Capitolo 1

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L'arrivo della primavera mi metteva sempre di buon umore: le piante riacquistavano il loro verde, i giardini si riempivano di colori e il cinguettio degli uccelli sembrava più melodico.
Mia madre diceva sempre che il mio amore per quella stagione era dovuto al fatto che fossi nata il giorno dell'equinozio di primavera. Forse aveva ragione, o forse no. Lei era sempre così poetica.
Mentre quel pomeriggio studiavo per l'interrogazione di letteratura latina, Arianna, la mia compagna di banco fin dal primo anno di liceo, mi chiamò al telefono. Non esitai a risponderle "Ehi!" la salutai tutta allegra.
"Ehi a te! Stai ancora studiando per domani?"
"Sì" feci con un sospiro esageratamente drammatico "Il latino sarà la mia rovina, ne sono certa"
"Pensa a Cambridge!"
"Questo pensiero è l'unica cosa che mi fa andare avanti"
Io e le mie migliori amiche saremmo andate all'università di Cambridge a settembre. Circa una settimana prima di quel giorno ci era arrivata la conferma di essere state ammesse e tutte e quattro ci eravamo messe a gridare e saltare per la gioia. Per confermare l'ammissione dovevamo solo ottenere dei voti molto alti all'esame di maturità; avevamo deciso di studiare insieme per gli esami, per essere sicure di essere pronte: molte volte ci riunivamo a casa di una di noi o in biblioteca per studiare, purtroppo alcune volte non era possibile.
"E dobbiamo organizzare la tua festa di compleanno!" il tono da rimprovero di Arianna mi fece ridere "Manca una settimana esatta e ancora non abbiamo deciso niente"
"Lo sai che-" non feci in tempo a finire la frase, perché mia sorella minore mi chiamò dalla sua stanza.
"Evelyn!!" quasi sobbalzai sentendola urlare "Vieni subito!"
Un po' scocciata, dovetti chiudere la chiamata "Devo andare, Jenna mi sta chiamando"
Dopo un altro urlo di mia sorella e un altro di mia madre che la intimava a smettere di gridare, chiusi la telefonata con le mie amiche e lasciai lo studio del latino per un altro momento.
Corsi in camera di mia sorella, che era accanto alla mia, e la trovai seduta sul pavimento con addosso solo la biancheria intima, davanti al grande armadio aperto e straboccante di vestiti.
"Jen?" cercai di attirare la sua attenzione "Che c'è?"
"Devo uscire, ma non so che mettere"
Alzai gli occhi al cielo "La prossima volta non urlare come se stessi per morire" le volevo un mondo di bene, ma certe volte era davvero irritante "Se vuoi ti presto i miei jeans"
"Quelli della Levi's?"
"Sì, ma non rovinarmeli"
"Una maglietta bianca a maniche corte ci starebbe bene?"
"Certo, se poi indossi le tue converse nere allora sarai perfetta"
"D'accordo" annuì convinta "Grazie!"
Lanciai uno sguardo alla sua stanza e notai dei libri sulla scrivania.
"Ma non hai da studiare?"
"Avevo solo degli esercizi di matematica per domani"
"Quelli che ti ho fatto io?"
"Me li hai corretti, non me li hai fatti!"
"Certo..." ridacchiai e poi andai nella mia stanza per prendere i jeans che le avrei prestato.
Avevo un bel rapporto con mia sorella, ma mi rattristava il pensiero di non essere lì a settembre per vederla iniziare il liceo, dato che a settembre sarei partita per l'università.
Le portai i jeans prima di ritornare a studiare latino, per mia fortuna non ci volle troppo tempo per finire e verso le otto di sera raggiunsi mia madre in salotto.
"Jenna mangia a casa di una sua amica, vuoi che ordino due pizze per me e te?"
"Sì, ci vediamo un film su Netflix mentre mangiamo?"
"Sure, my little baby"
L'accento inglese di mia madre mi era sempre piaciuto e dovevo a lei la mia ottima conoscenza dell'inglese, insieme alla conoscenza dello slang di Liverpool, ovvero la città dove lei era nata.
Si era trasferita a Verona per studiare all'università e poco dopo aver preso la laurea in lettere, incontrò mio padre ed fu subito amore. Prima io e la mia famiglia andavamo molto spesso in Inghilterra perché c'erano i miei nonni, ma non ci eravamo più tornati dopo la loro morte, avvenuta quando io ero al terzo anno di liceo.
Mio padre veniva da un paesino della Puglia e ogni estate passavamo alcune settimane lì, insieme a tutto il resto della mia famiglia.
"Papà non mangia con noi?" chiesi a mia madre dopo aver ordinato le pizze.
"No, rimane nello studio fino a tardi. Ha un caso importante e si deve preparare" mio padre era un famigerato avvocato, quasi tutti lo volevano per rappresentarli.
Io e mamma passammo una serata tranquilla: ci guardammo una commedia romantica mentre mangiavamo, commentando in modo buffo i personaggi, poi mia madre andò a prendere mia sorella per riportarla a casa.
Erano circa le dieci di sera, ma quella era stata una giornata abbastanza stancante e mi stesi nel mio letto; nel silenzio della mia stanza, chiusi gli occhi e provai a dormire, ma una marea di pensieri iniziarono a vagare per la mia mente tenendomi sveglia: pensai al mio imminente diciannovesimo compleanno, all'ultimo anno di liceo e, inoltre, alla gita a Londra che io e la mia classe avremmo fatto durante il mese di aprile. Più che una gita quello sarebbe stato uno scambio: la mia classe avrebbe frequentato per quattro settimane una scuola di Londra e una classe di quella stessa scuola sarebbe venuta nel nostro liceo per altrettanto tempo.
Io e le mie amiche eravamo entusiaste: avevamo stilato una lista delle cose da fare e da vedere nel nostro tempo libero.
Alla fine mi addormentai felice pensando all'Inghilterra.

Le sfumature del tramontoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora