Capitolo 13

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"Oddio!" esclamò all'improvviso Arianna mentre io mi vestivo. Erano quasi le otto ed io non ero ancora pronta, dato che nell'ultima ora avevo continuato a rilassarmi e a parlare con le mie amiche continuando a dire "Ma tanto ho ancora tempo".
Era così che facevo ritardo ogni volta che dovevo uscire.
"Che c'è?" le chiese Federica mettendosi a sedere sul letto, posando il cellulare accanto a lei.
"Eve ti ricordi di Beatrice?" continuò Arianna, più calma di prima.
"Purtroppo" le risposi, ricordando la mia migliore amica delle medie, con cui avevo litigato poco dopo l'inizio del primo anno di liceo. Non le andava giù che io avessi altre amiche oltre a lei, e così ha semplicemente deciso di tagliare i rapporti, non che mi sia dispiaciuto tanto una volta capito che tipo di persona avessi davanti.
"Si è lasciata col ragazzo" ci informò "Lo ha scritto in una storia di Instagram, neanche fosse una vip"
"E cosa ci sarebbe di tanto interessante?" chiese Greta sbadigliando.
"Io e Federica avevamo scommesso su quanto sarebbe durata" le risposi "Io avevo detto un mese, Federica tre"
"Ho vinto io, ovviamente" Federica sorrise e poi mi guardò "Ma devi andare vestita così?"
Mi sistemai il maglione turchese sopra i jeans scuri "Sì, perchè?"
"Pensavo che volessi vestirti elegante"
"Mi sto mettendo il mio maglione preferito, sono elegante" scherzai "E comunque non c'è bisogno che io sia elegante" scrollai le spalle e nelle tasche della giacca blu mi misi il telefono, nella cui cover infilai la carta d'identità e dei soldi.
"Almeno quei vestiti non ti faranno sentire freddo" disse Federica "Noi ci facciamo una passeggiata, ma torneremo sicuramente prima di te, perciò ci portiamo noi la chiave della stanza"
"Va bene" nonostante fossi pronta per andare, non riuscivo a muovermi: rimanevo ferma lì in mezzo alla stanza.
"Sono le otto" mi ricordò Arianna "Dovresti andare"
"Già" ancora non riuscivo a muovermi.
"Sei nervosa per caso?" mi prese in giro Greta "Eve è nervosa!"
"Non sono nervosa" deglutii "Cioè, forse solo un po'"
"Se non ti trovi bene, chiedigli di riaccompagnarti qui" fece Federica più seria "Nessuno ti costringe a restare più di quanto tu voglia"
"Lo so" annuii "Probabilmente andrà così, mi inventerò una scusa" feci dei passi verso la porta "Ora vado"
"Buona serata!" dissero in un coro molto scoordinato prima che io chiudessi la porta della nostra camera.

Quando l'ascensore si aprì nella hall, avanzai piano verso la grande porta in vetro. Non appena l'aprii, Henry Cooper mi vide e si girò con tutto il corpo verso di me.
Non mi disse niente, aspettando che fossi io la prima a parlare, ma io non gli diedi questa soddisfazione: dopo molti secondi di silenzio, si decise ad aprire bocca "Per essere una che dice di non sopportare l'insolenza, sei stata abbastanza prepotente per telefono"
Strinsi gli occhi "Volevo che tu capissi come ci si sente"
Aggrottò appena le sopracciglia, poi mi rivolse un sorriso divertito "Eccitato?"
Mi sentii arrossire "Vogliamo andare?" feci irritata, iniziando a camminare.
Henry mi seguì a ruota, facendo qualche passo più lungo per raggiungermi. Il suo abbigliamento era il più casual che gli avessi visto addosso da quando lo conoscevo: nonostante fosse coperto in gran parte dal cappotto nero, riuscivo a vedere un dolcevita grigio scuro che, dovevo ammettere, gli stava davvero d'incanto, abbinato a dei pantaloni neri.
Distolsi lo sguardo prima che si accorgesse che lo stavo fissando "Ho prenotato in un ristorante" disse dopo due minuti di silenziosa camminata.
"Non voglio andare in un ristorante" non volevo essere scortese, ma non volevo sedermi per ore in un posto chiuso quando c'era Londra all'esterno. Inoltre quelli erano i miei ultimi giorni in quella città, volevo godermeli.
Lui prese il telefono dalla tasca dei pantaloni e compose in fretta un numero "Gloria? Cancella la prenotazione al ristorante" chiuse la telefonata con la stessa fretta con cui l'aveva fatta.
Non pensavo che avrebbe accettato, eppure non aveva fatto storie. Non aspettai che mi proponesse qualcos'altro da fare, così presi l'iniziativa e parlai per prima "Ti porto a mangiare in un posto fantastico!"
In realtà quel "posto" era un camioncino che vendeva hamburger e hot-dog ed era sulla strada per andare al Tower Bridge. Avevo mangiato lì con le ragazze mercoledì e nessuna di noi si era sentita male.
"Dobbiamo attraversare il Waterloo Bridge e poi andare a sinistra, sempre dritto" aggiunsi, giusto per fargli credere che io sapessi dove stessimo andando.
"Ti orienti bene, vedo" mi disse dopo cinque minuti.
"Dopo un mese ho imparato le strade principali da fare" la verità era che era Arianna quella che si orientava meglio e io seguivo lei, se in quel momento con lui riuscivo a camminare sicura era solo grazie alla memoria muscolare: le mie gambe camminavano da sole, senza che io pensassi troppo alla strada da prendere "Con la metro ho qualche difficoltà"
"Persino io che sono londinese ho qualche difficoltà" ammise lui "Però quando prendi sempre le stesse fermate diventa più facile"
"Tu prendi la metro?" gli chiesi scettica "Non hai un autista che ti porta in giro?"
Lui accennò una risata e vidi l'aria che usciva dalla sua bocca trasformarsi in vapore acquo "Sì, ma a volte preferisco guidare"
"Ma non usi la metro"
"Quando ero ragazzo la usavo spesso"
"Quando eri ragazzo" sottolineai "Perché? Quanti anni hai?"
"Ne devo compiere ventisei" non volli chiedergli quando, ma lui cambiò subito discorso "Ho preso la metropolitana all'inizio del mese, però"
Improvvisamente mi ricordai di lui "Ah!" esclamai "Ti ho incontrato in metropolitana, lo sai?" gli dissi consapevole che lui non lo ricordasse, non lo aveva nemmeno notato.
Mi guardò confuso "Davvero?"
"Hai dato una spallata ad una delle mie migliori amiche e lei ti ha mandato a quel paese"
Alzò le sopracciglia "Ah, ricordo" rise "Quella mattina la mia macchina non partiva e andavo di fretta, ero molto nervoso"
Stavo per rispondergli, ma Henry mi bloccò per un polso e mi strattonò indietro. In quello stesso momento un auto passò davanti a noi, scompigliandomi i capelli.
La mia prima reazione fu ridere e lui iniziò ad osservarmi stranito "Stavi per essere investita e ti viene da ridere?" la mia risata contagiò anche lui.
"Perchè voi inglesi avete voluto la guida sulla sinistra?" mi sistemai i capelli dietro le orecchie "Di solito sono io che evito agli altri di finire sotto un auto... Oh! Guarda che meraviglia" da lontano si vedeva il Tower Bridge.
Lui scrollò le spalle, per niente impressionato "Dopo anni ti abitui alla vista"
Gli lanciai un'occhiataccia "Ti prego, non lasciare che il tuo entusiasmo mi investa"
"A quello ci pensano le macchine" Henry mi guardò soddisfatto della sua risposta e della mia espressione seccata.
Eravamo arrivati al camioncino che ci avrebbe fornito da mangiare, per fortuna era aperto "Eccoci qui!" annunciai, indicando in modo plateale il mezzo a quattro ruote.
Lui fissò scettico il mezzo "Hai idea di quante norme igienicosanitarie infranga questo..." si bloccò "Questo ristorante mobile?"
"Non hai mai mangiato il cibo da un camioncino?" ora ero io a guardarlo scettica.
"Sì, ma avevo quindici anni l'ultima volta"
"Tu non mangiare se non vuoi, ma io ho fame" dissi prima di avvicinarmi al cuoco/cassiere, non c'era fila.
Ordinai un hamburger, poi però Henry spuntò dietro di me e ne ordinò uno anche per lui. Presi il telefono per togliere la cover e prendere i soldi, ma Henry fu più veloce di me e pagò.
"Ehi!" esclamai "Ti ho portato io qui"
"Non fare storie" replicò annoiato, per poi incamminarsi verso un muretto che si affacciava sul Tamigi, davanti al quale c'era una vecchia panchina in legno.
Lo seguii e mi sedetti al suo fianco, iniziammo a mangiare contemporaneamente e in silenzio.
Dopo un po' sentii di nuovo la sua voce "Devo ammettere che è buono"
"Mhm" mormorai mentre masticavo l'ultimo boccone "Davvero ottimo, ti consiglio ti portare qui la prossima ragazza"
"Come?" disse divertito.
"La prossima ragazza" ripetei "Il CEO che mangia ad un camioncino? Faresti colpo"
"Grazie per il consiglio, ci penserò"
"Bene" dissi ridendo "Aspetta un attimo" mi alzai per ritornare al camioncino e presi due birre, che il cuoco fu così gentile da stappare per me.
Ritornai da Henry, che nel frattempo aveva finito il panino, e gli porsi una delle due birre: non mi andava giù che mi offrisse lui la cena, almeno così eravamo pari.
Bevvi un sorso di birra e poi gli parlai "Quindi sei nato qui?"
"Sì"
"E come mai parli così bene l'italiano?"
"Impressionata?" fece un sorriso sghembo prima di bere.
"Solo curiosa"
"Ho vissuto in Italia per un po' da ragazzo, e poi ho approfondito lo studio di diverse lingue per il mio lavoro" aveva finito la sua birra.
Non volevo sembrargli troppo interessata, ma mi sarebbe piaciuto sapere quali altre lingue sapeva parlare. Solo per curiosità. Anche io avevo finito di bere.
"Potresti avere un interprete" proposi, non capendo perché dovesse penarsi così tanto per imparare tante lingue.
"Preferisco essere io a parlare" quindi non si fidava, doveva essere davvero stressante fare tutto da solo. Forse questa mancanza di fiducia nelle persone era dovuta ad un evento del passato.
Mi dissi che non mi importava e non chiesi altro.
"Alzati" fece dopo un po' "Andiamo da qualche altra parte"
Non protestai e buttammo in un cestito le carte dei panini e le bottiglie di birra ormai vuote. Alzandomi mi resi conto di quanto facesse freddo, così iniziai a camminare più velocemente per riscaldarmi, Henry stette al mio passo anche se in realtà era lui che mi guidava.

"Dove stiamo andando?" chiesi dopo tanti minuti di camminata.
"Southwark Park" mi rispose senza tanti giri di parole "È il parco più vicino"
"Perché andiamo in un parco di notte?" chiesi un po' confusa, non capendo cosa ci fosse da vedere o da ammirare. In aggiunta non mi allettava molto l'idea di camminare in un parco al buio, senza passanti.
Ignorò completamente la mia domanda "Siamo arrivati"
Deglutii mentre entravamo nel parco, osservando sospettosa gli alberi intorno a noi. La mia paura del buio si faceva sentire, nonostante comunque ci fosse un filo di luce che mi permetteva di vedere dove mettessi i piedi. Le ombre stavano facendo un gioco di sfumature sul viso di Henry, marcando i suoi lineamenti che per la loro bellezza sembravano quasi scultorei.
Il rumore di alcuni ramoscelli che scricchiolavano mi fece sobbalzare "Una volta ho letto che Jack lo Squartatore ogni tanto uccideva le sue vittime nei parchi di notte" non sapevo da dove avessi ripescato quell'informazione, ma sicuramente quello era il momento peggiore per ricordarla.
"Non c'è Jack lo Squartatore qui" mi rispose con tono annoiato "E se vedi qualcuno di sospetto, corri"
Lo guardai storto "Certo che sei proprio bravo a rassicurare le persone"
Sorrise guardando dritto davanti a sé "È un dono naturale"
Arrivammo ad un piccolo gazebo con una cupoletta blu scuro e ci salimmo sopra "Hai presente nei film horror?" dissi appoggiandomi di schiena alla ringhiera in legno bianco "Quando nella sala del cinema tutti dicono Non andate lì!"
"Non siamo in un film horror" si mise davanti a me con le mani nelle tasche dei pantaloni.
"ODDIO!" esclamai fingendo una faccia spaventata, Henry si girò di scatto per poi rendersi conto dopo che stessi scherzando. Se ne rese conto quando mi sentì ridere a crepapelle.
"Simpatica" commentò, ma stava cercando di trattenere un sorriso "Questo è esattamente quello che fa la ragazza che sta per morire nel film. Ci scherza su e poi viene uccisa"
Strinsi gli occhi, ma il sorriso divertito di prima era ancora sul mio volto "Però verresti ucciso tu per primo" replicai "Perché avresti più possibilità di battere l'assassino, perciò farebbe fuori te prima di me"
Ero così a mio agio che persi la cognizione del tempo e così finimmo a ridere e a scherzare per un'ora intera. Mi piaceva come mi sentivo accanto ad Henry, un po' mi dispiaceva che non lo avrei più rivisto.

Iniziò a farsi tardi e così andammo via da quel parco che alla fine non mi faceva più così paura.
"Perché Federica dovrebbe lasciar perdere Luke?" domandai approfittando di un momento di silenzio mentre camminavamo verso il mio college. Volevo bene a Federica e non volevo che stesse male, nonostante una relazione tra lei e Luke Williams fosse alquanto improbabile, se non impossibile.
Lui scrollò le spalle "È solo un consiglio"
"Argomenta"
Era evidente che non voleva affrontare quel discorso, però se già dal principio sapeva che non ne avrebbe parlato, allora non doveva dire niente al Gala.
Sbuffai, vedendo che non parlava. Mi irritavo quando le persone non rispondevano alle mie domande.
Eravamo arrivati davanti al college, ma ebbi il tempo di fargli un'ultima domanda "Perché hai voluto uscire con me?"
Lui mi si mise si fronte, riflettendo sulla risposta da darmi "Volevo vedere se accettavi" scrollò le spalle "Non credevo che lo avresti fatto, ma alla fine sei come tutte le altre ragazze" aggiunse con un tono scherzoso.
Non mi offesi, ma scherzai a mia volta  "Spiacente di averti deluso" lanciai un'occhiata all'edificio dietro di me. Era arrivato il momento dei saluti.
"Pensavo che sarebbe stata una serata sgradevole, ma non è stato così" gli dissi alla fine per educazione "Perciò grazie"
Mi fece un cenno col capo come a dire "Prego"
"Buona vita, allora" aggiunsi, rendendomi conto che quello che avevo detto sembrava ridicolo. Non mi sarei guardata indietro una volta entrata nel college.
Nel suo sguardo c'era qualcosa di strano, però strano nel senso buono del termine. Era come se sapesse qualcosa che io ignoravo. Qualcosa di bello.
"Altrettanto" mi rispose infine.
Gli feci un cenno di saluto ed entrai nell'edificio.
Mi guardai indietro.

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