Capitolo 66

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Finite le lezioni, non avendo altro da fare, iniziai a fare una passeggiata fuori dal campus, desiderosa di passeggiare per Cambridge.
Spesso le persone camminano per schiarirsi le idee e prendere decisioni importanti, aspettandosi di ricevere qualche mistico segnale dall'Universo. Per me era esattamente il contrario: camminavo per non pensare.
Passeggiando, volgevo lo sguardo in tutte le direzioni, osservando il mondo attorno a me e rimanendone meravigliata. Osservavo le persone, provando ad immaginare la loro storia, rallegrandomi se vedevo un bel gesto e intristendomi se ne vedevo uno cattivo.
Lasciavo che il vento mi accarezzasse la pelle e che mi scompigliasse i capelli. I rumori dei motori delle auto, dei loro clacson e il vociare delle persone non mi infastidivano. Quando camminavo, entravo in un mondo tutto mio, comunque connesso al mondo reale, e tutti i miei pensieri venivano isolati e cacciati momentaneamente e, nonostante fossi vigile, in ogni caso a volte mi perdevo completamente e non mi accorgevo delle piccole cose. Fu proprio per questo che non mi accorsi della berlina nera che camminava a passo di lumaca vicino a me, causando il nervosismo di molti autisti.
Quando finalmente notai l'auto, mi fermai riconoscendola subito e l'autista parcheggiò, col sollievo delle altre persone.
Arthur abbassò il finestrino, salutandomi educatamente come sempre, ed io mi aspettai che Henry uscisse dalla macchina da un momento all'altro: non avevamo ancora parlato dal litigio ed ero indecisa se chiamarlo per prima e chiarire o aspettare che facesse lui qualche mossa.
Dall'auto, però, non uscì Henry, bensì la sua amorevole nonna, Rose.
"Evelyn, dolcezza!" mi salutò, stringendosi nel suo cappotto rosa e abbracciandomi "Ti ho vista da lontano e mi si sono illuminati gli occhi!"
Sorrisi, quella donna era una trasmettitrice di allegria "È sempre bello vederti, Rose. Cosa fai qui a Cambridge?"
Rose fu scossa da un brivido per il freddo, così mi invitò ad entrare nell'auto con lei. Ci sistemammo sui sedili posteriori, fui felice di notare che erano riscaldati.
"Avevo un appuntamento con il mio medico" mi spiegò con una voce un po' tremolante, ora che la osservavo bene, sembrava pallida "Si è trasferito a Cambridge per stare vicino alla figlia che vive qui, sta per partorire... Henry ha insistito nel trovare un nuovo medico a Londra, ma io mi trovo molto bene con lui! È gentile e ha sempre le caramelle al limone... A tal proposito, ne vuoi una?"
"No, grazie" declinai gentilmente "Va tutto bene?" l'avevo incontrata solo una volta prima di quel giorno, ma era una persona a cui era facile affezionarsi.
Rose agitò una mano nell'aria, come per scacciare via quella domanda "Ma certo! Solo visite di controllo, sono forte come un leone"
Iniziai a ridacchiare "Lo vedo"
"È Henry che si preoccupa troppo per me, ha persino insistito nel farmi accompagnare dal suo autista! Non che mi dispiaccia, questi sedili sono così caldi!"
"Oh, lo so bene" confermai "Sono di una tale comodità"
Lei mi sorrise, poi guardò l'ora sul suo orologio da polso "Conosci un posto dove prendere il thè, dolcezza?"

Vicino a dove Arthur aveva parcheggiato, c'era un locale molto carino e abbastanza vintage, chiesi se avessero il thè e loro mi guardarono un po' beffardi, come a dire "Ma certo che lo abbiamo! Cosa ti aspettavi di trovare?"
Dentro c'erano pochissime persone, io e Rose ci sedemmo ad un tavolino vicino alla vetrata dell'ingresso. Avevo chiesto ad Arthur se volesse unirsi a noi, ma lui aveva preferito rimanere in auto.
Io, come al solito, presi una cioccolata calda mentre Rose sorseggiava davanti a me il suo thè "Come va con lo studio?"
"Molto bene" posai la tazza sul tavolo mentre parlavo "Tra poco inizieranno gli esami, ma sono pronta ad affrontarli"
Rose mi guardò con approvazione "Quando Henry andava all'università, non lo vedevo mai studiare, eppure aveva sempre il massimo dei voti... Lui era il tipo che studiava poco ma rendeva tanto, Dylan lo invidiava così tanto..." sospirò "Dylan per me è come un secondo nipote, lui e Henry erano inseparabili da piccoli!" sentendo il nome di Henry, abbassai lo sguardo sulla mia cioccolata calda e bevvi un altro sorso.
Rose captò questo mio piccolo gesto e aggrottò appena la fronte "Henry è stato di cattivo umore negli ultimi giorni"
"Mhm" strinsi le labbra e rivolsi di nuovo il mio sguardo a Rose, non mi andava di parlare con lei del litigio che avevo avuto con lui, non mi sembrava giusto nei confronti di Henry.
"Vanno bene le cose tra voi due?"
"Sì" mi affrettai a rispondere, ma il suo sguardo indagatore mi strappò la verità dalla bocca "Abbiamo avuto una discussione, tutto qui"
"Che tipo di discussione? Si è comportato male con te?"
"Ecco..." sospirai, incapace di continuare "Rose, mi sembra sleale nei suoi confronti parlartene"
Il sorriso di Rose mi rassicurò, mi stava fissando con uno sguardo che non riuscivo a decifrare "Capisco" fece una pausa, poi si appoggiò allo schienale della sedia "Sai, Evelyn, io conosco mio nipote molto bene, anche se lui non vuole ammetterlo. Non sei la sua prima ragazza, ne ha avute così tante!"
Come dovrebbe rassicurarmi questo?
"Alcune sembravano serie, altre invece erano solo degli stupidi capricci" scosse appena la testa, con disapprovazione "Cose da una notte, insomma" un angolo della sua bocca guizzò in alto, sorridendo appena e con questo piccolo movimento, vidi la somiglianza con il nipote "Ma sono certa di una cosa, dolcezza. Lui ha veramente capito cosa voglia dire amare una ragazza solo dopo aver conosciuto te" il suo volto si incupì "Dopo la morte dei suoi genitori, è stato triste per molto tempo, anche se non lo dava a vedere, a volte credo che si dia la colpa di ciò che è successo, dato che sono morti il giorno del suo compleanno... Ma da quando ti conosce, è ritornato a sorridere per davvero, e tu non hai idea di quanto io te ne sia grata"
Per tutto il tempo del suo discorso, io non avevo fiatato e avevo mantenuto il contatto visivo, persa completamente nelle sue parole. Avevo davvero apprezzato ciò che mi aveva detto, ma avevo una strana sensazione nello stomaco: qualcosa non quadrava.
"Io non ci sarò per sempre, Evelyn" Rose era incredibilmente seria "Sono anziana e anche se ora sto benissimo, gli anni passano comunque. Ho avuto una vita felice, piena di amore... Voglio che mio nipote abbia la stessa fortuna che ho avuto io"
Non mi ero resa conto di aver trattenuto il respiro "Anche io voglio che sia felice" sapevo cosa dovevo fare: chiamarlo immediatamente e porre fine a quella situazione assurda, ci eravamo tenuti il broncio a vicenda per abbastanza tempo.
"Rose, ti dispiace se mi allontano un attimo e lo chiamo?" non volevo rimandare.
Lei mi sorrise e una serie di rughe si irradiarono dai suoi occhi e dalle sue labbra "In realtà, io pensavo di darti un passaggio a Londra"

Le sfumature del tramontoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora