lo avrebbe fatto svenire, come minimo.
Lo vidi rilassassi per davvero "Non mi sembra una cattiva persona" sapevo che, da parte sua, quello era un bel complimento e mi rilassai anche io.
"Lo è" risposi "E mi rende felice"
Mio padre sospirò "Allora nessun problema" scosse la testa "Speravo che non avrei sentito parlare di ragazzi per almeno altri cinque anni"
Feci un'altra risata, ma non era nervosa "Mi dispiace"
Sciolto questo nodo duro, la cena andò avanti piacevolmente. Mentre mio padre, accompagnato da mia sorella, andarono a pagare il conto, mia madre si sporse verso di me sopra il tavolo e iniziò a parlare a bassa voce "Non ci credo che non vi siete visti per tutto quel tempo"
"Mamma..." aggrottai la fronte "Sul serio?"
"Oh, ti prego! Sono stata giovane anche io"
"Lo sei ancora"
"Non evitare la mai domanda!"
"Ecco..."
"Non lo dirò a tuo padre, è già tanto che non è svenuto mentre raccontavi quei pochi e vaghi dettagli"
Ridacchiai "Promesso?"
"Sbrigati, tra poco tornano"
"Ci siamo visti a Venezia, lui era lì per il lavoro ed io a mare con i miei amici, è passato a salutarmi"
"Non è tutto"
Mia madre era davvero caparbia "Mi ha accompagnato al ballo di fine anno e ha fatto amicizia con i miei amici"
"Quindi è simpatico, poi?"
Deglutii, non ero molto sicura di volerglielo dire.
"Evelyn!" sibilò lei, mio padre stava per tornare.
"È stata un'altra coincidenza, non l'abbiamo programmato, ma anche lui a Ferragosto si trovava a Capri con i suoi amici. Uno di loro è un cantante famoso e doveva esibirsi al concerto di-" mi bloccai, mio padre e mia sorella erano troppo vicini.
Mentre mio padre ci chiedeva se fossimo pronte per andare e mia madre mi sorrise complice.

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