Capitolo 37

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Il Saint John College era lì che ci aspettava, con le sue architetture eleganti e con un cielo grigio, prossimo alla pioggia.
Nelle due valigie da stiva, nel trolley e nello zaino, io e le mie amiche avevamo cercato di infilare più cose possibile, per evitare un fastidioso via vai di scatoloni fra Italia e Inghilterra. Purtroppo mancavano ancora un po' di effetti personali, che sarebbero arrivati a Cambridge nel giro di qualche giorno.
Eravamo estasiate da quel college e continuammo a scrutarlo incuriosite per tutta la strada verso il dormitorio. La ragazza che ci faceva da guida, Jane, responsabile degli studenti internazionali, continuava a riempirci di nozioni sul St John, ma noi avevamo imparato tutto prima di partire. Le facemmo comunque qualche domanda per non sembrare scortesi.
"I dormitori sono stati ristrutturati recentemente" ci spiegò mentre entravamo nella grande hall "Ora alcuni alloggi hanno fino a quattro stanze da letto, con un salone in comune, un bagno e una piccola cucina" facemmo le scale "Non illudetevi riguardo alle dimensioni: sono molto ridotte poiché le due stanze originarie sono state divise per arrivare a quattro. Non tutte gli alloggi hanno subito questa modifica" il suo tono nascondeva un per fortuna silenzioso.
Non mi importava delle dimensioni ridotte: io e le mie amiche saremmo state insieme, era quello che sognavamo da sempre.
Jane si fermò davanti ad una porta di legno chiaro del lungo corridoio, l'unica caratteristica che la differenziava dalle altre era il numero 126 scritto in nero. La nostra guida aprì con una chiave la porta, mostrandoci il nostro alloggio.
Forse prima aveva esagerato riguardo alle dimensioni ridotte: il salotto, la prima stanza in cui ci si trovava, era sì, piccolo, ma non esageratamente. C'era un vecchio divanetto da due posti beige, davanti ad esso un tavolino dello stesso colore e sulla parete c'era fissata una piccola televisione.
Forse non mi sembrava così piccolo perchè era vuoto e non c'erano tutte le decorazioni, i libri e tutte le altre cose che io e le ragazze avremmo sistemato col tempo.
Sistemammo le nostre valigie vicino al divano, mentre Jane ci faceva vedere il resto dell'alloggio. Subito sulla sinistra c'era una cucina minuscola e accanto la porta del piccolo bagno. Le quattro porte delle quattro camere erano divise equamente lungo i due muri, erano l'una di fronte all'altra; sul muro in fondo c'era una grande finestra che dava sul fiume Cam e si poteva anche osservare una parte dell'edificio di fronte, stupendo come tutti gli altri.
Jane se ne andò lasciando ad ognuna di noi una copia delle chiavi, ormai ci aveva dato tutte le informazioni che ci servivano.
"Wow!" esclamò Arianna buttandosi sul divano "È...È..."
"Perfetto!" conclusi per lei, che ammirava estasiata il nostro alloggio "Guardate che vista! Guardate!"
"Scegliamoci le camere" ci disse Greta, fiondandosi nella camera dietro la prima porta a destra.
Federica si prese la camera in fondo a destra, mentre io presi quella di fronte alla sua: in fondo a sinistra. Ad Arianna toccò la prima a sinistra.
La camera non era spaziosissima, ma ci si poteva stare tranquillamente: c'era un letto ad una piazza e mezza accostato nell'angolo in fondo a sinistra, il più lontano dalla porta. Una piccola scrivania in legno e una sedia erano posizionate accanto alla porta, sopra c'erano degli scaffali e accanto all'altra estremità, c'era uno stretto cassettone per i vestiti. C'era anche un altro armadio (anch'esso non molto alto), messo nell'angolo in fondo a destra.
Per il resto, quella camera era spoglia, non c'erano altre decorazioni. La continuità del bianco delle pareti era interrotta da una spaziosa finestra che si affacciava, così come quella nel salotto, sul fiume Cam e su una parte dell'edificio di fronte. Avevo voluto quella camera proprio per quella vista, il verde brillante del prato mi rallegrava.
Mi sedetti sul letto appoggiando la schiena al muro e ammirai la stanza che sarebbe stata mia per i prossimi anni. Mi sentii felice, come se stessi toccando le nuvole.
Dopo aver fatto alcune foto che mandai alla mia famiglia, ritornai in salotto per prendere le mie valigie e portarle in camera, iniziando a disfarle per avvantaggiarmi.
"Hai detto ad Henry che oggi arrivavamo a Cambridge?" la voce squillante di Federica mi fece sobbalzare, la maglietta che avevo in mano mi cadde a terra.
"Uhm" aggrottai la fronte "Gli ho detto che sarei venuta, non ricordo se gli ho detto quando"
Arianna fece capitolino dalla porta "Non vi siete parlati, recentemente?"
"Ci siamo sentiti, ma non molto" piegai di nuovo la maglietta e la misi in un cassetto "Telefonate brevi e qualche messaggio" arricciai il naso: i messaggi non mi piacevano per niente, preferivo chiamare o parlare di persona "Lo chiamerò dopo, quando ci saremo tranquillizzate"
Non mi dava fastidio l'esserci sentiti poco: io avevo voluto concentrarmi sulla mia famiglia e i miei amici per le ultime due settimane che mi rimanevano a Verona e lui aveva avuto un sacco di lavoro da fare. Non cadeva certo il mondo se non parlavamo tutti i giorni.
Non potevo negare, però, di non veder l'ora di rivederlo: il ricordo della nostra notte di fuoco a Capri era ben impresso nella mia memoria.
Quando tutte finimmo di disfare i bagagli, erano circa le tre di pomeriggio. L'indomani pomeriggio avremmo fatto un'altra specie di visita guidata con le altre matricole: degli studenti dell'ultimo anno ci avrebbero portati in giro per il campus.
Io e le ragazze, avendo il resto della giornata libera, decidemmo di farci un giro per la cittadina di Cambridge.
Solo mezz'ora passò per capire la strada giusta da fare, ma una volta orientate, partimmo come dei razzi.
"Sono così felice di essere qui" esclamò Greta sorridendo "Non mi sembra vero"
"Già" intervenni "Ho paura che qualcuno mi dia un pizzicotto e mi svegli"
"Quanto è bella questa città" Federica continuava ad avere il suo sguardo di contemplazione.
Arianna si toccò la pancia "Credo che quello che ho mangiato sull'aereo mi abbia fatto male"
Tutte scoppiammo a ridere, tranne Arianna che ci guardò seria "Oppure è solo il ciclo... Sì, probabilmente è quello"
Sentii il cellulare vibrare nella borsetta nera e risposi a Sam che mi chiamava "Ehi! Com'è Milano?" misi in vivavoce.
"Bellissima! Cambridge?"
"Stupenda!" disse Greta un po' troppo ad alta voce.
"State andando a Londra?" la domanda di Sam ci confuse.
Federica aggrottò la fronte "In che senso?"
"Come in che senso?" noi non stavamo capendo "Eve?"
"Sì?"
"Sai che giorno è oggi, vero?"
Inarcai un sopracciglio e guardai le mie amiche "Venerdì?"
"È il trentuno di agosto!"
Mi scappò una risatina "E allora?"
"Cosa vuol dire e allora?!" dal tono sembrava un po' indignato, ma non capivo il motivo "È il compleanno di Henry!"
"Oggi?" intervenne Arianna.
"Sì, oggi!"
Mi sforzai di chiudere la bocca che si era aperta per lo stupore "In che senso?"
"Nel sento che oggi è il compleanno di Henry" sbuffò "Ma mi stai ascoltando?"
"Ti sto ascoltando, ma non può essere il compleanno di Henry" scossi la testa "Come lo sai?"
"Internet, Eve. Internet è un pozzo pieno di sapere"
Aggrottai così tanto la fronte che iniziò a farmi male "Ma... Io non lo sapevo"
"Non te l'ha detto?" domandò Greta.
Scossi la testa "No..." ci ero rimasta un po' male, questo dovevo ammetterlo, ma la mia parte razionale mi suggeriva di non prendermela: c'era sicuramente una motivazione se non me l'aveva detto.
Non poteva essersene dimenticato, ma non sapeva nemmeno quando sarei arrivata a Cambridge, forse aveva pensato di non dirmelo perchè non voleva sottrarmi del tempo dalla mia famiglia.
La parte impulsiva di me, però, mi suggeriva di non restarmene con le mani in mano e di agire, di fare qualcosa.
Ero così assorta nei miei pensieri che non mi ero accorta di Federica che sventolava la mano davanti ai miei occhi "Cosa vuoi fare?" mi stava dicendo "Qualunque cosa farai, noi ti seguiremo"
Le guardai decisa, impedendo ai dubbi di penetrare nella mia mente "Andiamo a Londra"

Le sfumature del tramontoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora