Capitolo 29

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Nel paese della Puglia da dove veniva mio padre, c'era un palazzo di proprietà della mia famiglia con quattro appartamenti. Uno di questi appartamenti era sempre vuoto, siccome apparteneva a mio padre e lo usavamo ogni volta che andavamo in Puglia. Negli altri tre appartamenti c'erano i miei nonni e le famiglie dei due fratelli di mio padre. Lui era il fratello di mezzo, suo fratello Domenico era il più grande e suo fratello Gabriele era il più piccolo.
Siccome arrivammo la sera tardi, andammo direttamente nel nostro appartamento al secondo piano e ci sistemammo, andando a dormire poco dopo. Io e mia sorella condividevamo una piccola stanzetta, la camera dei nostri genitori era in fondo al corridoio.
Collegato alla minuscola sala da pranzo c'era un piccolo cucinino, che noi non usavamo quasi mai perchè mangiavamo quasi sempre da mia nonna o da mio zio Domenico. Il salotto era la prima stanza che si vedeva quando si entrava dentro casa ed era anche l'ambiente più ampio di tutta la casa: era collegato ad un balcone di discrete dimensioni che dava sulla strada principale, inoltre c'erano un divanetto da due posti e due poltroncine sistemati davanti alla televisione che usavamo poco e niente: i miei genitori stavano sempre con zio Domenico e zia Sonia ed io e Jenna tendevamo ad uscire e stare in compagnia con i loro tre figli: Christian, Davide e Alice. Il primo aveva vent'anni, il secondo quindici e la terza diciassette.
La prima mattina io e mia sorella ci svegliammo verso le nove, eravamo impazienti di vedere i nostri parenti. Facemmo una colazione veloce con dei biscotti e ci lavammo e vestimmo subito. Sul nostro stesso pianerottolo abitavano zio Gabriele, zia Camilla e Zoe, la loro unica figlia. Io e Zoe avevamo la stessa età, ma non andavamo molto d'accordo.
Al primo piano, invece, abitavano zio Domenico con la propria famiglia e i miei nonni. Sulle scale incrociammo nostra cugina Alice, che stava salendo al secondo piano per salutarci.
Non appena ci vedemmo, iniziammo ad emettere degli urletti come delle tredicenni e ci abbracciammo immediatamente.
"Mi sei mancata così tanto!" mi disse mentre mi abbracciava, solleticandomi il viso con la sua chioma castana.
Le feci l'occhiolino "Ho molte cose di cui parlarti"
"Ci sono anche io!" si lamentò Jenna intromettendosi nell'abbraccio.
"Certo che ci sei anche tu!" replicò Alice sorridendo "Sono così felice di vedervi! Per quanto restate?"
"Per una settimana" le rispose mia sorella.
"Io parto prima" aggiunsi.
"Perchè?" Alice mi guardò con i suoi occhioni marroni.
"Vado a Capri con i miei amici, ti racconto tutto dopo"
Raggiungemmo l'appartamento dei nonni, i quali erano già in piedi da almeno un paio d'ore.
"Francesco!" mia nonna diede una gomitata a mio nonno per attirare la sua attenzione "Guarda chi c'è!"
Mio nonno si voltò e, non appena vide le nostre figure, si aggiustò gli occhiali sul naso per squadrarci meglio "Oh, mamma!" si avvicinò sorridendo "Siete davvero cresciute!"
Sia io che Jenna gli demmo ai nostri nonni un bacio sulla guancia ed iniziammo a chiacchierare amorevolmente fino a quando non arrivarono i nostri genitori, che salutarono con altrettanto affetto i miei nonni.
I genitori di Alice, assieme ai miei cugini Christian e Davide, uscirono dall'appartamento di fronte e ci raggiunsero. I nostri zii ci abbracciarono con forza, mentre Christian mi fece qualche battuta sui miei centimetri in più d'altezza rispetto all'ultima volta che mi aveva vista. Gli risposi dicendo che lui, invece, sembrava più basso, anche se non era affatto vero.
Dopo questo scambio di battute, ci abbracciammo, per poi abbracciare Davide che era rimasto in disparte. Davide, rispetto a Christian, era piuttosto timido e non parlava molto, preferiva ascoltare e osservare.
Erano più o meno le undici quando zio Gabriele, la moglie e la figlia ci raggiunsero, ma per loro era più un obbligo che un piacere. Mio padre non era mai entrato nei dettagli, ma lui e mio zio avevano avuto una brutta litigata molti anni prima e i rapporti si erano incrinati, nonostante cercassero di andare d'accordo per i nonni.
Zoe, invece, non si impegnava affatto per andare d'accordo con noi: era amichevole con Alice e i suoi fratelli, mentre sembrava quasi che detestasse sia me sia Jenna, ma ogni volta che c'erano i nostri genitori vicino faceva finta di essere gentile.
Né io né mia sorella le avevamo mai fatto qualcosa, perciò mi era ignota la ragione di questo suo comportamento.
"Gabriele" fece mio padre con un sorriso tirato "Che piacere vederti. Camilla, come stai?"
Mia madre, seduta al mio fianco sul divano di nonna, si era irrigidita "Ciao"
"Pietro, Carol" mio zio Gabriele fece un cenno a mo' di saluto, mentre zia Camilla si limitò a rispondere alla domanda di mio padre con un semplice "Bene".
Mio zio Domenico era quello che portava avanti la conversazione scherzando di tanto intanto, aiutato dalla moglie Sonia.
Verso mezzogiorno mia nonna cacciò in modo divertente tutti di casa perchè doveva cucinare, così la mia famiglia e la famiglia di zio Domenico si spostarono sul piccolo vialetto di casa, delimitato da un cancello in ferro battuto, per parlare.
Io e Alice ci sedemmo sul divano a dondolo un po' arrugginito, era il punto più lontano dal resto delle nostre famiglie che continuavano a conversare.
"Beh?" Alice mi sorrise "Cosa mi racconti?"
"Prima tu" le risposi "Quali novità hai?"
"Niente di che, Eve" sospirò "Ti ricordi quel ragazzo che mi piaceva? Si è fidanzato e a quanto pare è una cosa seria. Ancora non ci credo che a settembre inizio il quarto, non ci credo proprio!"
"Ed io non ci credo che inizio l'università!"
"A Cambridge, Eve! Ti rendi conto? Posso venirti a trovare?"
"Certo che puoi" ormai stavo promettendo a tutti delle visite, mi chiedevo quante di queste promesse sarebbero state rispettate "Quando vuoi"
"Bene! Ma ora voglio sapere tutto di te! Il tuo ultimo messaggio diceva che avevi delle novità, sei stata crudele a non parlarmene subito! Sono morta dalla curiosità"
"Oh, Alice" le cinsi le spalle con un braccio "Mi dispiace, ma era una storia troppo lunga per parlartene al telefono!"
"Parla ora, allora"
Come prima cosa le raccontai degli esami di maturità e di come fossero andati bene sia a me sia ai miei amici, poi iniziai a raccontare della gita a Londra parlando prima di tutti i posti straordinari visitati e di come il college fosse meraviglioso, per poi lasciare per ultima la parte di Henry.
Siccome i miei genitori erano lì vicino e dovevo sbrigarmi nel raccontare, le feci un racconto molto striminzito senza entrare troppo nei particolari.
Quando le dissi che Henry era venuto a Verona senza dirmi niente e che si era presentato davanti alla mia scuola, Alice non riuscì a smettere di sogghignare, nemmeno quando le raccontai del ballo e della mattina successiva.
"In pratica ti sei trovata un ragazzo!"
"Shh!" aggrottai la fronte "I miei ancora non sanno niente"
"Perchè?"
"Perchè?" ci riflettei un po' su "Se devo parlargliene, deve essere una cosa seria e ancora non so se questa lo sia. Credo sia per questo che non gliel'ho ancora detto"
Alice strinse le labbra "Da me nessuno lo saprà! Farò l'espressione sorpresa quando lo porterai a casa a Natale"
"Non lo porterò qui a Natale, chissà se saremo ancora in contatto a Natale"
"Scommettiamo?"
Prima che potessi risponderle, mia nonna si affacciò al balcone e ci annunciò che il pranzo era servito.



Le sfumature del tramontoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora